Il fratello di Ramy Elgaml, morto dopo un inseguimento con i carabinieri a Milano: “Cerco solo la verità”
Nel cortile dei palazzoni di via Mompiani a Milano c'è una mamma che piange e due ragazze che la consolano. Fuori dal cancello due uomini, un ragazzo e un adulto, le aspettano "per andare all'ospedale". È la famiglia – allargata – di Ramy Elgaml, il 19enne che ha perso la vita all'alba di domenica 24 novembre durante un inseguimento dei carabinieri.
Ramy si trovava a bordo di uno scooter guidato da un amico di 22 anni e sfrecciato via alla vista degli agenti della Radiomobile dei carabinieri, che avevano provato a fermare il mezzo in un posto di blocco in via Farini. Fuga e relativo inseguimento proseguiti fino all'incrocio tra via Ripamonti e via Quaranta, dove il 19enne è stato sbalzato dal motociclo finendo contro il muretto di cinta di un distributore di benzina e morendo poco dopo l'arrivo in ospedale.
Per quanto accaduto domenica notte, due persone sono state iscritte al registro degli indagati con l'accusa di omicidio stradale in concorso: sono il 22enne che guidava lo scooter – indagato anche per resistenza a pubblico ufficiale – e un carabiniere.
A Fanpage.it, il fratello del 19enne ha raccontato:"Prima che andasse con i suoi amici a fare serata, l'ho salutato e gli ho detto: "Mi raccomando, torna che ti aspetto. Non fare tardi perché domani vado al lavoro, ti apro io la porta quando arrivi".
"Mi aveva rassicurato: ‘Tranquillo, un’oretta e tornerò a casa'. È stato il nostro ultimo saluto", ha spiegato ancora. A casa si sono invece presentati gli amici di Ramy, ormai all'alba, mentre il fratello si stava preparando per andare al lavoro: "Mi hanno detto ‘Ramy è in codice rosso, non è più sveglio'. Ho avvisato il mio capo al lavoro e ho mandato con loro mio padre, poi abbiamo saputo che Ramy era morto".
"È morto – continua il fratello del 19enne -, perché Dio ha voluto portarlo via da questa strada, perché non era il suo posto".
Una strada, quella del quartiere Corvetto, periferia sud-est di Milano, che in molti definiscono quanto meno impervia. Tra questi l'assessore del Municipio 4 Giacomo Perego, che si occupa anche di politiche educative: "Molti dei ragazzi che vivono nella zona non hanno mai visto il mare o un film al cinema all'aperto, non sono mai stati in piazza Duomo. Eppure a due passi hanno l'alta velocità".
"La questione – continua Perego – non è legata alla provenienza della famiglia, quanto a un sostrato di problemi economici, sociali e culturali: gestione delle case popolari che rappresentano la parte preponderante delle abitazioni nel quartiere, disoccupazione, abbandono scolastico. Servirebbero più opportunità e risposte, perché tutto questo porta i ragazzi a non pensare alle conseguenze future delle loro azioni nel presente, a dire ‘Non ho voglia di vivere ma neanche di morire‘".
Ramy però è morto, in circostanze che sono ancora tutte da chiarire sia per quanto riguarda il motivo della fuga sia sul piano della responsabilità delle persone coinvolte: "Se ha sbagliato – dice il fratello – avrà preso le sue responsabilità morendo. Non c’è una cosa peggiore che possa succedere".
L'obiettivo della famiglia resta ora la verità: "Io non c'ero e non ho visto niente, spero solo di scoprire dalle indagini, magari attraverso le telecamere installate nella zona, come sono andate le cose".