Il carabiniere Antonio Milia e i disagi psichici: si indaga su chi ha deciso di reintegrarlo
Gli spari per terra in preda alle convulsioni. Manie di persecuzione riversate sui bigliettini contro i colleghi che lasciava sparsi in caserma. Ossessioni, paure, fantasmi. E poi l'odio verso il suo superiore, colpevole più degli altri, a suo avviso, della sua infelicità.
Aveva già dato forti segnali di squilibrio mentale il brigadiere dei Carabinieri Antonio Milia, l'uomo che giovedì sera ha ucciso il suo comandante Doriano Furceri e poi si è asserragliato per ore dentro la caserma di Asso (Como), uscendone solo la mattina seguente dopo una lunghissima trattativa con i negoziatori.
Ricoverato nel reparto di Psichiatria, era stato però giudicato idoneo alla professione da una Commissione che raggruppa esperti sanitari dell’Esercito e dell'Arma, che ne aveva dunque disposto il reintegro a lavoro. Si indaga adesso su quel verdetto, che potrebbe aver condannato a morte il comandante di Asso.
"Mi stava rovinando"
Il carabiniere, ormai da tanto tempo, era preda di ossessioni di vario genere. Tra le tante, anche quella indirizzata verso il comandate Doriano Furceri.
In particolare, dentro la sua mente ormai sempre più chiusa in sé stessa e pronta ad esplodere, lo additava come il responsabile della sua profondissima crisi coniugale. Il brigadiere non andava d’accordo con la moglie e incolpava Furceri di non aiutarlo sul posto di lavoro, complicandogli ancor più un’esistenza già faticosa. "Mi stava rovinando". Sì, perché il comandante non riteneva Milia ancora in grado di lavorare. E ancora, di conseguenza, non aveva disposto il pieno reintegro del militare.
L'omicidio dentro la caserma di Asso
Un sentimento di livore e rabbia che è montato nel tempo, fino all'epilogo. È la sera di giovedì 27 ottobre, e Antonio Milia si trova all'interno della caserma di Asso con il comandante Furceri. Tra queste mura spara tre colpi al militare: l'ultima alla nuca, mentre fuggiva. Una vera e propria esecuzione.
Poi si barrica dentro la struttura per ore e ore. Non raggiunge la famiglia, chiusa in casa per il terrore. Non contatta nessuno, non fa niente. Si consegna alle forze dell'ordine solo la mattina, quando decide finalmente di uscire.