Ha due aborti spontanei: “In ospedale il mio dolore è stato sminuito, è stato traumatico”
"Durante la mia prima esperienza di aborto spontaneo il trattamento ricevuto al pronto soccorso ginecologico è stato sufficientemente traumatico". A Fanpage.it Marta racconta così i suoi due aborti spontanei e racconta il trattamento ricevuto in ospedale.
Marta, che cosa è successo?
La prima volta che sono rimasta incinta è stato quasi casuale. Ancora prima che riuscissi a fare il primo controllo, ho accusato forti crampi per cui sono stata ricoverata e mi hanno detto che avevo una cisti in ovaio, che hanno dovuto aspirare. Non so se a causa del tramo o se doveva succedere comunque, circa due settimane dopo ho cominciato ad avere dei dolori e delle perdite sempre più abbondanti, per cui sono finita in ospedale, in pronto soccorso, e mi hanno detto che la gravidanza si stava spegnendo. Ho proprio visto il cuoricino dell'embrione che si spegneva.
Poi sono rimasta nuovamente incinta ed è stato diverso: non credo che mi fossi veramente ripresa dalla prima gravidanza. A otto settimane ho fatto la mia prima ecografia e ho scoperto che era una gravidanza anembrionica: la camera gestazionale era vuota.
Durante la mia prima esperienza di aborto spontaneo al pronto soccorso ginecologico c'erano tante donne incinte. Posso dire che il trattamento ricevuto sia stato sufficientemente traumatico. L'approccio che hanno avuto con me è stato minimizzante: un'infermiera, nel tentativo di tirarmi, mi ha detto "guarda che a me è successo un sacco di volte, non ti preoccupare, è normale".
Il medico mi ha addirittura detto "lei è giovane, ora può ricominciare a fare l'amore, per riprovarci, che è la cosa più bella". Tipi di frasi fintamente consolatorie. In quel momento però non volevo essere consolata, ma solo compresa e capita.
Non viene considerato che a quello specifico embrione c'è attaccato tutta una serie di sentimenti, di progetti e di amore. Sarebbe giusto che una donna venisse rispettata con il legame che ha con quella gravidanza.
Con la terza gravidanza nel 2020, è nata sua figlia. Come è andata?
Ho avuto un travaglio lunghissimo di più di 40 ore, la metà di queste le ho passate al pronto soccorso perché non c'erano sale parto libere, disponibili. Accanto a me c'era una donna al terzo mese di gravidanza, con una minaccia di aborto. Nonostante questo doveva stare lì con me, che stavo per partorire. E accanto a noi c'era una donna che stava morendo di cancro e che, purtroppo, si è spenta quella notte.
Quando finalmente sono riuscita ad andare in sala parto e il mio compagno ha potuto raggiungermi, perché gli ospedali erano ancora chiusi per le regole Covid, quindi tutte queste esperienze, sia l'aborto che il parto, sono stata da sola.
Per altre quasi 24 ore sono stata in sala parto, prima che i medici decidessero per un cesareo d'emergenza. Quando hai tutta questa esperienza alle spalle sei distrutta ed esausta, ma in ospedale non ti è permesso riposare.
Come ti sei sentita in quei momenti?
Sicuramente ho pensato solo che volevo uscire. Mi sono addormentata con la bambina in braccio diverse volte. Le infermiere e le ostetriche erano molto infastidite dal fatto di essere continuamente chiamate. Le risposte che ricevo erano quasi sempre di scherno.
Più volte mi hanno detto che se volevo allattare la bimba dovevo andare io al nido, ma stavo male. Attraversare il corridoio piegata in due dal dolore a causa del cesareo non è stato facile. Se non avessi avuto un'ostetrica privata, che ho dovuto pagare per i miei soldi, per aiutarmi nei giorni successivi l'ospedale sarei impazzita.