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In ospedale a Milano rifiutano il certificato per l’interruzione di gravidanza: “Ho dovuto mostrare la legge”

Una donna si è vista rifiutare all’ospedale Niguarda il certificato per poter fare l’interruzione volontaria di gravidanza perché rilasciato dal medico di base. Solo quando ha mostrato cosa dice la legge, le è stato dato un appuntamento. Nonostante però il medico avesse specificato che fosse urgente, le è stato fissato dopo due settimane. Si è rivoltai a un altro ospedale: “Noi chiederemo alla donna di fare una segnalazione all’Urp, ma questo non è sufficiente”, ha spiegato a Fanpage.it Eleonora Mizzoni, attivista di Obiezione Respinta.
A cura di Ilaria Quattrone
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"Arrivata allo sportello l’operatrice, guarda il foglio e disgustata mi dice che quel foglio non ha valore, che non è accettabile e che solo una ginecologa o ostetrica può farlo": con queste parole una donna ha raccontato di essersi vista rifiutare inizialmente da un'operatrice dell'ospedale Niguarda di Milano il certificato per poter fare l'Interruzione Volontaria di Gravidanza perché era stato rilasciato dal medico di base.

La testimonianza

La vittima di questo episodio ha voluto condividere la propria testimonianza con le attiviste di Obiezione Respinta. Ha raccontato che il proprio medico di famiglia le aveva consegnato il certificato senza alcun problema e che si era recata all'ospedale Niguarda. Una volta lì, l'operatrice – in un primo momento – non ha accettato quanto presentato: "Al che tiro fuori il telefono – scrive – e mostro la legge e quello che c'è scritto proprio sul sito del Niguarda ovvero che il certificato può essere anche del medico di base".

Dal sito dell'ospedale Niguarda
Dal sito dell'ospedale Niguarda

A quel punto, l'operatrice "sparisce per un quarto d'ora e torna da me dicendo che la legge è stata modificata a dicembre 2023 e che non lo sapeva". Le ha poi dato appuntamento "per la fattibilità Ivg dopo due settimane", nonostante il medico avesse segnalato che fosse urgente: "Quando le chiedo se è possibile accorciare i tempi – racconta ancora – mi dice assolutamente no".

Tornata a casa, la donna si rende conto che l'appuntamento che le era stato assegnato sarebbe avvenuto alla nona settimana "quindi al limite per fare l’interruzione farmacologica e quindi inizio a cercare altri ospedali o strutture con dei tempi più rapidi".

È poi venuta a conoscenza del fatto che all'ospedale San Paolo di Milano ogni lunedì alle 13.30 accoglie e visita tutte e, in base alla settimana di gravidanza, è fissata l'interruzione: "Vado il lunedì e riesco senza nessun problema a prenotare l'interruzione dopo due giorni dalla visita di fattibilità. Ostetrica e ginecologhe estremamente gentili e disponibili contro ogni pronostico, tutte giovani".

"Il giorno della seconda pillola in day hospital ci danno delle informazioni generali su possibili perdite e possibili coaguli, senza però dire che possono essere anche molto molto intense e i coaguli veramente importanti". Purtroppo, nel suo caso, ci sono state importanti perdite di sangue "con dei coaguli veramente inaspettati (mi ha un po’ traumatizzato, non avevo trovato nessuna documentazione né ero stata informata di questa possibilità da nessuna di loro in nessuna fase dei vari incontri, nemmeno il giorno stesso)".

Le operatrici sanitarie l'hanno "monitorata e visitata tutte le volte che l’ho chiesto, il ricovero è durato dalle 7 di mattina alle 5 del pomeriggio, ora sto abbastanza bene e sto recuperando".

"Avrei voluto essere informata in modo più completo di tutte le possibilità, ogni corpo è diverso e reagisce diversamente ne sono consapevole, ma essere al corrente di tutte le possibili reazioni mi avrebbe reso meno spaventata. E vi ringrazio davvero molto perché tutta la documentazione che ho trovato quando ho scoperto di essere incinta e di voler interrompere l’ho trovata unicamente sul vostro profilo (ndr il profilo di Obiezione Respinta) e su @ivgstobenissimo", ha poi concluso.

La risposta dell'ospedale Niguarda

Su quanto accaduto al Niguarda, è arrivata una risposta dal profilo Instagram della struttura: "Confermiamo che è possibile accedere al percorso IVG con richiesta/attestato rilasciato dal Medico di medicina Generale o dallo specialista, dal lunedì al venerdì recandosi presso gli sportelli di prenotazione. Ci scusiamo per quanto riferito inizialmente dall'operatrice dello sportello". Nessuna invece delucidazione sul perché non siano stati accorciati i tempi di accesso.

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Obiezione Respinta: Non è un caso isolato, situazione sistemica

Intervistata da Fanpage.it, Eleonora Mizzoni (attivista di Obiezione Respinta), ha spiegato che: "La questione è abbastanza sistemica e non isolata. Nel 2022 c'era arrivata già un'altra segnalazione che riguardava l'ospedale Niguarda dove un'infermiera aveva fatto commenti inopportuni sostenendo che una donna adulta non dovesse rimanere incinta se non lo vuole".

La testimonianza a cui Mizzoni fa riferimento è di una donna che ha raccontato inoltre che "le perdite che mi avevano assicurato, non arrivano così in panico vado al primo ospedale, quello di Saronno. Dove chiedo spiegazioni e aiuto. Nel frattempo iniziano delle piccolissime perdite. La dottoressa che mi visita mi sgrida mi tratta male e mi dice ‘ma scusi non gliel'hanno spiegato in ospedale?'".

"Ci rendiamo conto che con tassi di obiezione così alti, anche negli ospedali in cui viene garantita l'Ivg, può capitare che ci sia personale che si lascia a commenti simili, che è frettoloso o che non ci sia una buona cura. Per noi però è inammissibile. Non dovrebbe essere una questione di fortuna capitare con l'operatrice giusta", precisa l'attivista.

E di certo sapere che la donna, che poi si è rivolta all'ospedale San Paolo, fosse a conoscenza di quali fossero le corrette procedure grazie al loro lavoro le rincuora e allo stesso tempo le rattrista: "Una persona quando va in ospedale si affida al personale medico, è inammissibile che debba arrivare più informata del personale per paura di ostruzionismi e falsità. Siamo felici che sia riuscita grazie alla nostra contro-informazione, ma allo stesso tempo è emblema della situazione catastrofica".

E nel caso specifico dell'operatrice del Niguarda "Oltre alla gravità del non sapere che il certificato può farlo qualsiasi medico, non le è stato dato un appuntamento entro una settimana come dovrebbe essere con Ivg d'urgenza".

"Noi chiederemo alla donna di fare una segnalazione all'Ufficio relazioni con il pubblico, ma questo non è sufficiente. Ci vorrebbe una presa in carico da parte degli ospedali. Gli ospedali dovrebbero garantire la possibilità di fare Ivg senza il dubbio di poter incappare in obiettori di coscienza".

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