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Il modello Milano riscopre a fasi alterne che ci sono anche i poveri: ora li aiuti davvero

Le code chilometriche per il cibo davanti alla onlus Pane quotidiano a Milano tornano a occupare le prime pagine dei giornali e a far indignare i cittadini sui social e alcuni politici. Le foto della gente in fila dovrebbero però far scattare qualcosa in più che la semplice indignazione a fasi alterne: dovrebbero evidenziare le contraddizioni sempre più lampanti in una città che già dopo l’Expo – dedicato, ironia della sorte, proprio al cibo – aveva iniziato a spingere sempre più le persone ai margini. Ebbene sì, nella Milano “modello” ci sono anche i poveri: non è più il tempo di indignarsi, ma di agire per aiutarli.
A cura di Francesco Loiacono
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Le code chilometriche per il cibo davanti alla onlus Pane quotidiano a Milano tornano a occupare le prime pagine dei giornali e a far indignare i cittadini sui social e alcuni politici. Le foto della gente in fila in viale Toscana, con il nuovo avveniristico campus della Bocconi sullo sfondo, dovrebbero però far scattare qualcosa in più che la semplice indignazione a fasi alterne che monta e poi si placa col passare dei giorni fino al nuovo scatto virale, come già avvenuto a dicembre. Quelle immagini dovrebbero evidenziare le contraddizioni sempre più lampanti in una città che già dopo l'Expo – dedicato, ironia della sorte, proprio al cibo – aveva iniziato a spingere sempre più le persone ai margini.

La pandemia ha sicuramente accelerato ed enfatizzato questo processo, che era però già in atto. In una nostra intervista del giugno 2017, il vicepresidente di Pane quotidiano Luigi Rossi spiegava: "Nelle due sedi di viale Toscana e viale Monza assistiamo 3.500-4.000 persone al giorno. Solo 15 anni fa erano molto meno della metà, poco più di un terzo. Expo è finito, ma i nostri assistiti sono ancora lì". Adesso, dalla stessa onlus certificano l'incremento di chi si rivolge all'associazione. E il direttore di Caritas Ambrosiana, Luciano Gualzetti, conferma a Fanpage.it: "Nel 2020 abbiamo ricevuto il 130 per cento in più di richieste di generi alimentari". E la metà delle richiesta di aiuto proveniva proprio da Milano.

Aumenta la gente in coda davanti alle onlus, o davanti alla mense dei poveri, o che si rivolge alla Caritas. In fila ci sono, certo, anche i cosiddetti nuovi poveri del Covid, coloro che si sono trovati in cassa integrazione perché impiegati in alcuni dei settori messi più in ginocchio dal virus. Ma c'è anche chi, pure prima della pandemia, faticava ad arrivare alla fine del mese. Sono coloro che si arrabattavano con lavori saltuari, in nero. Sono i badanti dei nostri anziani, chi fa le pulizie nelle nostre case, i rider che ci portano il cibo a domicilio. Sono l'altra faccia della medaglia del modello Milano, un modello dove chi è ricco continua a prosperare e chi non ha mezzi sufficienti arranca sempre di più, alle prese con affitti esosi e un costo della vita superiore ad altre città italiane.

Basta con l'indignazione a fasi alterne per le foto dei poveri in coda per il pane. "L’indigenza diventa notizia quando il problema si fa pressante", scrivono da Pane quotidiano. Ma non è la lunghezza della coda che deve far riflettere, quanto la presenza di gente in coda. "Non aspettiamo la prossima fila chilometrica, sosteniamo da subito chi ha meno di noi", chiedono dall'associazione. Un appello che è lecito girare anche alle istituzioni cittadine.

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