“Impagnatiello soffre di alessitimia”, secondo la perizia: anche a Pifferi fu diagnosticato lo stesso disturbo
C'è una parola che nelle aule del Tribunale milanese si sta sentendo pronunciare spesso dai periti. Ovvero l'alessitimia, che si tratta del disturbo dell'elaborazione degli affetti. Lo hanno riscontrato prima nella perizia su Alessia Pifferi, la donna condannata all'ergastolo per aver abbandonato per giorni la sua bimba di 18 mesi a casa da sola provocandone la morte di stenti. E ora anche in quella su Alessandro Impagnatiello, a processo con l'accusa di aver ucciso la compagna Giulia Tramontano incinta di sette mesi con 37 coltellate. Entrambe le perizie sono state presentate in aula dagli psichiatri che si sono soffermati anche su questo disturbo. Ma di cosa si tratta?
Che cos'è l'alessitimia
"L'alessitimia non è una patologia, pertanto questo singolo tratto non può essere riconosciuto come tale", ha precisato a Fanpage.it la psicologa clinica e criminologa forense Debora Gatto. Che poi ha aggiunto: "Questo termine, ‘alessitimia', si riferisce a uno stato psicologico in cui il soggetto non riesce a comprendere, ad elaborare in maniera cosciente le proprie emozioni". E ancora: "Più semplicemente la persona alessitimica può essere definita come il classico ‘analfabeta emotivo‘. Non riuscendo a comprendere le proprie emozioni, non riuscendo ad attribuire loro un significato, manca l'aspetto più importante, ovvero l'espressione di ciò che ci percepisce. Questo aspetto isolato però non è sufficiente per stabilire una diagnosi più ampia".
Riconosciuta la alessitimia su Alessia Pifferi
In Alessia Pifferi era stata riconosciuta l'incapacità di esprimere emozioni e provare empatia verso gli altri. Stando a quanto precisato dallo psichiatra forense Elvezio Pirfo nella sua perizia, la donna ha "un funzionamento mentale adeguato e coerente al proprio grado di acculturazione e di esperienza esistenziale e non è portatrice di disabilità intellettiva".
Nelle analisi il medico ha spiegato così il disturbo della alessitimia in questo caso specifico: "Ha vissuto il proprio contesto familiare e sociale di appartenenza come affettivamente deprivante e tale da indurre una visione del mondo ed uno stile di vita caratterizzati da un’immagine di sé come ragazza e poi donna dipendente dagli altri (ed in particolare dagli uomini) per condurre la propria esistenza". Essendo quindi incapace di esprimere le proprie emozioni.
Anche in questo caso nei confronti dell'imputata non era stata riconosciuta l'incapacità di intendere e di volere. L'avvocata difensore, Alessia Pontenani, ha però tenuto a precisare che ha impugnato la sentenza all'ergastolo di primo grado ed è pronta a chiedere una nuova perizia.
Riconosciuta la alessitimia su Alessandro Impagnatiello
Lo stesso disturbo è stato riconosciuto anche in Alessandro Impagnatiello, a processo con l'accusa di aver ucciso la compagna Giulia Tramontano. Nella udienza di oggi lunedì 21 ottobre hanno parlato lo psichiatra forense Pietro Ciliberti e il medico legale Gabriele Rocca, ovvero gli autori della perizia che hanno dimostrato la capacità dell'imputato di intendere e volere. Il secondo in aula ha sostenuto che l'uomo è l’incapace di "rappresentare cosa prova, spiegare la risonanza emotiva dei propri vissuti. Questo l’abbiamo riscontrato nell’imputato, ma è da collegare ai suoi tratti narcisistici: non sa mettersi nei panni del prossimo e spiegare i suoi. Si tratta di una freddezza emotiva".
L'analisi dei periti ha trovato d'accordo anche la consulente della difesa, la dottoressa Diana Galletta. Lei in aula è intervenuta ribadendo: "L'alessitimia mi fa venire in mente la scienza del male. Come mai i nazisti hanno ucciso tutte quellle persone senza provare niente. Pienamente d’accordo con perizia effettuata. Ho partecipato ai colloqui e ho visto presenza evidente di nessi associativi". Alessandro Impagnatiello avrebbe agito con "rabbia fredda" – secondo la perizia della Corte d'Assise – non provando neanche dopo l'omicidio pietà e sensi di colpa.