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I tanti misteri sulla morte di Mauro Pamiro: le contraddizioni della moglie e le lacune nelle indagini

Omicidio o suicidio? Il giudice per le indagini preliminari ha disposto ulteriori indagini sulla morte di Mauro Pamiro, professore di Crema trovato cadavere la mattina del 29 giugno 2020. Analizziamo tutti i punti oscuri della vicenda.
A cura di Anna Vagli
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Il professore Mauro Pamiro morto trovato morto lo scorso giugno in un cantiere
Il professore Mauro Pamiro morto trovato morto lo scorso giugno in un cantiere

Lo scorso 10 gennaio il giudice per le indagini preliminari ha rigettato la richiesta di archiviazione dell'inchiesta sulla morte di Mauro Pamiro, il professore di Crema trovato cadavere la mattina del 29 giugno 2020 in un cantiere poco distante dalla sua abitazione. A convincere il magistrato a disporre nuove indagini hanno contribuito tutte le contraddizioni della moglie Deborah Stella che, nell’immediatezza del ritrovamento, aveva confessato il delitto e poi ritrattato le dichiarazioni. Dunque, nuovi accertamenti tecnici sono stati disposti per far luce sulla tragica fine del professore: dall’acquisizione dei tabulati telefonici passando per gli esami di matrice genetica fino alla ricostruzione della dinamica della caduta. Da questo punto di vista potrebbe però essere utile anche il ricorso all’autopsia psicologica per ricostruire gli ultimi mesi di vita di Mauro.

Cos’è l’autopsia psicologica e cosa potrebbe dirci sulla morte di Mauro Pamiro

L’autopsia psicologica consente di effettuare una ricostruzione biografica della vittima attraverso la raccolta delle testimonianze che riguardano la sua storia clinica, affettiva e relazionale nonché gli accadimenti immediatamente antecedenti al decesso. Di conseguenza, essa è strumentale non solo per la ricostruzione del profilo psicologico della persona che ha perso la vita, ma analogamente per stabilire se le relative componenti caratteriali abbiano avuto un qualche ruolo nella sua morte. L’autopsia psicologica si fonda su informazioni che vengono raccolte tramite interviste a parenti, amici, colleghi e tutte le persone che, a qualsiasi titolo, abbiano interagito con la vittima. Questa raccolta di informazioni, ovviamente, verrà poi comparata con i documenti riguardanti la storia clinica del soggetto. Tuttavia, dal momento che i dati e le informazioni provengono inevitabilmente da fonti diverse, potranno emergere tra i dati in parola una serie di incongruenze. Quindi sarà anche necessario verificare in maniera certosina l’attendibilità dei soggetti che le elargiscono. Spetterà poi al professionista nominato – criminologo, psicologo o psichiatra – inferire attraverso l’esperienza clinica le circostanze psicologiche o contestuali che possano aver giocato un ruolo nella morte della vittima.

Cosa sappiamo dei mesi antecedenti alla morte del professore?

Mauro Pamiro aveva appena inciso il suo primo singolo da solista, realizzando il sogno di una vita, era stato scelto per fare uno scambio culturale per mezzo dell’istituto comprensivo nel quale insegnava e, per queste ragioni – secondo la testimonianza del padre – , stava attraversando un buon momento sia professionale che relazionale. Non avrebbe avuto alcun motivo per togliersi la vita.

 La confessione della moglie Deborah

Nel motivare le nuove indagini, il gip ha chiesto di far leva sulle incongruenze del caso anche in considerazione della confessione resa e poi ritrattata dalla moglie di Mauro Pamiro. La donna, a poche ore di distanza dal rinvenimento del cadavere in un cantiere edile, aveva dichiarato: "L’ho ucciso con una legnata in testa dopo che era uscito sbattendo la porta e dicendo che non l’avrei rivisto mai più". In aggiunta, aveva affermato di essersi fatta aiutare da due suoi amici a ripulire il sangue presente sulla scena del crimine. La sua testimonianza, però, nell’immediatezza era stata considerata inattendibile. Difatti, dopo quelle dichiarazioni, ritrattate in un secondo momento, Deborah Stella era stata ricoverata in un ospedale psichiatrico per essere sottoposta a un trattamento sanitario obbligatorio.  Non si è neppure mai indagato sugli eventuali due complici.

Il trattamento sanitario obbligatorio

Dopo la confessione la moglie di Mauro Pamiro è stata ricoverata nel reparto di Psichiatria per essere sottoposta ad un trattamento sanitario obbligatorio. Ora, l’ordinanza di Tso può essere emanata solo alla ricorrenza contestuale di tre condizioni: necessità ed urgenza non differibile, rifiuto del trattamento sanitario da parte del soggetto e impossibilità di adottare tempestivamente misure extra-ospedaliere. Ciò significa, in termini concreti, che la donna versava in uno stato psichico altamente precario. Sul punto, infatti, dirimente sarà sicuramente la lettura della cartella clinica. Soltanto in essa, difatti, possono essere contenute le ragioni che hanno indotto l’applicazione di un simile trattamento sanitario. Da tale angolo di visuale, infatti, il ricovero potrebbe, laddove venisse riconosciuta come l’artefice del delitto, portare al riconoscimento dell’incapacità di intendere e di volere.

Le telecamere di sorveglianza

Le telecamere di video sorveglianza hanno ripreso Mauro Pamiro alle due di notte allontanarsi scalzo dalla propria abitazione. In quella circostanza l’uomo non si sarebbe incamminato però nella direzione del cantiere, ma altrove. Inizialmente, difatti, si era prospettata l’eventualità che la caduta potesse essersi verificata da una costruzione limitrofa, più elevata e quindi maggiormente conciliabile con la posizione del ritrovamento. Inoltre, una manciata di minuti dopo il suo passaggio, le stesse telecamere hanno ripreso una automobile compatibile con la Citroen C3 marrone di proprietà di Deborah e con due persone a bordo. Questo fermo immagine sarebbe altresì avvalorato da quanto raccontato dai vicini di casa della coppia che avrebbero visto allontanarsi la macchina della moglie di Mauro. 

Il cambio di versione della moglie

Quando è stata sentita sul punto, dopo aver smentito la confessione, Deborah ha affermato di non essere in alcun modo uscita quella notte. Al contrario, la mattina dopo la sua scomparsa – nonostante avesse rinvenuto gli effetti personali di Mauro nell’abitazione – ha raccontato di aver creduto che il marito si fosse recato al mare dalla madre. Poi sarebbe recata al cimitero indossando i sandali del marito. Il cui corpo, per coincidenza o forse per altro, è stato rinvenuto a piedi nudi. La donna ha effettuato la denuncia soltanto 36 ore dopo la scomparsa.

La caduta e i piedi scalzi

Stando alla ricostruzione effettuata dalla Procura, per gettarsi nel vuoto, Pamiro avrebbe dovuto arrampicarsi sul tetto attraverso la grata, non essendo la scala ancora stata costruita, prendere la rincorsa e scavalcare una rete metallica. Le lesioni sul corpo, però, non sarebbero compatibili con quel tipo di caduta. Ed anche su questo punto sono stati disposti nuovi accertamenti.

C’è un altro dettaglio fondamentale. Stando alle riprese delle telecamere di sorveglianza, come detto, il professore sarebbe uscito scalzo. Da tale angolo di visuale, i suoi piedi sarebbero risultati, oltre che privi di tagli, anche puliti. Una circostanza che stride considerando tutto quel che di solito residua nei cantieri edili, ove sempre abbondano – oltre alla calce – anche il cemento, la sabbia, le polveri, gli elementi ferrosi, la terra ed il cartongesso.

Le scale e il foro nella testa 

Quando si costruisce un edificio, le scale, seppur non ci sia una regola precisa in proposito, tendenzialmente sono le ultime ad essere fabbricate. Ebbene, quando il professore è morto, queste ultime ancora non erano state costruite. Dunque, in questo senso, l’unica ipotesi prospettabile è che si sia arrampicato sulla grata per raggiungere il tetto e poi gettarsi nel vuoto. È difficile credere, però, che un uomo affetto da distrofia muscolare possa essersi cimentato in quel tipo di arrampicata. Inoltre, in sede di autopsia, era stato riscontrato un foro nel centro della testa. Una lesione che, seppur non rivelatasi mortale, potrebbe essere decisiva per ricostruire gli accadimenti se debitamente presa in considerazione.

Le lacune nelle indagini

Gli agenti della polizia giudiziaria di Crema avevano chiesto, all’epoca dei fatti, alla Procura l’acquisizione delle intercettazioni e dei tabulati telefonici. Ma l’organo requirente aveva respinto la richiesta stessa. Ora le cose sono destinate a cambiare. Nello specifico, il magistrato ha chiesto di analizzare la tegola rinvenuta nei pressi del corpo, le impronte digitali e l’analisi del Dna per rivenire eventualmente sul cadavere tracce genetiche riconducibili a soggetti diversi da Mauro. Oltre, ovviamente, ad effettuare una nuova analisi delle ferite presenti sul corpo e un esame delle tracce sospette rilevate sulla maglietta da lui indossata.

Il luminol potrebbe non servire più

Il gip, nel disporre la proroga delle indagini, ha disposto la ricerca di tracce di sangue latenti nell’abitazione e sull’automobile nella disponibilità della famiglia di Mauro Pamiro. Difatti, la difesa aveva già fatto domanda di analizzare alcune tracce rinvenute nella casa di proprietà dei coniugi, ma anche tale istanza era stata respinta. A onor del vero, trascorsi ormai quasi due anni, sarà difficile che l’utilizzo del luminol possa restituire risultati utili sul punto.

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Dottoressa Anna Vagli, giurista, criminologa forense, giornalista- pubblicista, esperta in psicologia investigativa, sopralluogo tecnico sulla scena del crimine e criminal profiling. Certificata come esperta in neuroscienze applicate presso l’Harvard University. Direttore scientifico master in criminologia in partnership con Studio Cataldi e Formazione Giuridica
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