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Il video dell’assalto al furgone di Jhonny Sulejmanovic in via Varsavia: la spedizione punitiva dietro l’omicidio

Jhonny Sulejmanovic, 18 anni, è stato ucciso da quattro uomini (uno ancora latitante) la sera del 26 aprile scorso. Per il gip, una vera e propria spedizione punitiva organizzata e pianificata, maturata all’interno di un contesto criminale.
A cura di Francesca Del Boca
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Sono stati arrestati i responsabili dell'omicidio di Jhonny Sulejmanovic, il 18enne ucciso a sangue freddo mentre dormiva nel suo furgone parcheggiato in via Varsavia a Milano, zona Ortomercato, la sera del 26 aprile scorso. Si tratta di Roberto Ahmetovic, 33 anni, il cognato Jagovar, 38 anni, Rubino Sulejmanovic, 35 anni, con un quarto uomo identificato ma per il momento non ancora rintracciato dalle forze dell'ordine: tutti volti noti alla giovane vittima con la quale, qualche ora prima della brutale esecuzione, i tre avevano avuto un diverbio sulla base di pregresse divisioni tra famiglie rivali.

Nel video registrato dalle telecamere di sorveglianza che puntano su via Varsavia si vedono chiaramente i quattro uomini circondare il furgone bianco dove Jhonny stava dormendo con la compagna incinta. Puntano i fucili contro i finestrini ed esplodono una serie di colpi mortali nei confronti degli occupanti.

Secondo quanto emerso, Jhonny Sulejmanovic è stato ucciso dai quattro uomini all'interno di una vera e propria spedizione punitiva organizzata e pianificata. Come scritto nell'ordinanza di custodia cautelare a carico dei quattro indagati, "non vi è dubbio" che l'agguato sia stato organizzato da Roberto Ahmetovic contro Jhonny, "reo di averlo ‘affrontato' e pesantemente picchiato in strada" in una lite avvenuta quella sera stessa intorno a mezzanotte e mezza e ripresa, in parte, dalle telecamere di sorveglianza. Verso le tre di notte, l'agguato al furgone con bastone e spranghe, gli spari e la morte del 18enne.

L'omicidio è maturato "in una escalation di inaudita violenza se lo si parametri all'apparente effetto scatenante ovvero una lite a mani nude". Tutti gli indagati inoltre, osserva la gip, "sono soggetti dediti alla commissione di delitti contro il patrimonio inseriti in un contesto criminale interno alla comunità nomade, in grado di procurare agli stessi una latitanza anche al fine di assicurarsi l'impunità".

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