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Monia Bortolotti accusata di infanticidio

Il vocale di Monia Bortolotti, accusata di doppio infanticidio: “Alice aveva voglia di vivere”

La 27enne di Pedrengo, già seguita dagli psicologi del Cps, era stata segnalata dall’ospedale di Bergamo per comportamenti sospetti nei confronti del figlio Mattia. Lo specialista non aveva riscontrato patologie mentali.
A cura di Francesca Del Boca
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Non avevano dubbi i sanitari dell'ospedale di Bergamo, che avevano definito Monia Bortolotti come una madre "distante, insofferente verso i figli", al punto da segnalarla per comportamenti sospetti. Ma nei tanti messaggi e registrazioni vocali inviati ad amiche e conoscenti la 27enne di Pedrengo, ora accusata di doppio infanticidio per aver soffocato i due figli di pochi mesi a distanza di un anno l'uno dall'altra, mostrava tutto un altro volto.

Il messaggio vocale di Monia Bortolotti all'amica

Voce trasognata, toni dolci, racconti da favola. "Alice è in Paradiso", immagina al telefono con l'insegnante di danza, sua passione da anni: sulla pista da ballo ha conosciuto il compagno Cristian, 52 anni. La prima figlia è morta all'improvviso, per quella che sembra essere stata una tragica fatalità: è morta soffocata da un cuscino "mentre dormiva".

"Esiste un posto in cui si ritrovano le anime care che non ci sono più. Mia cugina le fa da mamma, ha una bisnonna, zii, tante persone che se la contendono tra le braccia", racconta con il sorriso. "Gioca di fronte a una ruota panoramica piena di biberon. Lei manifesta la sua presenza in piccoli segni, c'è ancora". E infine: "Io cerco di non perdermi di nuovo perché sarebbe una mancanza di rispetto per la voglia di vivere che aveva la mia bimba. E che ha ancora".

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Le condizioni mentali della 27enne di Pedrengo

Sarà una perizia a fare luce sulle condizioni mentali di Monia Bortolotti, che già da tempo era seguita dagli psicologi del Cps di zona. Nella sua storia, il rapporto complicato con la madre adottiva ("psicologicamente aggressiva", la descrive la stessa Monia), gesti autolesionisti durante la gravidanza, tante fragilità probabilmente accentuate dall'impegno e dalla responsabilità di gestire un neonato. E soprattutto dalla frustrazione che può causare il suo pianto prolungato. "Monia ha ucciso perché incapace di sopportare il pianto dei piccoli", la tesi degli inquirenti.

La bugia al compagno per rimanere da sola con Mattia il giorno dell'omicidio

Per questo motivo, già da tempo (e su diretta esortazione di uno psichiatra consultato dall'ospedale, che però non aveva diagnosticato patologie psichiche nella donna) i famigliari di Monia cercavano di non lasciarla mai da sola. Il giorno della morte del secondogenito Mattia è l'unica eccezione. Quella mattina la giovane mamma dice al compagno di recarsi pure al lavoro: è in arrivo una sua amica, che la passerà a prendere e la accompagnerà al Cps. Dell'amica, però, non c'è traccia. Nessun messaggio, nessuna telefonata.

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