L'ospedale di Monza, assediato dal Coronavirus e con centinaia di pazienti ricoverati, non ha più abbastanza medici e infermieri, perché moltissimi si sono ammalati. Ha quindi inviato al ministero della Salute e alla Protezione civile una "richiesta di rafforzamento" del personale. Eppure dallo stesso ospedale brianzolo un contingente di sanitari è stato inviato alla Fiera di Milano, per gestire uno dei moduli di terapia intensiva.
Un paradosso che racconta molto delle difficoltà della Regione Lombardia a gestire l'emergenza sanitaria. Costretta a un difficile gioco di incastri per ovviare alla mancanza di personale nelle strutture sanitarie. Un problema strutturale che avrebbe dovuto essere affrontato per tempo. Oggi i medici e gli infermieri non bastano, soprattutto per le terapie intensive. E il continuo spostamento delle pedine – i grandi ospedali di Monza, Varese e i milanesi Niguarda e Policlinico hanno fornito personale all'hub Covid alla Fiera di Milano, ma a loro hanno attinto dagli ospedali più piccoli, lasciandoli a loro volta sguarniti – non può fare altro che nascondere il problema e scaricarlo sui centri minori.
È il caso di Desio, per esempio, dove solo 6 infermieri si trovano ora a coprire i turni del pronto soccorso, secondo quanto denunciato dalla Cgil. Ma con l'avanzare dell'ondata pandemica anche il San Gerardo di Monza, un grande ospedale con centinaia di dipendenti e posti letto, si è trovato in affanno.
Il discusso ospedale in Fiera, costato venti milioni e rimasto vuoto per sei mesi, oggi ospita una sessantina di pazienti ed è finalmente utile nel supporto dei pronto soccorso. Ma fin dall'inizio della seconda ondata è stato evidenziato che il problema sarebbe stato trovare il personale per farlo funzionare. Se in primavera c'erano cento medici da tutta Italia arrivati per aiutare, oggi è l'intero Paese a essere in crisi e non ci si può attendere aiuto dall'esterno. Da qui la richiesta alle strutture lombarde di provvedere.
"Nessun medico è stato deportato in Fiera, qui sono tutti volontari", ha detto in settimana Nino Stocchetti, anestesista e direttore del modulo del Policlinico, uno dei cinque attivati all'interno dei padiglioni fieristici. Ma allo stesso tempo ha ammesso che "se spostiamo troppe persone da altri ospedali, è ovvio che indeboliamo le strutture. È un dato di fatto". La strategia ideale sarebbe quella di "bilanciare gli sforzi", ma è innegabile che al momento nelle province più colpite dal Covid il personale sia allo stremo delle forze. E assumerne di nuovo non è così semplice. Aver attinto proprio da quelle zone è stata una decisione che ora il sistema sanitario rischia di pagare carissimo.