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Il candidato sindaco Gianluigi Paragone: “Sala ha venduto l’anima popolare di Milano alla finanza”

“Il modello di Sala non mi piace. Oggi Milano non è una città internazionale: è una metropoli globalizzata e quindi priva di anima”. Pensa a una città diversa Gianluigi Paragone, il candidato sindaco “outsider” alle prossime elezioni comunali a Milano. Dallo stadio di San Siro alla mobilità, dalla sicurezza alle Ztl, a Fanpage.it il senatore di Italexit spiega i motivi della sua candidatura.
A cura di Francesco Loiacono
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Tra il sindaco uscente di Milano Beppe Sala e il candidato del centrodestra (che al momento, 1 luglio, non è ancora stato ufficializzato) è spuntato un outsider: Gianluigi Paragone. Il giornalista e senatore, ex Cinque stelle adesso passato al Gruppo misto, ha annunciato la propria candidatura alle prossime elezioni comunali, che si terranno a ottobre. Fanpage.it ha intervistato il fondatore di Italexit per chiedergli la genesi della sua candidatura.

Senatore Paragone, perché la candidatura?

Perché il modello di Sala è un modello che non mi piace, un modello in cui l'anima anche popolare di questa città viene meno e viene ceduto a un modello che è fatto di fondi finanziari, di grande finanza, di multinazionali. Il venir meno di quest'anima popolare mi ferisce.

Perché una città che viene definita la più internazionale ed europea d'Italia dovrebbe affidarsi a chi vuole uscire dall'Europa e dall'euro. 

Va detto che non portiamo a Milano il progetto politico, ma la visione politica che sta dentro il progetto di Italexit. E poi Milano era una città internazionale già agli inizi del ‘900: nel 1906 ci fu la Grande esposizione universale. Lucio Dalla in una canzone del 1979 diceva già che Milano aveva la testa in Europa: ti poneva la domanda in tedesco e ti rispondeva in siciliano. Quindi questa dimensione internazionale, europea, Milano l'ha sempre avuta con le proprie aziende, anche con le proprie banche, che però stavano ancorate all'economia reale. Oggi non è una città internazionale: è una metropoli globalizzata e quindi priva di anima.

Lei sostiene: "meno finanza". Nella città di Piazza Affari sembra quasi blasfemo.  

Piazza Affari come tutte le logiche finanziarie non ha una targa: sta dentro la globalizzazione finanziaria che è liquida per definizione. La City londinese non è di Londra o della Gran Bretagna, è del mondo perché il capitale liquido, la finanza liquida non hanno una targa, una sede.

Parliamo di alcuni dei "dossier" aperti in città: partiamo dal nuovo stadio di San Siro.

San Siro non si tocca come non si tocca la Scala. È un'icona di Milano, e quindi se Milan o Inter attraverso le nuove proprietà hanno voglia di costruirsi uno stadio lo possono fare senza l'amministrazione comunale, per quel che mi riguarda.

C'è poi il tema della mobilità, legato a quello della sostenibilità.

Ma siamo sicuri che siano sfide "green" mettere questa specie di piste ciclabili molto pericolose, o la mobilità green fatta attraverso i monopattini che sono la cosa più inquinante del mondo attraverso il loro processo produttivo? I monopattini non si possono ricaricare: una volta che la batteria al litio è morta prendi il monopattino, lo spezzetti e lo devi consumare nel processo di smaltimento. Sono oggetti made in China molto inquinanti, cosa ci sia di trasporto green nel monopattino non lo so.

Ma lei allora come la risolverebbe lei la sfida della mobilità?

La sfida della mobilità passa attraverso un grande potenziamento di una rete urbana. Sto vedendo bei manifesti dell'Atm: la grandezza dell'Atm è stata fatta dal suo personale, che negli ultimi anni è stato sacrificato e mortificato. La mobilità è un fattore importante: non c'è grande metropoli senza una rete del trasporto pubblico locale efficiente, puntuale, pulita e sicura. Poi la combinazione, dal car sharing all'ingresso delle auto è un qualcosa che riguarda la grande sfida di un sindaco e su questo siamo strutturati. L'importante è che non si dica che tutte le volte che devi entrare a Milano devi lasciarci la carta di credito.

Rispetto alle Ztl, Area B e Area C: secondo lei sono utili, vanno mantenute?

Facciamo una considerazione: la Milano che ci si presenta nei prossimi mesi è una Milano ferita, dove non possiamo caricare ulteriori costi che sono delle mini tasse. Quindi laddove fosse possibile eliminare ogni gabella sarebbe l'ideale.

Parliamo di sicurezza: tra le "priorità per Milano" elencate sul suo sito lei dice che "troppe aree della città sono abbandonate a sé stesse e lasciate in balia delle bande criminali" e dice che il problema "si è aggravato negli ultimi vent’anni nella città che più ha subito i danni della globalizzazione, anche a causa del fallimento delle politiche d’integrazione". A quali aree si riferisce e come pensa di affrontare il problema? 

Nel momento in cui anche nelle centralissime zone le gang riescono a sfidare le forze dell'ordine mi sembra che non ci sia più una mappatura per cui una zona è più tranquilla dell'altra. Ci sono zone in cui queste gang sono più organizzate e strutturate: hanno addirittura i meccanismi degli alloggi popolari, riescono a sfilare a persone anziane, a coppie di anziani le proprie abitazioni e poi nessuno è in grado di riportarle all'inquilino di prima. È un po' difficile riuscire a capire quale zona di Milano sia più sicura di altre. Mi sembra che la logica che sta dietro la visione di Sala è che tu ti possa sentire sicuro a Milano se hai una guardia di sicurezza privata, se hai una vigilanza privata, però hanno un costo: non è questa l'idea di Milano che ho in testa. Quando io parlo di sicurezza non ho paura a declinarla nella maniera anche più rigorosa possibile: non ho paura di una polizia locale che abbia i taser e che abbia l'impiego di forza pubblica. Come sindaco mi porrei a capo di una polizia locale a cui verrebbe dato l'ordine di essere sicurezza in città. Perché la sicurezza e quindi le forze dell'ordine, è ciò che attiene alla sfera della cosa pubblica: meglio dare una potenzialità in più alle forze dell'ordine che lasciare che il privato possa farsi vendetta da sé o possa consumarsi una sicurezza fatta in casa.

Lei si presenta come outsider e dice che la sua proposta "va oltre la destra e la sinistra". Ma se l'estrema destra dovesse manifestare il suo appoggio alla sua candidatura sarebbe un problema per lei?

La proposta che portiamo è una proposta politica molto strutturata: non ho bisogno di particolari alleanze. Meglio soli che male accompagnati.

Qual è il suo giudizio su Sala? Come ha amministrato Milano durante la pandemia? I milanesi lo rivoteranno?

Diciamo che se fossi in un grande gruppo, se appartenessi a un cartello elitario, a un club dei ricchi Sala sarebbe il sindaco perfetto: e infatti sta bene anche al centrodestra. Secondo me il centrodestra non ha voglia di vincere le elezioni e quindi accompagnerà Sala alla vittoria. A meno che i milanesi non abbiano voglia di scommettere su un outsider, ma tale resto. Purtroppo ormai il sodalizio più o meno criptico tra destra e sinistra consegnerà ai milanesi un secondo mandato di Sala. Però noi proveremo a rompere le scatole.

Come mai il centrodestra sta tardando così tanto a trovare il suo candidato?

Perché vuole fare vincere Sala. Se dopo 5 anni non hai maturato una classe dirigente in grado di esprimere un candidato sindaco vuol dire che hai fatto pappa e ciccia con Sala.

Eppure c'è chi dice, polemicamente, che il candidato di centrodestra potrebbe essere lei: parla un linguaggio fatto di sovranismo e populismo che è quello anche di alcuni dei partiti della coalizione, come Lega e Fratelli d'Italia. 

Sì, sono sovranista e populista, ma non per questo faccio parte del cartello delle forze che compongono il centrodestra.

E quindi non li sosterrebbe neanche in caso di eventuale ballottaggio?

No.

Il MoVimento 5 stelle perde pezzi, sia a livello nazionale sia a Milano, dove due consiglieri comunali su tre hanno lasciato i Cinque stelle. Lei è pronto a raccogliere il voto dei delusi milanesi dal M5s?

Questo presuppone l'idea che l'elettorato del M5s abbia bisogno di una guida. L'elettorato 5s era spinto dalla voglia di cambiare le cose, di rompere i cartelli, di rompere un sistema, di cercare uno spazio dentro un mondo che era e purtroppo resta assolutamente ingessato. Il problema è riuscire ad agganciare lo stesso linguaggio. Io non è che voglia propormi come guida: se ci agganceremo nella visione comune e se il M5s avrà, come suo corpo elettorale, voglia di nuove sfide troverà in me una persona molto più coerente di quelli che lo rappresentano a Milano, Buffagni in testa.

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