Inchiesta ‘Ndrangheta a Brescia, Suor Anna Donelli respinge le accuse: “Quella dei Tripodi era una millanteria”
Nella giornata di oggi, venerdì 13 dicembre, si è svolto l'interrogatorio di suor Anna Donelli, finita nell'inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Brescia che ha portato all'esecuzione di 25 misure cautelari nei confronti di una presunta associazione mafiosa di matrice ‘ndranghetista che operava sul territorio bresciano. La suora è finita agli arresti domiciliari perché accusata di concorso esterno in associazione a delinquere di stampo mafioso. "Lei ha radicalmente negato tutto. Assolutamente dice, sia per il ruolo che ho come suora, sia per quello che sono, perché lei è un po' l'angelo degli ultimi", ha detto l'avvocato difensore Roberto Ranieli.
Il legale ha poi aggiunto che se tutte le persone fossero come lei "il mondo andrebbe molto bene. Lei ha negato radicalmente tutto e ha dato una spiegazione". In particolare modo relativamente alle intercettazioni che, come precisato dal difensore, sono fatte da altri e dette da altri: "Lei è stata in quella che è ritenuta la base dei Tripodi accusati di mafia, che era un'officina, ma perché semplicemente in un certo periodo ha vissuto a Brescia perché era in una comunità qui, quindi lavorava anche nel carcere di Brescia e conosceva uno dei due". Lo avrebbe infatti aiutato come volontaria quando lavorava nell'istituto penitenziario di San Vittore e lo ha ritrovato poi a Brescia.
Il riferimento è precisamente alle parole dei Tripodi "Suor Anna è una di noi". E proprio questa frase, ha precisato Ranieli, era una "millanteria, una semplice millanteria". E ancora relativamente alle parole della suora quando, intercettata, disse di potersi affidare a degli amici potenti per risolvere un incidente avuto dalla nipote ha specificato che la religiosa ha dato agli inquirenti un'altra versione: "Lei voleva solamente che venisse fatto un chiarimento su una presunta contravvenzione che aveva avuto una nipote e quelle persone che erano lì erano di un'officina e quindi potevano verificare se la regolarità della macchina che aveva fatto l'incidente con la nipote c'era o no".