I poveri a Milano sono lavoratori, donne o famiglie con figli: la denuncia della Caritas
So aumentate le persone che chiedono aiuto ai centri della Caritas di Milano. A confermarlo è l'ultimo rapporto basato sui report elaborati dai 137 centri di ascolto e da tre servizi diocesani: "L'impoverimento generale – attestato dal dato relativo ai problemi economici, che nel 2022 ha raggiunto il valore più alto da quando Caritas Ambrosiana pubblica il suo rapporto sulle povertà, l'aumento di immigrati tra le persone che chiedono aiuto, l'incremento della componente femminile, la conferma e anzi l'ampliamento della presenza tra chi non ce la fa, di persone che lavorano, le difficoltà delle famiglie con figli minori: sono tutte spie di un disagio diffuso, reso più grave dalla pandemia soprattutto tra chi viveva già in condizioni di vulnerabilità".
Aumentano le donne che chiedono aiuto ai centri Caritas
Nel 2022 i centri di Caritas hanno incontrato 14.169 persone: è il 5,1 per cento in più rispetto al 2021. Si tratta soprattutto di donne che, rispetto al 2021, sono aumentate del 14,5 per cento. Il 66,8 per cento di loro non ha la cittadinanza italiana. Guardando al dato generale, è possibile notare che le richieste arrivano sopratutto da chi ha tra i 35 e i 54 anni: diminuiscono invece gli anziani e i giovanissimi tra i 15 e i 24 anni. Nel 2022 inoltre si è registrata un'inversione di tendenza rispetto agli ultimi due anni: l'88,5 per cento di chi si rivolge ai centri di ascolto ha un permesso di soggiorno.
Aumentano le richieste tra chi ha un diploma o una laurea
Per quanto riguarda il livello di istruzione, nel 2022 il 58,3 per cento di chi si è rivolto a Caritas non ha un titolo di studio superiore: un numero inferiore a quello del 2021. Aumentano invece le persone che hanno una qualifica professionale, un diploma o una laurea: si parla di un incremento dell'11,5 per cento. Le persone laureate sono il 20 per cento contro il 17,4 per cento del 2021: "In valori assoluti – si legge nel report – rappresentano la categoria che ha fatto registrare l'incremento maggiore (+27,7 per cento)".
"Analizzando il dato per condizione di cittadinanza emerge che l’incremento di persone laureate ha riguardato gli extracomunitari in possesso di regolare permesso di soggiorno (+183 laureati rispetto al 2021): le persone giunte dall’Ucraina hanno un livello di preparazione mediamente più alto rispetto a quello che si registra all’interno del campione; persone che non sono scappate dal loro Paese per questioni economiche, ma per mettersi in salvo da situazioni di conflitto che ne compromettevano l’incolumità". Sono in aumento anche le persone con un diploma (+7,3 per cento) e con una qualifica professionale (+9,9 per cento).
A chiedere aiuto sono sopratutto i disoccupati da più di un anno
Passiamo poi alla condizione professionale. Tra i soggetti che si sono rivolti ai centri di ascolto, ci sono soprattutto disoccupati da più di un anno. Già l'anno scorso era stato mostrato come è diminuito il numero di richieste da parte di chi non ha un lavoro da meno di dodici mesi: "Mentre in passato prevalevano le persone senza un’occupazione da meno di 1 anno, da qualche anno il rapporto si è invertito ed è diventata maggioritaria la presenza di persone disoccupate da lungo periodo". Questo perché, in molti casi, è passato così tanto tempo che la possibilità per questi soggetti di reinserirsi nel mondo del lavoro è diventata sempre più remota.
Non mancano però le richieste da parte di chi ha un lavoro. Le persone che hanno un'occupazione part-time sono passate dall'8,8 per cento nel 2016 al 13,3 per cento del 2022. Sono aumentati anche gli occupati full-time che sono passati da 5,7 per cento al 9,9 per cento: "Mentre tra gli uomini prevalgono gli occupati full-time, tra le donne incidono di più gli occupati part-time: l’orario di lavoro ridotto corrisponde a retribuzioni più basse, soprattutto all’interno di un campione come quello indagato, in cui le professioni più frequenti sono lavori domestici (25 per cento) e assistenza agli anziani (23 per cento), già di per sé scarsamente retribuite".
Quali sono i bisogni principali da soddisfare
Dal report è emerso che anche nel 2022 i bisogni principali sono il reddito, l'occupazione e le problematiche abitative. Attualmente la criticità più sentita è quella relativa alla povertà economica. Solo dopo ci sono i problemi lavorativi. Nel 2022, infatti, la povertà economica ha raggiunto il valore più alto. Negli ultimi anni chi si rivolge ai centri di ascolto ha già un lavoro, ma non hanno un'occupazione con una remunerazione che consente a loro e alle famiglie di poter vivere in maniera dignitosa. Il 77,5 per cento delle persone occupate ha un problema di reddito. Tra questi, in particolare, ci sono coloro che hanno una occupazione part-time che rappresenta l'80,6 per cento.
Le difficoltà maggiore riguardano soprattutto le spese ordinarie: il loro reddito infatti non li aiuta ad affrontare in autonomia le spese quotidiane. Seppur in maniera più bassa, anche chi ha un'occupazione a tempo pieno ha problemi di reddito: tre persone su quattro hanno gravi difficoltà economiche legate soprattutto alle spese ordinarie. Le donne denunciano problemi più gravi legati al reddito, gli uomini legate all'occupazione e all'abitazione. C'è poi un'ulteriore differenza tra chi ha la cittadinanza e chi no: nel caso di donne con cittadinanza italiana il problema maggiore è dato sempre dal reddito. Nel secondo caso dall'occupazione. Le problematiche lavorative, infatti, incidono maggiormente su chi non ha un permesso di soggiorno.
Per questa categoria poi ci sono tutta una serie di difficoltà legate all'assenza di diritti collegate alla condizione di irregolarità: sono infatti più esposti ai bisogni abitativi. Le problematiche economiche ovviamente incidono maggiormente sulla classi più giovani.
Chiesti soprattutto aiuti alimentari
Chi si rivolge ai centri di ascolto, chiede maggiormente prodotti alimentari: il dato è inferiore al 2021, ma è superiore del 20,1 per cento rispetto al 2019. Sono invece in forte calo i sussidi per il pagamento di bollette e tasse: il dato stupisce considerato che, a causa del conflitto in Ucraina, ci si aspettava un incremento di questa voce.
Per quanto riguarda le richieste di lavoro a tempo pieno, è stato fatto notare come ci sia stato un calo del 4,4 per cento: "Si confermano sia la maggiore difficoltà dei centri Caritas ad orientare le persone su un mercato del lavoro in crisi già da molti anni, sia la maggior facilità con cui le persone possono avere aiuti materiali immediati e indicazioni sulle diverse forme di sostegno al reddito proliferate in questi ultimi anni a tutti i livelli (comunale, regionale e nazionale). Inoltre, il dato è coerente con l’andamento relativo alla presenza di occupati all’interno del campione, i working poor, persone che, nonostante lavorino e percepiscano un reddito, hanno comunque bisogno di aiuto".
È confermato che l'impoverimento colpisce soprattutto le donne che sono tra le più colpite dalla crisi economica e lavorativa causata dalla pandemia: "Il fatto che i settori più colpiti dalla crisi siano stati quelli in cui le donne erano più rappresentate (servizi domestici, assistenza agli anziani, ristorazione, commercio al dettaglio), le ha penalizzate fin dall’inizio della pandemia, quando la percentuale di donne che ha perso il lavoro è stata doppia rispetto a quella degli uomini e quando la chiusura delle scuole ha implicato una maggior difficoltà di conciliazione dei tempi di lavoro e di cura; questo svantaggio si è protratto anche dopo la pandemia, quando si è assistito ad una ripresa del mercato del lavoro, che ha però interessato principalmente gli uomini, in quanto spesso impiegati nel settore dell’edilizia". Questo non ha fatto altro che accentuare le differenze di genere.
Aumentano le richieste da famiglie con minori
Un discorso a parte va fatto per le famiglie con minori. Tra i nuclei che si è rivolto alla Caritas, uno su quattro ha un solo genitore: in questi casi le problematiche sono più evidenti. Spesso infatti il genitore che è da solo "se non lavora, non ha reddito, se lavora fa fatica a seguire i figli e ha bisogno di un aiuto esterno". Un aiuto il cui costo non è sempre sostenibile soprattutto in caso di condizioni di fragilità e vulnerabilità. I nuclei monogenitoriali, che si sono rivolti ai centri di ascolto, sono costituiti principalmente da donne: nel loro caso sono poche coloro che hanno un lavoro. Il 21,6 per cento ha un'occupazione part-time, l'8,9 per cento full-time e uno su tre è disoccupata.
"I minori che vivono con le persone incontrate dai centri Caritas non solo si trovano in condizioni socio-economiche svantaggiate rispetto ad altri loro coetanei, ma vivono anche in contesti culturali poveri, che condizionano in negativo le loro motivazioni, la scelta del percorso di istruzione, la possibilità di trovare un posto di lavoro gratificante, anche ma non solo dal punto di vista economico, e, in generale, la qualità della vita", si legge ancora nel report che evidenzia come i minori che si sono rivolti ai centri sono più di seimila.
Inoltre le famiglie con minori vivono "in residenze provvisorie, in situazioni di coabitazione, in case precarie e poco funzionali. All’interno di queste famiglie l’incidenza delle problematiche familiari raggiunge il 9,6 per cento, 2,1 punti in più rispetto al campione generale".
"Bambini e ragazzi, per tre quarti di immigrati, che in contesti come quelli descritti non sempre hanno la possibilità di accedere a tutte le opportunità e i diritti, primo fra tutti quello all’istruzione: la deprivazione economica, oltre a produrre esclusione sociale, può privare i minori delle opportunità formative cui avrebbero diritto e rischia di perpetuare lo svantaggio di partenza lungo tutto l’arco della loro esistenza".