Decine di camion che nel buio della notte lasciano il cimitero di Bergamo per dirigersi fuori città, sono camion militari dell'Esercito Italiano e formano una carovana che a vedersi terrorizza tanto da lasciarti impietrito. A bordo, qualcuno lo sa già mentre qualcun altro lo scoprirà solo più tardi, ci sono le vittime del coronavirus che in quei giorni sta mettendo in ginocchio l'Italia e che non hanno trovato spazio nel cimitero della città: nonni, zie, mamme, papà e anche figli, alcuni giovani.
Per un attimo abbiamo temuto di non farcela
È il 18 marzo e quel giorno rimarrà per sempre impresso nella memoria di chi l'ha vissuto da vicino e di chi l'ha raccontato, anche da lontano, ma rimarrà nella storia di un intero paese che per la prima volta dopo anni si è sentito inerme dinanzi a qualcosa che ha avuto paura di non poter gestire. Quella sera di marzo quando a Bergamo la primavera fa ancora fatica a trovare spazio qualcosa è cambiato nella memoria storica di noi italiani: per un attimo abbiamo temuto di non farcela e abbiamo vissuto il dolore della perdita non solo dei nostri cari ma anche della speranza. E anche chi la guerra, quella delle armi e delle bombe, l'ha vissuta in un tempo non troppo lontano ha avuto paura di questa guerra silenziosa che si combatte negli ospedali e di un nemico invisibile di cui tuttora conosciamo solo un nome.
Per questo e per tanti altri motivi si è deciso di istituire un giorno della memoria, che non serva a dimenticare le migliaia di persone morte a causa del Covid-19 (in Lombardia ad oggi se ne contano più di 16.800): sarà proprio il 18 marzo la Giornata in memoria delle vittime del coronavirus. Ogni anno, quel giorno, riguarderemo queste immagini e ci sentiremo di nuovo indifesi, qualcuno si commuoverà e ricorderà i giorni della conta dei morti che ha cambiato per sempre un intero Paese. E intanto avremo avuto delle risposte su se e come avremmo potuto evitare tutto questo, su chi non si è mosso in tempo e chi lo ha fatto male, su chi ha preso le decisioni giuste e chi quelle sbagliate. E queste risposte arriveranno forse a chi ha perso più di una persona cara alla quale non ha potuto nemmeno dire addio.
Il 18 marzo ricorderemo che aspettiamo delle risposte
Lo scorso 23 giugno in una commovente cerimonia svoltasi nel centro sportivo del piccolo comune di Nembro, uno tra i più colpiti dalla pandemia, lì nella Val Seriana dove c'è stato uno dei focolai più importanti d'Italia, sono state commemorate le vittime del Coronavirus: e così una campana ha suonato 188 rintocchi come il numero dei morti che il piccolo comune in provincia di Bergamo ha dovuto registrare a causa della pandemia. Un silenzio che ha ricordato quello del 18 marzo, di chi si sente perso e non sa darsi una spiegazione. Qualcuno ogni anno ricorderà che ci meritiamo delle risposte, perchè la memoria serve anche a questo.