Inchiesta Covid Bergamo, il procuratore Chiappani: “Zona rossa poteva essere fatta a livello regionale”
"In caso di urgenza c’era la possibilità sia a livello regionale che a livello locale, di fare atti contingibili d’urgenza, cioè chiudere determinate zone". Lo dichiara il Procuratore di Bergamo Antonio Chiappani, titolare dell'inchiesta sulla gestione delle prime fasi della pandemia nella Bergamasca, a Radio 24.
"Dal punto di vista giuridico è così, mentre dal punto del fatto è la consapevolezza che poteva avere un sindaco che si era in una situazione di emergenza. Quindi si rimanda al problema della ricostruzione dei dati che erano in possesso di un sindaco o un presidente di regione o un ministro. Questo era il problema della nostra indagine: capire il grado di conoscenza al fine di poter fare un intervento d’urgenza".
Fontana indagato nell'inchiesta: "Emergenza Covid è esclusiva dello Stato"
Parole che arrivano dopo quelle del presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana, riconfermato governatore e indagato all'interno dell'inchiesta della Procura di Bergamo. Solo uno dei nomi illustri della politica presenti nella lista degli indagati per la mancata chiusura della zona tra Alzano e Nembro, in provincia di Bergamo, durante la prima ondata di pandemia nel 2020. Con lui, infatti, ci sono anche l'ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte, l'ex ministro della Salute Roberto Speranza e l'allora assessore al Welfare Giulio Gallera.
"Quando si tratta di una emergenza pandemica la competenza è esclusiva dello Stato, secondo la Costituzione. La stessa ministra Lamorgese aveva mandato una direttiva dicendo "guai a voi se vorrete sovrapporvi con iniziative relative alle cosiddette chiusure delle zone rosse". E in quei giorni il ministro Boccia mi disse una frase famosa: "In questi casi non interviene lo Stato, è lo Stato che comanda. Io non potevo fare altro".
E ancora: "Le zone rosse sono competenza esclusiva dello Stato. E poi se io avessi anche emesso l'ordinanza, con chi l'avrei fatta eseguire? Io non ho a disposizione l'esercito".
Come si è arrivati all'inchiesta sulla prima ondata nella Bergamasca
"È stato un lavoro mastodontico, un’inchiesta complessa fatta di ricostruzioni di vite spezzate perché per tre anni abbiamo dovuto dimostrare i nessi di causalità tra le morti e gli ipotizzati errori che sono stati fatti. Il nostro scopo è stato quello di ricostruire quello che è successo e dare una risposta alla popolazione bergamasca e di questi territori", sempre le parole del Procuratore bergamasco.
Ieri la notifica di chiusura delle indagini, con circa 20 personalità iscritte sul libro degli indagati. "Andava data una risposta ai cittadini di fronte alle migliaia di morti. Non potevamo chiudere con un'archiviazione. C'è stata una insufficiente valutazione del rischio".