Il pizzaiolo che vuole insegnare il mestiere ai carcerati: “Il lavoro è il loro problema più grande”
"I ragazzi che escono dal carcere fondamentalmente non hanno un mestiere, perché sono entrati in carcere proprio perché essendo senza lavoro sono andati a rubare, a spacciare". È il lavoro, che non c'è e che difficilmente si trova una volta scontata la pena, il problema principale per chi esce dai penitenziari italiani secondo Ciro Di Maio. Pizzaiolo, classe 1990, ha aperto la sua pizzeria "Pizza madre" a Brescia. Ma non ha dimenticato il suo passato trascorso per strada, in una via "difficile" di Frattamaggiore, in provincia di Napoli, con un padre che "è partito da una situazione economica difficile e ha avuto a che fare pure con la camorra", come racconta a Fanpage.it.
Il papà di Ciro ha avuto a che fare con la camorra: poi la svolta
Il papà di Ciro, che adesso non c'è più, a un certo punto della sua vita però ha avuto una svolta, una "riconversione": "Si è dato da fare per i giovani. Andavamo tutte le domeniche a cucinare per i poveri, ed è là che ho iniziato a cucinare le prime volte". E adesso Ciro vuole proseguire il lavoro del padre, insegnando un mestiere ai detenuti: "Avevo raggiunto un accordo con la garante dei detenuti di Brescia proprio per andare a insegnare un mestiere: cucina, pizzeria, cuoco, un mestiere che ti permette di guadagnare bene, quasi come uno spacciatore però avendo soldi puliti, soldi tuoi". Ma l'emergenza Coronavirus, tra le tante nefaste conseguenze, ha avuto anche quella di cancellare praticamente ogni attività nelle carceri italiane: dalle visite di famigliari e parenti all'interruzione delle attività culturali, sportive e formative in carcere.
La situazione che si è venuta a creare è diventata esplosiva nella scorsa primavera, portando a rivolte che sono costate la vita a 14 persone. Ma da allora la situazione non è migliorata, come detto a Fanpage.it da Luisa Ravagnani, garante dei detenuti di Brescia alla quale Ciro Di Maio si era rivolto: "Si era soliti non avere uno spazio libero durante la giornata [dei detenuti], ci si è trovati di colpo a non avere uno spazio pieno, nessuna attività programmata".
Il fatto di non aver avuto formazione influenzerà il futuro dei detenuti
E così il Covid frena per ora il sogno di Ciro: insegnare ai detenuti l'arte della pizza, quella fatta "irregolare, con le orecchie, per far capire che questo è un lavoro artigianale". E mette a rischio anche il futuro dei detenuti: "Il fatto di non avere avuto una formazione sicuramente influenzerà notevolmente anche la possibilità futura per queste persone di trovare uno sbocco nel mondo esterno", spiega la garante Ravagnani, che conclude amaramente: "Bisognerebbe avere il coraggio di dire: no, vogliamo un carcere di tipo punitivo e quindi va bene, andiamo avanti in un certo modo. Oppure avere il coraggio di dire: è arrivato il momento di cambiare questo sistema obsoleto per gestire quella fase che dovrebbe interessare tutti che è quella della rieducazione della risocializzazione".
(Ha collaborato Simone Giancristofaro)