Il padre di Giulia Tramontano sul ricorso di Impagnatiello: “Forse puoi evitare l’ergastolo, ma resti un assassino”

"Potrai fare ricorso in Appello, potrai fare ricorso in Cassazione. Potrai, forse, evitare l'ergastolo, ma ciò che non potrai evitare è essere ricordato per quello che sei: un vile assassino". Sono le parole che Franco Tramontano, padre di Giulia, ha usato per commentare il ricorso presentato dalle avvocate di Alessandro Impagnatiello contro la condanna in primo grado all'ergastolo per omicidio e occultamento di cadavere. Le legali dell'ex barman, che il 27 maggio 2023 a Senago (nella Città Metropolitana di Milano) ha ucciso la compagna 29enne incinta al settimo mese del loro figlio, contesteranno le aggravanti della premeditazione e della crudeltà che gli sono state riconosciute dalla Corte d'Assise di Milano e chiederanno che il loro assistito possa accedere alla giustizia riparativa.

L'omicidio di Giulia Tramontano premeditato "per quasi 6 mesi"
In base a quanto ricostruito dalle indagini, i giudici lo scorso novembre hanno condannato in primo grado Impagnatiello all'ergastolo per omicidio volontario, aggravato dalla premeditazione, dalla crudeltà e dal rapporto di convivenza, e occultamento di cadavere. L'ex barman avrebbe provato a uccidere Giulia Tramontano "per quasi 6 mesi", somministrandole in più occasioni veleno per topi e ammoniaca.
L'omicidio, alla fine, si consumò il 27 maggio del 2023. Tramontano aveva scoperto che il suo compagno stava intrattenendo da tempo una relazione parallela con una collega di lavoro e quel giorno l'aveva incontrata. Le due si raccontarono le bugie che il barman aveva raccontato a entrambe. Una volta tornata nella casa di Senago che condividevano, Impagnatiello ha accoltellato la 29enne a morte 37 volte.
L'aggravante della crudeltà e il ricorso in Appello
Stando all'autopsia, 11 colpi sarebbero stati inferti quando Tramontano "era ancora viva" e il 31enne non si sarebbe fermato nonostante fosse consapevole che lei in quel momento stesse portando "in grembo il figlio dello stesso reo". Per i giudici della Corte d'Assise, la 29enne "nel momento in cui è stata attinta comprendeva che il compagno la stava uccidendo" e avrebbe "senz'altro realizzato che insieme a lei moriva anche il nascituro", cosa che avrebbe "provocato nella donna una sofferenza ulteriore".
In base a questi elementi, in primo grado sono state riconosciute a Impagnatiello le aggravanti della premeditazione e della crudeltà, che ora le avvocate Giulia Geradini e Samantha Barbaglia che lo difendono intendono contestare in Appello.