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Il pm chiede l’ergastolo per Alessia Pifferi: “Non ha avuto il coraggio di uccidere la figlia e l’ha lasciata morire”

La requisitoria di Francesco De Tommasi, pm nel processo ad Alessia Pifferi: chiede l’ergastolo e ricorda in aula che la piccola Diana, lasciata morire di stenti, “ha mangiato il pannolino”.
A cura di Matilde Peretto
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Alessia Pifferi con l'avvocata Alessia Pontenani (foto da LaPresse) e il pm Francesco De Tommasi (foto di Fanpage.it)
Alessia Pifferi con l'avvocata Alessia Pontenani (foto da LaPresse) e il pm Francesco De Tommasi (foto di Fanpage.it)
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Il pm Francesco De Tommasi formula la richiesta di ergastolo ai giudici nell'udienza di oggi, venerdì 12 aprile, del processo ad Alessia Pifferi, accusata di aver lasciato morire di stenti sua figlia Diana di 18 mesi. Dopo che l'imputata ha rilasciato delle dichiarazioni spontanee in cui ha detto di non aver mai voluto uccidere la bambina, la parola è passata alla pubblica accusa.

Il pm chiede l'ergastolo per Alessia Pifferi

Al termine della sua requisitoria il pm Francesco De Tommasi ha chiesto l'ergastolo per Alessia Pifferi. La donna è accusata di omicidio volontario pluriaggravato per aver lasciato morire di stenti la figlia Diana di appena 18 mesi.

Il pm si è opposto alla richiesta di integrazione della perizia psichiatrica presentata dalla difesa nell'udienza di oggi. La Corte ha deciso di respingere la domanda e passare direttamente alla requisitoria.

Cosa ha detto Francesco De Tommasi nella requisitoria

Di seguito i passaggi più importanti della requisitoria del pm durata un paio d'ore.

"Dal punto di vista investigativo è un processo che non presenta particolari complessità nella ricostruzione: dal 14 al 20 luglio 2022 la piccola Diana, di appena 18 mesi, rimane da sola senza nessuno accanto, nessun tipo di assistenza, senza cibo e acqua. Bisogna immaginare che abbia patito sofferenze terribili fino a perdere la vita".

La madre Alessia Pifferi l'ha lasciata da sola per andare dal suo compagno a Leffe, in provincia di Bergamo, intorno alle 19:00 del 14 luglio con solo un piccolo biberon di fianco. La bambina non poteva muoversi da sola, né spostarsi dalla culla in cui si trovava. La donna aveva tutte le intenzioni di abbandonare la figlia e la prova è un trolley trovato in casa durante il sopralluogo della polizia avvenuto dopo il decesso della bambina.

"Alessia Pifferi esce di casa, non per esigenze della bambina, ma esce per andare dal compagno. Questo vuol dire che aveva tutte le intenzioni di allontanarsi da casa. È una persona che ha tanti desideri rimasti insoddisfatti e che desidera soddisfare".

Secondo le testimonianze dell'uomo, Pifferi gli dice di aver affidato la piccola alla sorella mentre alla famiglia dirà che si è portata Diana a Leffe. Ma sono sole bugie.

"Oggi, durante le sue dichiarazioni spontanee, è venuta a ribadire che lei non voleva uccidere la figlia e che lei non è un'assassina. Allora bisogna chiedersi: perché fin da subito ha dovuto giustificare l'assenza di Diana. Alessia Pifferi voleva semplicemente vivere dei giorni in santa pace, senza la bambina, così ha mentito."

Infatti, l'imputata non passa mai per casa per accertarsi della salute della figlia, nonostante la bambina sia sola, le temperature siano altissime e l'abitazione sia piccola. Lei dice di non averlo fatto per paura di una reazione del compagno, temeva potesse reagire male. I loro rapporti non erano dei migliori e per evitare discussioni non dice di aver lasciato a casa da sola la piccola, né di poter passare per casa. Dice che voleva passare qualche giorno dopo, ma allora come si giustifica il trolley?

"Se non avesse voluto provocare la morte della bambina lo avrebbe detto, avrebbe evitato che la piccola restasse da sola e avrebbe anche potuto contattare le forze dell'ordine e la sorella così sarebbero arrivati in poco tempo".

Torna a casa mercoledì 20 luglio, entra in casa e si reca nella camera da letto dove trova il cadavere della figlia Diana. Vede che non risponde, così la lava, le cambia il vestitino e solo a quel punto chiede aiuto alla vicina per chiamare i soccorsi.

La bambina non era mai stata sentita piangere secondo quello che raccontano i vicini. "Tra le ipotesi più probabili che hanno formulato i medici c'è quella che la piccola sia stata drogata di Enn, cioè una sostanza a base di benzodiazepine", spiega il pm, per questo non piangeva.

"Alla fine di questo processo l'imputata chiederà di essere clementi, ma noi dobbiamo mettere a punto le condizioni in cui la piccola è stata trovata e quali sono le cause della morte". Viene descritta un'immagine raccapricciante, non solo dal punto di vista fisico, ma anche psicologico: "Della paura, della fame e della sete che questa bambina ha provato".

Marco Calì, allora capo della squadra mobile di Milano, ha visto il corpo senza vita della piccola: "Mi ha fatto impressione". Secondo varie testimonianze la bambina aveva la magliettina che le copriva il bacino, gli occhi chiusi, il letto era disfatto e la piccola aveva i segni di una morte già avvenuta (a causa di una grave disidratazione). Segni che il pm descrive nei dettagli.

"Punta dei piedi e naso gialli, segni di nevrosi, mani annerite, annerimento della pelle vicino al pannolino che la piccola si è mangiata: si era tolta il pannolino e l'aveva preso a morsi".

Secondo De Tommasi, "è una scena che non lascia dubbi. Diana non c'è più". "Lo scopo di oggi di Alessia Pifferi è eludere le conseguenze della sue azioni di cui è perfettamente consapevole. Allora, il suo scopo era di stare con il compagno". Nella donna "non c'è disperazione, né angoscia profonda, né malore fisico. C'è solo la preoccupazione di scollarsi di dosso le proprie responsabilità".

"Nel momento del ritrovamento del corpo pensa solo a quale versione migliore può offrire, ma le sue versioni sono inverosimili, dobbiamo fare finta che le sue dichiarazioni non siamo mai esistite".

Sembra che Alessia Pifferi non abbia mai pianto dopo la morte della figlia e nel momento del ritrovamento di Diana abbia detto alle forze dell'ordine: "Ora mi arrestate". Quando sono arrivati gli operatori sanitari ha anche aggiunto: "Forse è colpa mia, perché l'ho scossa per cercare di rianimarla o perché l'ho bagnata". Secondo alcune testimonianze del personale del 118, la donna sembrava sorpresa che bambina fosse morta. Ripeteva di continuo che era una brava madre e che voleva bene alla sua bambina. Ha iniziato ad agitarsi solo quando ha saputo che sarebbe arrivata la polizia: secondo uno degli operatori presenti, Pifferi ha cominciato a dire che non era colpa sua.

"Era preoccupata di difendere se stessa, non di prendere atto di quello che era accaduto. Alessia Pifferi ha una spiegazione a tutto quello accaduto, ma in chiave della sua difesa, non su una ricostruzione di quanto oggettivamente accaduto. Pensa a se stessa anche in quel momento, quando aveva la figlia morta in casa".

innegabile la consapevolezza di aver lasciato la piccola a casa da sola, così come quella che la bambina sarebbe morta senza cure", continua il pm. "Si è sempre resa perfettamente conto che bisogna mangiare e bere per sopravvivere".

"Tant'è vero che le viene contestata questa domanda: lei conosce le conseguenze di un digiuno prolungato in un bambino di tenera età? "Sì (risponde la donna), ma pensavo che quello (il piccolo biberon) fosse sufficiente". Eludendo così la domanda. In sede di interrogatorio processuale Pifferi affermerà di non ricordare di averlo detto. Una strategia che mostra le capacità mentali dell'imputata.

Anche durante i colloqui avuti in carcere con due psicologhe, successivamente indagate per favoreggiamento e falso ideologico, emerge che Alessia Pifferi era in grado di "realizzare e analizzare le cose più ovvie". Non sono state le due esperte a farle capire la situazione, "lei se n'è sempre resa perfettamente conto".

Dopo i colloqui in carcere si era ipotizzato che l'imputata avesse un deficit cognitivo "talmente grave da incidere sull'imputabilità", prosegue il pm. Per questo è stata necessaria una perizia psichiatrica "tesa a verificare se Alessia Pifferi fosse imputabile".

"Secondo il perito Elvezio Pirfo, incaricato di condurre la perizia, la donna era in grado di intendere e di volere perché l'imputata non ha nessun disturbo cognitivo tale da compromettere la sua facoltà di intendere e di volere".

Come anticipato già dal direttore della scuola di specializzazione in psichiatria dell'università degli studi Milano Bicocca a Fanpage.itanche il pm sostiene che "l’imputata ha sicuramente un deficit sotto il profilo della scolarizzazione, ma il deficit non va valutato da un punto di vista quantitativo, ma dal punto di vista qualitativo, cioè la capacità di usare il quoziente intellettivo di cui si è dotati".

"L’imputata simula, secondo Pirfo e questo conferma quello che ho creduto dall’inizio: Alessia Pifferi è una bugiarda patentata e mente per raggiungere i suoi obiettivi esistenziali", continua il pm.

Il pm si rivolge direttamente ai giudici: "Vi verrà chiesto di essere clementi, di considerare tutte le circostanze, io vi chiedo di considerare questa presa in giro", e sventola i documenti dei colloqui della perizia psichiatrica.

"La scelta per la condanna è tra il reato di omicidio e quello di abbandono di minore di 14 anni. Nella fattispecie omicidio l’evento morte è voluto; nella seconda no, ma diventa aggravante. Per rispondere occorre chiedersi quale sia l’elemento psicologico che ha sorretto la sua condotta, se si tratta cioè di dolo o di colpa. Se io agisco accettando il rischio che l’evento morte si verifichi, pur non volendolo direttamente come obiettivo, io agisco volontariamente, quindi con dolo".

Quello che sostiene De Tommasi è che Alessia Pifferi non abbia accettato soltanto il rischio che la figlia potesse morire, ma direttamente la morte di Diana, quando l'ha abbandonata per 6 giorni. Per questo ha agito con dolo diretto.

Viene confermata l'accusa già convalidata dal gip di omicidio volontario aggravato dal rapporto di filiazione, dei futili motivi e chiede di valutare la premeditazione come ulteriore aggravante.

"L’obiettivo era sbarazzarsi della figlia perché non riesce a sopportare il peso della responsabilità di una vita che non vuole. Pifferi non ha il coraggio di uccidere direttamente sua figlia, lascia che lo facciano gli eventi, e questo perché non ha problemi mentali".

E continua: "Non merita attenuanti generiche perché non c’è stato pentimento, ha sempre mentito recitando una parte con arroganza. Lo ha fatto anche oggi, anziché rivolgersi alle persone che sono chiamate a decidere si è rivolta a tutti gli italiani, probabilmente tradendo il suo desiderio più recondito, quello di essere una diva, al centro dell’attenzione, come dice di non essere stata da bambina. E oggi suo malgrado ci è riuscita"

Conclude così il pm Francesco De Tommasi chiedendo l'ergastolo per Alessia Pifferi.

(Articolo realizzato in collaborazione con Giorgia Venturini e Chiara Daffini)

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