Indagato dalla Forestale, il consigliere cacciatore Carlo Bravo (FdI) perde ricorso in Cassazione
Carlo Bravo, consigliere regionale di Fratelli d'Italia e vice presidente della Commissione Agricoltura, ha perso il ricorso in Cassazione contro il sequestro di tre uccelli muniti di anelli identificativi e di altri deceduti avvenuto lo scorso novembre. Il 71enne bresciano è indagato per contraffazione di sigilli dello Stato ed esercizio della caccia con mezzo vietato. Lo scorso novembre, la Procura di Brescia aveva disposto il sequestro probatorio di quegli esemplari che erano risultati avere alle zampe anelli identificativi, considerati sigilli dello Stato, risultati irregolari. Per la Lega per l'Abolizione della Caccia si è trattato solo di un "patetico tentativo di difesa", che ha cercato di "contestare l’attendibilità dei controlli".
Il sequestro dei richiami e del fucile
Il 6 novembre 2023, in seguito a un controllo eseguito dai carabinieri Forestali, la Procura di Brescia ha denunciato il consigliere Bravo per aver utilizzato richiami alterati. Secondo l'accusa, il 71enne avrebbe usato uccelli vivi che presentavano alle zampe anelli manomessi. Perciò si era proceduto con il sequestro degli esemplari esaminati e del fucile da caccia, con annesse cartucce, di proprietà di Bravo.
Attraverso i suoi legali, Bravo si è rivolto al Tribunale del Riesame contro il provvedimento di sequestro. La sentenza del 28 novembre gli ha riconsegnato l'arma, ma non gli uccelli. Inoltre, a gennaio il Consiglio regionale della Lombardia ha respinto la richiesta di dimissioni presentata da Michela Palestra (consigliera per Patto Civico) dall'incarico in Commissione Agricoltura.
La sentenza della Cassazione
Non soddisfatto della decisione del Riesame, Bravo si è rivolto alla Corte di Cassazione che si è pronunciata sul caso lo scorso 27 febbraio dichiarando inammissibile il suo ricorso. Come riportato da Lac, il consigliere avrebbe fatto leva su una presunta omissione che sarebbe contenuta nel decreto di sequestro, che confonderebbe gli uccelli con gli anellini.
La Quinta sezione penale, però, nella sua sentenza ha ribadito come i due elementi siano "inseparabili", poiché uno dovrebbe attestare l'origine dell'altro. "Ogni esemplare di fauna selvatica, appartenente al patrimonio indisponibile dello Stato, per essere lecitamente detenuto, e quale prova della sua nascita in cattività, deve essere provvisto di un anello cilindrico inamovibile", si legge nel provvedimento: "Con la crescita dell'animale, l'anello risulta non più rimovibile. Dunque, le modalità di apposizione dell'anello determinano la possibilità di verificare la liceità della detenzione dell'esemplare".
Oltre a rigettare il ricorso, la Cassazione ha anche condannato Bravo al pagamento delle spese processuali e di 3mila euro in favore della Cassa delle ammende.