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Il racconto di Impagnatiello dell’omicidio di Giulia Tramontano dice molto su di lui, anche se è falso

Impagnatiello ha voluto fornire una ricostruzione dei fatti e del suo stato psico-fisico che ridimensionasse la sua posizione in termini di responsabilità, aggiungendo elementi che risultano oggettivamente inverosimili attraverso le quali il suo funzionamento appare, ancora, più palese.
A cura di Margherita Carlini
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"Oggi sono più lucido e consapevole". Inizia così a raccontare la sua versione dei fatti, Alessandro Impagniatiello, nel corso dell’udienze che si è tenuta ieri. Ammette, rispondendo alle domande della procuratrice, di aver ucciso Giulia, procurando quindi l'aborto del loro bambino, ed ammette di averne successivamente occultato il corpo. Ma non ammette di aver spostato i mobili o coperto il divano, domande precise che gli vengono rivolte dal momento che l'analisi della scena del crimine risulta incompatibile con la dinamica omicidiaria che Impagnatiello propone.

Giulia sarebbe tornata a casa, dopo l’incontro con A. e ci sarebbe stata tra loro una discussione pacata, fino a quando la ragazza non avrebbe iniziato ad ignorarlo e solo allora, improvvisamente, vedendo un coltello sul piano della cucina, Impagnatiello avrebbe iniziato a colpirla. Trentasette coltellate, di cui lui però sembra non avere memoria e contezza. Una ferocia inaudita contro la sua compagna che non solo ha voluto uccidere, ma distruggere, annientare, far sparire.

Una ricostruzione, quella fornita da Alessandro Impagnatiello, che sembrerebbe costruita a tavolino. La narrazione di un femminicidio compiuto sulla spinta di un impeto improvviso. "Un’enorme follia" come lui stesso la definisce, che il suo corpo ha commesso. Usa addirittura un termine molto tecnico Impagnatiello, parla di scissione, quando dice che aveva appunto "una scissione tra me e la mia anima […] un conto era ciò che faceva il mio corpo un conto ciò che faceva la mia anima". E ancora "avvolto da uno stato di insensata follia, di illogica, di pazzia totale, ho cercato di far sparire il corpo di Giulia […] ho cercato di dare fuoco al cadavere nella vasca da bagno". Era il suo corpo ad agire quindi, non lui, un corpo che lo avrebbe condotto a compiere un delitto di cui lui ancora oggi non riesce a spiegare le motivazioni, un delitto che, se seguissimo queste dichiarazioni, non sarebbe stato premeditato ma frutto di una reazione improvvisa.

Peccato che Impagnatiello sembra essere smentito oltre che dalle evidenze scientifiche, anche da se stesso. Come riferito infatti dal luogotenente Buttarelli, del Nucleo investigativo dei Carabinieri di Milano, sulla scena del crimine vengono rinvenute delle "assenze" di tracce ematiche che risultano sospette. Non ci sono tracce di sangue di Giulia sul tappeto, sul divano, che si trova proprio di fronte al mobile del salotto dove Impagnatiello racconta di aver aggredito Giulia. E soprattutto mancano tracce da proiezione indiretta sulle pareti, tracce che inevitabilmente quelle 37 ripetute coltellate avrebbero dovuto produrre, come se il corpo di Giulia fosse stato coperto da qualcosa mentre veniva colpita, qualcosa che limitava la fuoriuscita del sangue. Un'ipotesi questa, del tutto incompatibile con quella di un omicidio che viene posto in essere in modo improvviso, ma che più si addice ad un’aggressione studiata e premeditata.

L’impressione che si ha, leggendo le dichiarazioni rese da Impagnatiello è che lo stesso ieri abbia voluto fornire una ricostruzione dei fatti e del suo stato psico-fisico che ridimensionasse la sua posizione in termini di responsabilità, aggiungendo ad elementi che risultano oggettivamente inverosimili altre parti di verità, attraverso le quali, il suo funzionamento appare, ancora, più palese.

Racconta di aver ucciso Giulia perché era fuori controllo per "quel trauma", cioè lo svelamento: Giulia aveva scoperto del tradimento e aveva avuto un confronto con A. e lui non poteva tollerare il pensiero della sua "immagine distrutta davanti ai miei colleghi di lavoro e alla mia famiglia e a quella di Giulia", ma non è questo che lo porta a decidere di uccidere Giulia, forse a farlo più velocemente, quella sera stessa, ma l'uomo aveva già iniziato ad avvelenarla mesi primi e non solo per tentare di farla abortire (come ha dichiarato ieri), visto che tra le ricerche fatte in internet ne risulta una del 7 gennaio in cui l’uomo cercava "quanto veleno è necessario per uccidere una persona". Non un feto quindi, una persona. Giulia.

Quella stessa persona che avrebbe già, prima di ucciderla, pensato a come farla sparire, a come far sparire il suo corpo, bruciandolo nella vasca da bagno. Tanto che già intorno alle 19.00, prima che Giulia rientrasse a casa dal confronto con A., Impagnatiello aveva cercato sul telefono "ceramica bruciata vasca da bagno", per pulire la vasca che si era bruciata con una candela, avrebbe dichiarato ieri in aula, una spiegazione che appare davvero poco verosimile, dal momento che il barman, in quel frangete, con Giulia che stava per portare alla luce la verità, come da lui stesso dichiarato, aveva ben altri pensieri che non quello di smacchiare la vasca. Sembra quindi più sensato pensare che quella ricerca, come altre fatte in precedenza, fosse finalizzata a pianificare nel dettaglio l'omicidio premeditato di Giulia e ad occultarne il corpo.

Non in preda ad un raptus, ad una follia pervasiva che lo aveva avvolto, ma mosso da una lucida preordinazione, che riesce a mantenere anche nelle fasi successive al femminicidio. Una totale assenza di empatia comprovata dalle sue azioni, come quando dopo aver ucciso Giulia si reca a casa di A. e mentre la aspetta sotto casa cerca in internet gli orari dei mezzi che la ragazza avrebbe dovuto prendere per tornare dal lavoro ed il risultato della partita Atalanta-Inter, e dalle parole pronunciate ieri in aula. Parole che, se ben con tutt’altro intento, evidenziano una chiara volontà di deresponsabilizzarsi, cercando ancora una volta di proiettare su Giulia quella responsabilità e una totale incapacità di provare empatia e sofferenza.

È Giulia infatti, secondo la ricostruzione di Impagnatiello, ad aver fatto crollare quel castello di bugie che lui aveva costruito, a sbattere in faccia a tutti la sua verità, a farlo cadere in quello stato di “insensata follia” e quindi, ad armare la sua mano. Non lui, il suo corpo, non lui, Giulia. Giulia che lui "non poteva perdere" e che soprattutto non poteva rovinare la sua immagine.

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Sono Psicologa Clinica, Psicoterapeuta e Criminologa Forense. Esperta di Psicologia Giuridica, Investigativa e Criminale. Esperta in violenza di genere, valutazione del rischio di recidiva e di escalation dei comportamenti maltrattanti e persecutori e di strutturazione di piani di protezione. Formatrice a livello nazionale.
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