Il carabiniere che ha detto di non riconoscere Mattarella: “È il mio simbolo, chiedo scusa”
Ha chiesto scusa il carabiniere che durante la manifestazione pro Palestina del 27 gennaio a Milano ha detto di non riconoscere Mattarella come suo presidente. "Il presidente della Repubblica è il mio simbolo", ha dichiarato il 54enne, "mi sono ritrovato a dire una frase stupida e non pensata veramente, sono mortificato".
Le parole del carabiniere durante la manifestazione del 27 gennaio
Il carabiniere maresciallo capo si trovava lo scorso sabato nel cordone intervenuto in assetto antisommossa per bloccare il corteo non autorizzato di circa mille persone che stava camminando lungo via Padova. Una manifestante, la 93enne Franca Caffa, era in prima fila e gli ha chiesto se ricordava le parole che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella aveva pronunciato nel suo discorso in occasione del Giorno della Memoria: "Mai più uno Stato razzista".
A quel punto, l'uomo in divisa ha replicato: "Con tutto il rispetto signora, Mattarella non è il mio presidente. Io non l'ho votato, non l'ho scelto io, non lo riconosco". Nei suoi confronti l'Arma ha preso subito provvedimenti, disponendo il suo trasferimento e inviando gli atti alla Procura e all'autorità giudiziaria militare.
"Era una frase stupida e non pensata veramente, sono mortificato"
"La mia priorità era togliere una signora anziana da problemi causati da eventuali cariche", ha detto nelle scorse ore il militare 54enne, "mi sono ritrovato a dire una frase stupida e non pensata veramente, sono mortificato, chiedo scusa". Il carabinieri maresciallo capo ha ricordato: "Dovevamo caricare, avevo pensato di immedesimarmi in quella signora anziana di fronte a me per poi portarla dietro al cordone delle forze dell'ordine e metterla in protezione, visto che la situazione in piazza si stava scaldando".
Come ha spiegato a Fanpage.it il Procuratore Generale militare presso la Corte Suprema di Cassazione Maurizio Block, il carabiniere con quelle frasi potrebbe aver violato l'articolo 79 del Codice penale militare di pace, che prevede l'offesa all'onore e al prestigio del presidente della Repubblica o di chi ne fa le veci. Se la magistratura accerterà la sussistenza del reato, il militare rischia dai cinque ai 15 anni di reclusione.