Il Consiglio regionale lombardo chiede le dimissioni del filo-putiniano Savoini: centrodestra spaccato
L'invasione russa in Ucraina e la sanguinosa guerra che va avanti da ormai oltre un mese hanno inevitabilmente ridefinito i posizionamenti e le alleanze a livello internazionale di quei partiti politici italiani prima molto vicini a Vladimir Putin, e adesso costretti a rapidi dietrofront di fronte all'evidenza della vera natura del presidente russo. Tra questi c'è anche la Lega di Matteo Salvini, che nel 2015 si presentò a Strasburgo indossando una maglietta con la faccia di Putin e pronunciò un'espressione che adesso tanti gli rinfacciano: "Cedo due Mattarella in cambio di mezzo Putin".
La mozione per chiedere le dimissioni a Savoini è passata anche coi voti della maggioranza
Tra gli esponenti leghisti più vicini al presidente russo c'è Gianluca Savoini, imprenditore e giornalista che ricopre il ruolo di vice presidente del Corecom, organismo indipendente regionale che ha il compito di garantire il rispetto delle norme in materia di comunicazione e vigilare sulla libertà di informazione. Un ruolo adesso messo in discussione: ieri il Consiglio regionale lombardo ha infatti approvato (con 34 voti a favore e 32 contro), una mozione proposta dai consiglieri Michele Usuelli (+ Europa- Radicali), Fabio Pizzul (Pd), Niccolò Carretta (Azione) ed Elisabetta Strada (Lombardi civici ed europeisti) che chiede, tra le altre cose, le dimissioni di Savoini dal suo incarico.
Il voto, espresso a scrutinio segreto, ha una valenza anche politica perché ha mostrato una spaccatura all'interno della maggioranza: nonostante infatti i capigruppo di Lega (Roberto Anelli), Forza Italia (Gianluca Comazzi) e Fratelli d'Italia (Franco Lucente) prima del voto avessero definito "strumentale" la parte della mozione incentrata su Savoini, alla fine il testo è passato (lo dice la matematica), grazie a qualche "franco tiratore" presente nella maggioranza di centrodestra. "Un voto che suona un po’ come uno schiaffo a Salvini da parte dell’assemblea della sua stessa Regione", ha sottolineato il capogruppo del Pd Pizzul, che ha poi definito così l'approvazione della mozione: "Un sussulto di dignità, seppure a scrutinio segreto, da parte del Consiglio regionale lombardo".
Usuelli: Voto a favore della libertà di stampa e di espressione
Soddisfatto il consigliere Usuelli, che ha ringraziato "quei colleghi di maggioranza che, tutelati dal voto segreto correttamente richiesto dal collega Carretta, hanno scelto di esprimere un voto a favore della libertà di stampa e di espressione, tutelando innanzitutto la loro libertà di voto da eletti. Il Consiglio regionale della Lombardia – ha proseguito Usuelli – non ritiene opportuno che al vertice dell’organismo deputato a garantire la correttezza dell’informazione in Lombardia, sieda un ammiratore incondizionato del regime di Putin, estensore di leggi sempre più repressive nei confronti della libertà di stampa, come l’ultima approvata il 4 marzo scorso dalla Duma che condanna con fino a 15 anni di carcere i giornalisti che fanno luce sull’operazione militare in Ucraina". Il consigliere di + Europa ha poi ribattuto così a chi ha accusato la mozione di "giustizialismo": "Il testo non contiene alcun riferimento a inchieste giudiziarie o ipotesi di colpevolezza; Savoini è semplicemente, per le posizioni che da sempre esprime, l’uomo sbagliato nel posto sbagliato. Gli auguriamo di poter sempre continuare liberamente ad esprimere le sue convinzioni, ma non da vicepresidente del Corecom".
La mozione chiede anche di aiutare i giornalisti russi che hanno subito pressioni dal Cremlino
Già nel 2019, quando Savoini era finito al centro delle cronache per la cosiddetta "Moscopoli", inchiesta dapprima giornalistica e poi giudiziaria su un presunto finanziamento illecito della Lega attraverso aziende russe, l'opposizione al Pirellone ne aveva chiesto le dimissioni dal Corecom. Oltre a sollevare dal suo incarico l'imprenditore filo-putiniano, la mozione approvata ieri impegna la giunta Fontana a sostenere, presso le istituzioni europee, la necessità di accogliere le richieste contenute nell’appello promosso dalla giornalista Sophia Kornienko per tutelare la sicurezza dei reporter indipendenti russi in fuga dal Paese e di valutare la possibilità di istituire borse di studio straordinarie riservate ai giornalisti in fuga che hanno subito pressioni da parte del governo russo a causa del loro lavoro.