In 5mila a Milano per manifestare per la sanità pubblica: “La salute non può dipendere dal portafoglio”
Oltre 5mila persone nel pomeriggio di oggi sabato primo aprile si sono radunate in piazza Duomo a Milano per manifestare in difesa del servizio sanitario nazionale pubblico.
La manifestazione, chiamata Sani come un pesce?, è stata organizzata da Medicina democratica e da altre sigle. Lo slogan è provocatorio, scelto appositamente per il primo d'aprile. L'evento ha raccolto l'adesione di 60 tra associazioni, organizzazioni e partiti di opposizione in Regione Lombardia.
Sani come un pesce?
Il punto centrale della manifestazione riguarda "la revisione del sistema sanitario nazionale pubblico". Marco Caldiroli, presidente di Medicina Democratica ha precisato, riferendosi alla legge che ha istituito il sistema sanitario nazionale pubblico, "per garantire l'accesso universalistico alle cure, oggi messo fortemente in discussione dal forte squilibrio pubblico-privato, a vantaggio di quest'ultimo".
"La possibilità di curarsi non può dipendere dal portafoglio", ha dichiarato Vittorio Agnoletto, medico e conduttore della trasmissione radiofonica 37e2, "i tempi d'attesa nelle strutture accreditate devono essere gli stessi per chi vi accede con il servizio pubblico e chi con il privato". Agnoletto ha poi indetto quella che definisce "una tristissima gara", ovvero ogni settimana verrà assegnata la maglia nera per la lista d'attesa più lunga agli ospedali lombardi che se la meriteranno.
L'intervento del professor Silvio Grattini
Tra le numerose personalità che hanno deciso di partecipare alla manifestazione, compare anche Silvio Grattini, professore all'istituto Mario Negri: "Se andate in ospedale per prenotare un esame o una visita, vi sentite dire ‘venga tra tre, quattro, sei mesi", ha detto, "ma pagando, con le stesse persone e le stesse strutture, si può avere tutto la settimana prossima".
Sono numerosi i casi come questo che sono stati segnalati dai cittadini lombardi negli ultimi mesi. A febbraio, per esempio, una donna non riusciva a ottenere una visita per sua figlia con impegnativa urgente a 10 giorni. Inserita in una lista di attesa, le è stato detto che tre giorni dopo avrebbe potuta farla pagando 490 euro, altrimenti aspettare chissà quanto.
"Questo è l'intramoenia", ha commentato il professor Grattini, "la presenza del privato nel pubblico, una vergogna che dobbiamo cambiare perché non possiamo mantenere questa situazione di disuguaglianza".