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Il ricercatore rimasto in isolamento per 9 mesi in Antartide: “Vi racconto come si vive a -96 gradi percepiti”

Gabriele Carugati è il tecnico di laboratorio dell’Università dell’Insubria di Como che ha preso parte alla 20esima campagna invernale, in Antartide. A Fanpage.it ha raccontato i suoi nove mesi di isolamento con altri 13 ricercatori e a meno 96 gradi percepiti.
A cura di Giorgia Venturini
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Gabriele Carugati sta tornando a casa dopo nove mesi di isolamento in Antartide. Gabriele è il tecnico di laboratorio (con dottorato in chimica) dell'Università dell'Insubria di Como che ha preso parte alla 20esima campagna invernale, la 39esima in generale, in Antartide. Qui è arrivato 12 mesi e mezzo fa: per tutto il tempo ha vissuto nella Stazione scientifica Concordia, tra neve e ghiaccio. Durante i mesi dell'inverno polare, da febbraio a qualche giorno fa, lui e altri 12 ricercatori sono stati in isolamento. Cosa vuol dire? Che nessuno poteva lasciare o arrivare alla Concordia, perché il clima non permette il trasferimento aereo. Ma Gabriele rassicura: "Era un sogno che avevo fin da piccolo, ora posso dire che ce l'ho fatta".

Ma che tipo di spedizione si tratta? Come spiega il Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr), è "una delle missioni italiane in Antartide, finanziate dal Ministero dell’Università e della Ricerca nell’ambito del Programma Nazionale di Ricerche in Antartide (PNRA). Sono gestite dal Cnr per il coordinamento scientifico, dall’ENEA per la pianificazione e l’organizzazione logistica delle attività presso le basi antartiche e dall’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (OGS) per la gestione tecnica e scientifica della nave rompighiaccio Laura Bassi". La Stazione Concordia è stata costruita ed è gestita in collaborazione con la Francia.

Gabriele Carugati alla stazione italiana Mario Zucchelli: è una base scientifica italiana in Antartide operativa dal 1985 dove è stato qualche giorno prima di iniziare il viaggio di rientro in Italia
Gabriele Carugati alla stazione italiana Mario Zucchelli: è una base scientifica italiana in Antartide operativa dal 1985 dove è stato qualche giorno prima di iniziare il viaggio di rientro in Italia

Come sono andati questi nove mesi di inverno in Antartide? 

Il bilancio è stato positivo perché siamo riusciti a ottenere ottimi risultati per tutti e 45 i progetti di ricerca che avevamo noi 13 ricercatori alla stazione Concordia. Anche il rapporto interpersonale è andato bene, anche perché é la parte più difficile perché ci sono comunque alti e bassi, come in un qualsiasi ambiente di lavoro. Ma l'unica differenza è che non potevamo allontanarci. Siamo sempre riusciti a trovare però un compromesso.

Ci spieghi uno dei progetti di cui ti sei occupato tu? 

Mi sono occupato del campionamento del particolato atmosferico che arriva trasportato dal vento dalle principali zone che stanno attorno all'Antartide, ovvero l'America Latina, il Sudafrica, l'Australia e la Nuova Zelanda. Studiare il particolato lì è fondamentale per capire come si muove e che composizione chimica ha: così da capire l'impatto dell'uomo rispetto al suo ricircolo naturale.

Gabriele Carugati mentre si trovava alla stazione scientifica Concorda ha visto tante aurore australi.
Gabriele Carugati mentre si trovava alla stazione scientifica Concorda ha visto tante aurore australi.

Parliamo di temperature, quanti gradi avete raggiunto sotto lo zero durante il periodo invernale?

Per qualche ora abbiamo raggiunto i meno 80.2 gradi, ma mediamente per tutto l'inverno siamo stati a meno 75 gradi. Quest'anno il vento è stato il vero padrone, ci ha abbandonato solo per tre giorni. Siamo arrivati ad avere una temperatura percepita di meno 96 gradi. Ovviamente le attività sono state portate avanti anche all'esterno.

Come vi vestivate per uscire a meno 96 gradi percepiti? 

Super attrezzati. Quando esci a quelle temperature quello che hai addosso inizia a scricchiolare: è una strana sensazione.

Come vi aiutavate tra colleghi quando uscivate a queste temperature? 

Chi usciva a lavorare all'esterno veniva controllato visivamente ed era in contatto radio sempre con la stazione. Se si usciva al buio le torce ci permettevano di sapere dove si trovavano i colleghi. Quando sei in quel posto così isolato bisogna stare attenti a tutto, non si può essere superficiali. Eravamo un po' come una grande famiglia che si tiene sempre d'occhio.

C'era sempre buio durante i mesi d'inverno al Polo Sud? 

No, abbiamo avuto il buio dal 4 maggio al 10 agosto. In quei mesi non vedi il sole ma c'è comunque un po' di luce riflessa. Il vero buio per tutto il giorno lo abbiamo avuto solo l'ultima settimana di giugno, che era anche quella più fredda. Un buio però illuminato dalle stelle: lì non c'era l'inquinamento luminoso, il cielo stellato era uno spettacolo. Abbiamo visto anche parecchie aurore australi.

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Qual è stato il giorno più difficile di quelli trascorsi in isolamento? 

Quando si è sposato mio cugino il 18 di maggio. Non ero a casa, volevo esserci. Quella giornata è stata pesante: mi sarebbe piaciuto poter tornare per assistere alle nozze e poi ritornare subito indietro in Antartide. Abbiamo fatto video chiamate e ho ricevuto tante foto, però sapevo che non si sarebbe più ripetuta questa giornata, come magari invece succede per i compleanni.

La giornata più bella invece? 

Sono state tutte giornate belle. Se dovessi scegliere, il 10 agosto. La prima alba, quando abbiamo rivisto il sole spuntare. É stato emozionante.

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Avete avuto problemi "logistici" all'interno della Concordia? 

Il primo blocco del generatore ha suscitato un momento di preoccupazione, ma i tecnici che erano lì con noi lo hanno risolto in quattro minuti. Ovviamente avevamo anche generatori di riserva.

Hai mai preso un raffreddore mentre eri in Antartide?

No perché non ci sono virus e batteri in Antartide. Non ti puoi ammalare.

Come hai superato l'idea che qualsiasi cosa fosse successa nessuno sarebbe potuto venire a soccorrervi? 

Semplicemente non ci pensi. Sapevamo che l'unico aereo che raggiunge la stazione Concordia atterra solo se la temperatura è superiore ai meno 45 gradi. Quindi eravamo ampiamente sotto soglia. Alla fine è andato tutto bene.

Psicologicamente come ti tenevi su di morale? 

Fortunatamente i momenti di down sono stati pochi. Però io li affrontavo stando da solo: l'isolamento nell'isolamento. Magari leggendo un libro o facendo una video chiamata a mio figlio o a qualche mio amico. La tecnologia è stata fondamentale. Anche a livello psicologico, sapere che puoi chiamare e usarla già ti basta.

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Cosa mangiavate? 

Un po' di tutto, l'alimentazione era ben bilanciata. Il cibo arrivava dall'Australia o dalla Nuova Zelanda. La cosa più particolare era quindi la carne di canguro, in Australia è un allevamento normale.

Cosa ti è mancato di più? 

Fare le vacanze con mio figlio. E i rumori e gli odori della natura. In nove mesi l'unico rumore era quello del generatore e della neve sotto i piedi.

Quando hai lasciato la Concordia? 

L'8 novembre ho lasciato la Concordia e sono arrivato alla stazione italiana Mario Zucchelli. Da qui mi sposterò con un volo militare in Nuova Zelanda. In Italia rientrerò con il volo del 6 dicembre. Ma già in Nuovo Zelanda il 20 novembre mi raggiungerà mio figlio di 13 anni, finalmente lo ripotrò abbracciare. Non vedo l'ora. Faremo qualche giorno di vacanza insieme e poi ritorneremo a casa.

La distesa di ghiaccio alla stazione italiana Mario Zucchelli.
La distesa di ghiaccio alla stazione italiana Mario Zucchelli.

Riuscivi a sentirlo tutti i giorni? 

Sì, anche in video chiamata perché fortunatamente la tecnologia di questi mesi è stata eccellente. Ci ha permesso anche di portare avanti un progetto che si chiama Ausda, ovvero Adotta Una Scuola dall'Antartide.

In cosa consiste? 

Grazie al sistema satellitare siamo riusciti a collegarci in video chiamata durante tutti i mesi di isolamento con 105 scuole. É stato emozionante perché ho potuto raccontare la mia esperienza in Antartide a studenti dalle elementari alle superiori. Inoltre, mi hanno aiutato a fare passare questi nove mesi di isolamento.

La prima cosa che non vedrai l'ora di fare quando tornerai in Italia? 

Dormire nel mio letto. Ormai non me lo ricordo più. E fare una doccia con i miei prodotti. Alla stazione Concorda per un problema di riciclo dell'acqua ci lavavamo con un solo tipo di sapone.

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