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Il vicepresidente di Utilitalia: “Contro la siccità in Lombardia non serve aumentare il costo dell’acqua”

Intervistato da Fanpage.it, Alessandro Russo spiega perché la siccità non sarà un problema per le grandi città. L’aumento delle bollette, secondo il vicepresidente di Utilitalia e presidente del Gruppo Cap, non può essere una soluzione.
A cura di Enrico Spaccini
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Il fiume Po colpito dalla siccità e Alessandro Russo, vicepresidente di Utilitalia e presidente del gruppo Cap di Assago (foto da Facebook)
Il fiume Po colpito dalla siccità e Alessandro Russo, vicepresidente di Utilitalia e presidente del gruppo Cap di Assago (foto da Facebook)

A Tradate, in provincia di Varese, il sindaco ha vietato di riempire le piscine, lavare le automobili e innaffiare gli orti con l'acqua potabile. Ordinanza fotocopiata a Caiolo (Sondrio). Altri 25 comuni, tutti nella provincia di Bergamo, rischiano altre razionalizzazioni di acqua. Un'emergenza che rischia di lasciare le persone senza acqua potabile in casa. Le immagini dei fiumi, in particolare del Po, prosciugati dal caldo e dalle scarse piogge sono un chiaro segnale che la siccità quest'anno potrebbe colpire più forte del solito. Come spiegato a Fanpage.it da Alessandro Russo, vicepresidente dell'associazione delle imprese idriche Utilitalia e presidente del Gruppo Cap (gestore del servizio idrico nella Città metropolitana di Milano e di altri comuni lombardi), le temperature alte "non rischiano di intaccare il rifornimento di acqua potabile nelle grandi città".

Per quale motivo?

La Città metropolitana di Milano, così come gran parte della regione Lombardia, prende la sua acqua potabile dai cosiddetti pozzi profondi. Questi arrivano a 100, ma anche 200, metri di profondità. Il loro rifornimento non è legato alla siccità di questi giorni, per loro i tempi sono molto più lunghi.

Però 25 comuni della provincia di Bergamo stanno rischiando il razionamento.

Il caldo e i fiumi asciutti creano problemi in quelle realtà che ormai sono diventate un'eccezione. Si tratta di zone che prendono la loro acqua potabile direttamente dalle fonti di montagna, o proprio dai fiumi. È il caso di quei comuni della Bergamasca, ma anche di altri in Piemonte, che ora si trovano costretti a razionalizzare.

Che livello di efficienza ha raggiunto la rete di distribuzione dell'acqua potabile?

Se guardiamo alla situazione lombarda, l'efficienza è più che buona. Il livello di dispersione idrica è del 23,4 per cento, mentre a Milano è del 15,9. La media nazionale è, invece, al 36,4 per cento, che è pari al dato peggiore della Lombardia (Varese è al 36 per cento). Ci sono zone del Paese in cui le perdite raggiungono il 70 per cento.

Venti per cento non è proprio un numero basso.

Sì, per chi non è del mestiere può sembrare un numero alto. Bisogna considerare, però, che tecnicamente vengono indicate come perdite anche le fontanelle dei parchi o i lavori di ristrutturazione delle tubazioni, ma anche le pompe antincendio, qualcuno che si attacca in modo abusivo alla rete o che semplicemente non paga le bollette. Insomma, tutto ciò che non viene registrato da un contatore, a prescindere dalla reale efficienza della rete.

Quindi non c'è nulla da migliorare?

Si può e si deve migliorare. Soprattutto grazie a investimenti e a ristrutturazioni nel lungo periodo. Il livello ottimale sarebbe il 15 per cento di perdite. L'obiettivo che è stato fissato per il 2030 è di scendere al 10. Direi che possiamo raggiungerlo.

Si sta parlando anche di alzare le tariffe dell'acqua potabile per permettere alle aziende di fare più investimenti.

Non credo che alzare il costo delle bollette sia la soluzione giusta per questo periodo. Ora il settore deve concentrarsi ad agglomerare le società più piccole. In questo modo diventano più forti, si possono permettere prezzi più competitivi e possono iniziare a fare investimenti sul lungo periodo spalmandone i costi nel tempo.

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