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I trapper arrestati per aver aggredito un operaio nigeriano: “Abbiamo paura di una vendetta in carcere”

Dopo l’aggressione a Carnate “con evidenti fini intimidatori e moventi razziali”, secondo il gip, Jordan Jeffrey Baby e Traffik temono ritorsioni in cella: la metà dei detenuti del carcere di Monza infatti è di origine straniera.
A cura di Francesca Del Boca
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Jordan Jeffrey Baby e Traffik
Jordan Jeffrey Baby e Traffik (Facebook)

Parlano dal carcere di Monza Jordan Jeffrey Baby, ovvero Jordan Tinti, e Traffik, al secolo Gianmarco Fagà, i due trapper arrestati per aver aggredito un operaio nigeriano che tornava dal lavoro alla stazione di Carnate (Monza Brianza): prima l'hanno inseguito brandendo un coltello, e poi l'hanno derubato dello zaino e della bicicletta.

"Abbiamo soltanto litigato perché ci ha offesi per i nostri tatuaggi, non abbiamo detto "ti ammazziamo perché sei nero". Adesso temiamo una vendetta da parte degli altri detenuti".

La vendetta in carcere

Per il momento i due si trovano insieme, in un'area protetta. Ma il rischio che presto finiscano in celle condivise è concreto, come è concreta la possibilità di incappare in un compagno di origine straniera: lo è circa la metà dei detenuti della casa circondariale di Monza. Ed è altrettanto concreta la possibilità che quest'ultimo possa e voglia vendicarsi dell'attacco a sfondo razziale, dietro le sbarre.

"Il compiacimento delle gesta violente"

I due avrebbero anche sostenuto, attraverso il loro avvocato Biagio Ruffo, di portare i coltelli unicamente per difesa personale. A parlare saranno i video, quello postato dai trapper su Instagram, e le immagini immortalate dall'operaio aggredito.

Intanto il gip, nel convalidare il fermo per rapina aggravata dall’uso del coltello e dalla discriminazione razziale dei due trapper, ha sottolineato "il compiacimento delle loro gesta violente, con evidenti fini intimidatori e moventi razziali, come reso evidente anche dalla circostanza che hanno filmato e successivamente postato".

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