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Il ministero dell’Interno dovrà pagare pagare 3 milioni di euro per il mancato sgombero del Leoncavallo

Il Viminale sarà costretto a risarcire tre milioni di euro alla società L’Orologio srl del gruppo Cabassi per il mancato sgombero dello storico centro sociale di Milano, occupato da quasi 20 anni. Il caso è finito al centro di un vertice in Prefettura.
A cura di Francesca Del Boca
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La sentenza della Corte d’Appello sul caso Leoncavallo parla chiaro. Il Viminale sarà costretto a risarcire tre milioni di euro alla società L’Orologio srl del gruppo Cabassi per il mancato sgombero dello storico centro sociale di Milano. La clamorosa decisione è arrivata dalla Seconda sezione della Corte d’appello del Tribunale Civile di Milano dopo il ricorso presentato dai proprietari dell’area di via Watteau, quartiere Greco, occupata da quasi 20 anni dagli attivisti del centro sociale.

Il caso, ora, è finito ora al centro di un vertice in Prefettura, convocato d'urgenza dal prefetto Claudio Sgaraglia, per valutare insieme all’Avvocatura dello Stato eventuali contromosse come il ricorso in Cassazione, il tentativo di un accordo tra le parti o l’esecuzione dello sgombero dell'ex cartiera.

Nell'ottobre del 2024 i giudici hanno così certificato un danno per la società proprietaria L’Orologio Srl, quantificato in 3.039.150 euro per il mancato sgombero dello stabile in esecuzione di una sentenza del Tribunale di Milano che già il 18 marzo 2003 aveva condannato l’associazione Mamme Antifasciste del Leoncavallo al "rilascio dell’unità immobiliare". Sentenza poi confermata il 5 novembre 2004, e resa irrevocabile dalla Cassazione il 2 settembre 2010.

Un provvedimento, quello del Tribunale Civile, che arriva dopo una decisione in primo grado favorevole al ministero dell’Interno e alla Presidenza del Consiglio, che aveva visto i giudici non riconoscere l’esistenza di un danno per il patito mancato sgombero dell’ex cartiera (10.130 metri quadrati). In appello, però, la Seconda sezione civile ha riconosciuto le ragioni dei proprietari assistiti dagli avvocati Renato Bocca, Mauro Pisapia, Giulio Ferrari, Giuseppe Lombardi e Camilla Scalvini.

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