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Il fondatore dei Dik Dik: “Al provino ci raccomandò il Papa, Battisti era un amico ma non fu generoso con noi”

“Con Giancarlo Sbriziolo non abbiamo mai litigato, abbiamo sempre cercato di capire”: Pietruccio Montalbetti racconta la storia dei Dik Dik e di successi come L’Isola di Wight.
A cura di Paolo Giarrusso
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Nel 1965 è stato il fondatore dei Dik Dik, lo storico gruppo pop, beat, rock italiano, nato dalle precedenti formazioni chiamate Dreamers e poi Squali. Pietruccio Montalbetti si racconta a Fanpage.it.

È vero che il provino per il contratto discografico ci fu grazie alla segnalazione dell'allora Arcivescovo di Milano, Giovanni Battista Montini, futuro Papa Paolo VI?

Certamente. E ti spiego come. Era il periodo dei complessi e volevamo fare anche noi un disco. Dopo le esperienze dei Dreamers e degli Squali, liquidate in poco tempo, abbiamo cominciato a provare delle canzoni nell'oratorio della Chiesa del Rosario, nel nostro quartiere. Spesso andavo nel negozio della Ricordi e chiedevo di farci fare un provino. Intanto, però, avevo scoperto che la Ricordi procurava gli organi a tutte le Chiese della Curia. Mio fratello Cesare, nel frattempo, era stato assunto come aiuto segretario dell'allora Vescovo Montini. Il segretario aveva fatto il seminario con Don Angelo, vice parroco, che ci dava la possibilità, alla sera, di provare. Insomma, con una sorta di azione congiunta, abbiamo fatto un po' di pressione al segretario che si è fatto fare dall'Arcivescovo Montini una lettera in cui si diceva: "Vi raccomando questi ragazzi, perché sono dei buoni parrocchiani".

Sono andato alla Ricordi, sono stato chiamato dai piani alti per fare un primo provino, negli studi di registrazione che erano in un cinema di via dei Cinquecento. È andato tutto bene. Siamo piaciuti. Il direttore artistico mi chiama, mi dice che siamo andati bene, ma che, per essere sicuri, occorreva fare un secondo provino. Sono arrivato puntualissimo anche a questo secondo provino. Tutte le porte del cinema erano aperte. Mentre appoggio tutte le mie chitarre, sento suonare. Al pianoforte c'era un ragazzo. Mi guarda, lo guardo e ti giuro che sento immediatamente nascere una forte simpatia. Ci presentiamo, dico a lui che siamo un complesso e lui mi dice che suona in un'orchestra e che il suo nome è Lucio Battisti. Noi facciamo il provino e tra me e lui si crea subito una sintonia. Mi dà consigli su alcuni accordi di chitarra. Finito il nostro provino andiamo via tutti, ma Lucio, che doveva fare il suo nel pomeriggio, mi dice che è venuto in tram e, visto che io avevo invece la macchina, mi chiede se lo posso accompagnare. Così faccio, dopo avere chiacchierato con lui un po' e avere ascoltato qualche sua canzone. Penso sempre che quell'incontro mi abbia portato fortuna. Di lì a poco, abbiamo firmato il contratto, con il nome che intanto avevo trovato per il nostro complesso: i Dik Dik.

A proposito, il nome è stato trovato per caso su di un dizionario inglese-italiano?

Era un periodo in cui stavo leggendo un libro, Kon-Tiki, che voleva dimostrare che i popoli peruviani, in tempi antichi, con le loro imbarcazioni avevano colonizzato le Isole Figi. Kon-Tiki… Volevo inserire una consonante che non fosse usuale in Italia. Nello stesso anno era entrato in piena attività il vulcano Krakatoa. A un certo punto ho aperto il vocabolario e mi è apparso il nome Dik Dik (un'antilope africana, ndr). Bellissimo, mi sono detto, con questa k che ricorreva nella mia ricerca e questo nome dato ad uno splendido animale. Ci chiameremo i Dik Dik, mi dico. Telefono ai miei compagni di avventura, dico loro che ho trovato il nome del complesso, ma che non glielo svelavo. Creo il logo e, alla riunione per firmare il contratto, faccio uscire tutti, avvocati, dirigenti della Ricordi e i miei compagni della band e attacco, su di una parete, un grande foglio con la scritta Dik Dik e il logo. Al loro rientro, tutti rimangono a bocca aperta. Ricordo ancora una segretaria che disse: "È un nome bellissimo, sarà un enorme successo". E così è stato.

‘Sognando la California', un vostro enorme successo. Mi racconti come è nato questo leggendario brano?

Andavo spesso in Ricordi, perché c'era il nipote di Guido Lignano che riceveva dall'America e dall'Inghilterra i 45 giri. Passavo da lui e ascoltavo le ultime novità. Un giorno mi fa sentire una canzone. "Bella, dico subito, ma fammi sentire l'altro lato". Era ‘California Dreaming' dei Mamas&Papas. Gli ho proprio sottratto il disco, sono andato da Igor Pataccini e gli ho detto: "Maestro, questo pezzo è bellissimo". Lui lo ascolta e subito esclama: "Sarà un successo". Lo spedisce a Mogol che, intanto, aveva preso con sé, me e Lucio Battisti. Mogol fa il testo e così nasce ‘Sognando la California'.

Oltre a ‘Sognando la California' ricordiamo anche ‘Io mi fermo qui', ‘Senza Luce', ‘L'Isola di Wight','Vendo casa', solo per citare alcuni vostri storici successi. C'è qualche brano a cui sei particolarmente affezionato?

‘Vendo casa', per un motivo particolare. Mentre stavamo facendo il mixaggio de ‘Il primo giorno di Primavera', Lucio Battisti non arriva. Telefono a casa, non risponde. Telefono alla Ricordi e mi dicono che Battisti non è più con loro, perché ha fondato la N. 1. Questa cosa mi ha così colpito così amaramente (poteva almeno dirmelo, visto il nostro rapporto di amicizia) che per sei mesi non gli ho più parlato. Lui ha continuato a telefonarmi, ma io niente. Sei mesi dopo, è venuto da me Franco Tardello, che mi dice: "Lucio ha scritto una cosa per te, proprio per te". Allora ci siamo rivisti e ti dico questa metafora. Un'amicizia falsa è come una lastra di ghiaccio: compatta d'inverno. Arriva la primavera e si stacca, per poi non ricongiungersi più. Un'amicizia vera è come un oceano: calmo, turbolento, agitato, molto mosso, ma sempre compatto. Quindi, quando Lucio ha scritto questa canzone, senza dirci niente, abbiamo ripreso i nostri contatti. Ed ho detto tutto.

Per te che cos'è, quindi, l'amicizia. Quella con Lucio Battisti è stata amicizia vera…

Io non ho amici. Per me l'amicizia è una cosa sacra. È una cosa profonda. Sì, Lucio è stato un amico, siamo andati in vacanza, a suonare insieme, abbiamo condiviso tanti pezzi della nostra vita, mia mamma lo adorava. Non è stato, però, generoso nei nostri confronti. Comunque, io gli ho voluto bene. Con gli altri, era bizzarro. Con me no.

Musicista, scalatore, viaggiatore, avventuriero, scrittore. Pietruccio Montalbetti è tutto questo?

Il mio sogno, sin da bambino, è stato quello di esplorare il nostro pianeta. A un certo punto, con gli enormi successi ottenuti e i milioni di dischi venduti, ho detto ai miei compagni: "A gennaio io non ci sono. Dove vado non lo so ancora. Da solo". Spesso la solitudine ti fa sentire libero. Il primo viaggio è stato nello Yucatan, poi sono stato in Guatemala e , successivamente, ho fatto bellissimi viaggi , come quello, stupendo, in Ecuador o quello in Patagonia, dove ho scalato i settemila metri dell'Aconcagua. Inoltre scrivo sempre e ho preso in prestito una frase di Cleant Eastwood: "Alla mattina mi sveglio, faccio colazione, esco e lascio il vecchio a casa". Io divido i vecchi dagli anziani. L'anziano è quella persona che a 64 anni, diciamo, va in pensione, magari va al bar, guarda la televisione, ecc. Il nostro cervello è costituito da 80 miliardi di neuroni e 175 miliardi di sinapsi che, purtroppo, con l'età, si logorano. Il sistema per rallentare questo logoramento, questione genetica a parte, è avere degli interessi, degli obiettivi, ragionare, studiare, scrivere. Io sono un vecchio di 83 anni che ha continui interessi e si pone sempre obiettivi.

Tu e Giancarlo Sbriziolo (Lallo) siete gli storici dei Dik Dik, che ancora sono attivi. Ma a tenere insieme i componenti di una band, seppur tra mille traversìe, se non è l'amicizia, che cos'è?

Ho adottato una frase di Henry-Levy, filosofo francese: "Io non discuto per avere ragione, ma discuto per capire". Noi non abbiamo mai litigato. Abbiamo sempre cercato di capire. Mai nessuno di noi è stato arrogante o prepotente. Tantomeno mai messe le mani addosso. Poi, alla fine, con l'approvazione di tutti, decidevo io…

Canzoni, le vostre, che dopo decine di anni vengono ancora ascoltate, suonate e cantate. C'è un segreto per questo?

Semplice. Le cose belle non hanno tempo. Le cose brutte scompaiono. Il mondo musicale di oggi non mi piace. È brutto. E non è questione d'età. Il brutto c'era anche ai miei tempi ed è scomparso. Ci rendiamo conto, ad esempio, che molti vincitori di Sanremo sono scomparsi? Altri invece sono diventati grandi. Due esempi: il primo è Vasco Rossi. Noi eravamo già famosi e lui suonava in un'orchestra di liscio in Emilia Romagna. E guarda cos'è diventato. E a Sanremo non lo avevano nemmeno considerato. Il secondo esempio è Adelmo Fornaciari, in arte Zucchero, anch'egli ultimo a Sanremo ed ora una rockstar internazionale. Noi non abbiamo mai vinto Sanremo, ma quando abbiamo cantato ‘Io mi fermo qui' è balzato quasi al primo posto in classifica.

Un'ultima domanda. A 83 ann puoi fare un bilancio della tua vita?

È un bilancio molto positivo. Ho una moglie fantaastica. Non ho problemi economici. Non credo in Dio, ma nella mia filosofia ho inserito il dubbio, per cercare di capire. Sto leggendo Socrate, Platone per placare la mia sete di sapere e cercare, sempre, di capire. Mi interesso di tante cose, insomma. Sono curioso. Ogni attimo che vivo è un attimo importante della mia vita che  affronto intensamente e con serenità.

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