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Il 39enne che ha travolto due donne al casello voleva lasciare l’Italia: era già stato fermato all’aeroporto

Al momento dell’imbarco, il 39enne era stato fermato da alcuni operatori perché preoccupati per le sue condizioni. Da lì è stato portato all’ospedale di Gallarate, dove è uscito grazie a un cugino. Ripresa la macchina all’aeroporto di Malpensa, si è messo alla guida fino a schiantarsi al casello della Ghisolfa uccidendo Laura Amato e Claudia Turconi.
A cura di Enrico Spaccini
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L'auto del 39enne dopo il tamponamento
L'auto del 39enne dopo il tamponamento

Il 39enne che, nella notte tra il 17 e 18 febbraio ha tamponato, uccidendole, Laura Amato e Cristina Turconi ferme al casello, era in cura in un centro psicosociale da diversi anni. È quanto emerge dalle indagini coordinate dal pm di Milano Paolo Filippini e condotte dalla polizia stradale di Novara. Non solo: prima dell'incidente, avvenuto a 150 chilometri orari, il 39enne si stava imbarcando per un volo diretto in Marocco dall'aeroporto di Malpensa, ma è stato fermato dagli operatori perché preoccupati dalle sue condizioni.

I trascorsi psichiatrici e le cure interrotte da un anno

Gli investigatori stanno raccogliendo diverse informazioni sulla vita del 39enne italo-marocchino. Da circa un anno aveva interrotto le terapie che stava portando avanti da diverso tempo. Pare, anzi, che fosse seguito per problemi psichiatrici sin dalla fine degli anni '90. Come raccontato dalla moglie, che vive con lui a Pontenure in provincia di Piacenza, il pomeriggio di Giovedì 16 febbraio il 39enne ha avuto una "forte crisi di nervi" e così gli ha suggerito di andare in ospedale per farsi prescrivere dei farmaci.

L'uomo si sarebbe diretto all'ospedale di Piacenza, anche se la Ausl ha smentito un suo ricovero recente. Ricompare, poi, il giorno seguente all'aeroporto di Malpensa. Aveva deciso di volare fino in Marocco e pare che avesse con sé il suo passaporto. Alcuni operatori nel momento dell'imbarco si sono accorti di alcuni atteggiamenti strani del 39enne e, viste le sue condizioni, hanno deciso di chiamare un'ambulanza. Il 39enne. è stato portato al secondo ospedale, quello di Gallarate, dove gli hanno dato il braccialetto ritrovato in auto dopo lo schianto.

Il recupero della macchina e lo schianto

Da là è uscito dopo aver chiamato un suo cugino, il quale lo ha accompagnato a riprendere l'auto che aveva lasciato al parcheggio dell'aeroporto di Malpensa. Una volta lì, il cugino gli ha consigliato di raggiungerlo a casa sua a Milano e di passare la notte là. Secondo quanto ricostruito da questo momento in poi, il 39enne, che aveva detto di essere stanco, si sarebbe fermato a dormire in una piazzola di sosta per poi riprendere il volante in mano e guidare fino allo schianto al casello della Ghisolfa.

Ora quello che rimane da capire è se le benzodiazepine trovate nel suo sangue le ha assunte durante il ricovero a Gallarate. Al momento è ricoverato in Psichiatria all'ospedale San Carlo di Milano ed è indagato per omicidio stradale plurimo. Verranno svolte, poi, anche delle verifiche sulla validità della patente, visto i precedenti psichiatrici.

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