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Il depuratore di Sant’Antonino per vent’anni ha inquinato il Varesotto: “Nessuno ha mai pagato”

Per oltre vent’anni il depuratore Sant’Antonino di Lonate Pozzolo, in provincia di Varese, ha inquinato le acque della zona. I gestori che si sono succeduti non hanno mai pagato, nonostante una volta l’impianto sia stato anche sottoposto a sequestro.
A cura di Giorgia Venturini
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Per vent'anni il depuratore di Sant'Antonino a Lonate Pozzolo, in provincia di Varese, non è mai entrato in funzione e ha inquinato parte della provincia di Varese. Nelle acque della zona, sono stati trovati parametri di azoto, fosforo, BOD e COD, batterio di Escherichia coli, solidi sospesi, oltre i limiti consentiti. Da decenni associazioni e cittadini segnalano problemi di schiume e odori nei pressi dell'impianto. Ma nessuno ha mai pagato. I vari gestori che si sono alternati negli anni non hanno mai risolto il problema. Solo ora si intravede un cambio di passo.

Il sequestro dell'impianto da parte della Procura

A denunciare in tutti questi anni la situazione è stata anche Legambiente. L'impianto è entrato in funzione nel 1984 con l'obiettivo di trattare un carico corrispondente a 450mila abitanti: fin da subito però non ha mai ottenuto buone prestazioni. Tanto che nel 2007 è stato sottoposto anche a sequestro preventivo emesso dalla Procura di Busto Arsizio: il dissequestro è arrivato l'anno successivo ma i problemi non sono mai stati risolti. Primo tra tutti quello della gestione delle acque in entrata: la loro portata da tempo non è compatibile con le potenzialità del depuratore. Risultato: l'acqua non veniva correttamente depurata. "Acque che in questo territorio sono sempre state compromesse: perché la zona non è solo altamente antropizzata ma anche industrializzata", ha spiegato a Fanpage.it Lorenzo Baio, vicepresidente di Legambiente Lombardia.

Le acque inquinate

Inquinamento e difficoltà che i cittadini non possono dimenticare: "Tutto è iniziato nel 2002 – ha aggiunto Claudio Spreafico del Coordinamento "Salviamo il Ticino" e residente della zona -. I cittadini che andavano a fare il bagno nei fiumi della zona hanno iniziato a vedere schiume di vario colore e in certi periodi anche un forte odore. L'acqua era scura e torbida a causa di tutti i fanghi. I bambini avevano infiammazioni e problemi di otiti: c'era un problema igienico-sanitario. L'acqua non depurata ha creato un problema alla fauna e flora della zona. Quest'acqua pesantemente inquinata ha distrutto la fauna ittica presente nel canale Marinone". Dal 2004 sono scattate le denunce, l'ultima nel 2011: "Abbiamo segnalato il mancato rispetto dei parametri che riguardano Azoto, fosforo, BOD e COD, batterio di Escherichia coli, solidi sospesi. Tutti parametri oltre i limiti", ha continuato Spreafico.

Tra il 2015 e il 2020 regione Lombardia e lo Stato hanno emesso nuovi fondi pubblici, intorno ai 10 milioni per cercare di ristabilire la riqualificazione di questo impianto. "Purtroppo però nulla è cambiato. Nel 2020 l'impianto presentava ancora le stesse criticità: la non conformità dello scarico all'uscita dell'impianto", ha spiegato Baio. Nel tempo Arpa ha emesso gli illeciti amministrativi, ma non sono mai emesse le sanzioni amministrative. "Quindi nessuno ha mai pagato".

Ma c'è di più: Regione Lombardia tra il 1992 e il 2002 ha realizzato delle vasche di prima pioggia e una vasca volano in via Strada comunale di Arconate a Busto Arsizio con lo scopo di alleviare le portate della acque provenienti dall'area urbanizzata di Busto Arsizio a Gallarate. Lo scopo di queste opere era, in caso di forti precipitazioni, quello di poter stoccare temporaneamente una parte delle acque in entrata, quella più inquinata, in due manufatti di cemento, la vasche di prima pioggia e una quota ancora maggiore, ma meno inquinata, nella vasca volano. Vasche che non sono mai entrate in funziona, anche quando nel 2008 ha stanziato un milione e 500mila euro per la loro riqualificazione. Conclusione: per anni la zona ha dovuto fare i conto con un grave disagio ambientale. Mentre nel passato la situazione di criticità era dettata soprattutto da attività industriali che riservano nei fiumi i loro sottoprodotti di scarto, attualmente risulta sempre più.

Il cambio di passo

Tra il 2015 e il 2020 regione Lombardia e lo Stato hanno dovuto immettere nuovi fondi pubblici, intorno ai 10 milioni per cercare di ristabilire la riqualificazione di questo impianto. "Purtroppo però nel 2020 l'impianto presentava ancora le stesse criticità: la non conformità dello scarico all'uscita dell'impianto", ha spiegato Baio. Con tutti i danni che ci sono stati Arpa ha emesso gli illeciti amministrativi, ma non sono mai emesse le sanzioni amministrative. "Quindi nessuno ha mai pagato". Dopo vent'anni di inefficienza con il nuovo gestore Alfa sembra essere trovate le prime soluzioni al problema: "Abbiamo ereditato la gestione dell'impianto da novembre 2020. Abbiamo trovato una serie di investimenti fatti con denaro pubblico per rendere il depuratore più efficiente quando però alcune parti non erano mai state messe in funzione", ha precisato Paolo Mazzucchelli, presidente di Alfa srl. Dopo tanti anni ora Arpa ha ufficializzato per la prima volta la conformità dello scarico dalle acque proveniente dal depuratore di Sant'Anonino. Ora finalmente i parametri stanno rientrando nei limiti e piano piano Lonate Pozzolo ha il suo depuratore in piena attività.

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