I medici segnalarono Alessia Pifferi ai servizi sociali, ma gli psicologi dissero “è mamma lucida e attenta”
“Non ci ha mai detto niente, sempre e solo le solite bugie”, racconta a La vita in diretta Viviana, la sorella di Alessia Pifferi. Non sapeva niente dei colloqui che la donna, accusata di omicidio volontario aggravato per aver lasciato morire di stenti la figlia Diana di 18 mesi, aveva avuto con gli psicologi dell’ospedale dopo che i medici si erano insospettiti nei confronti di quella madre assente. I dubbi erano sorti dopo il ricovero della piccola Diana: aveva la febbre alta ed era stata portata in ospedale dalla nonna. A quel punto, i medici avevano deciso di contattare gli assistenti sociali e fissare dei colloqui con degli psicologi ai quali, però, la donna era sembrata lucida e attenta nei confronti della figlia. La sorella era all'oscuro di questi incontri, mentre sapeva del compagno di Alessia e del clima teso che c’era tra i due. Viviana Pifferi è stata anche molto dura verso l’insegnate di sostegno che ha parlato di Pifferi negli ultimi giorni: “Parlano dopo 35 anni, se c’era tutto questo allarme perché non abbiamo mai visto né sentito nessuno?”.
Il parto e i primi colloqui con gli psicologi dell’ospedale
Alessia Pifferi, ritenuta in grado di intendere e di volere dalla perizia rilasciata dallo psichiatra Elvezio Pirfo, sostiene che non sapeva di essere incinta e di aver partorito all’improvviso nel bagno della casa del suo compagno a Leffe. Durante i colloqui con Pirfo, l’imputata racconta: “Quando la abbiamo tirata su dal wc respirava pochissimo, le ho messo un ditino in bocca per farle sputare il liquidino. Sono stata lucida”. Aggiunge di saper metter in pratica le manovre di rianimazione per neonati perché le aveva viste in tv, “in un programma sul canale 31”.
La piccola Diana nasce, rimane un mese e mezzo in terapia intensiva, esce dall’ospedale, ma dopo pochi mesi ci torna accompagnata dalla nonna: ha la febbre alta. È in questo periodo che i medici si insospettiscono e danno il via a una serie di incontri tra Alessia Pifferi e gli psicologi, in accordo con i servizi sociali, attraverso un documento che ha diffuso la trasmissione Iceberg di TeleLombardia.
Durante questi colloqui, Pifferi racconta di essere felice della nascita della piccola, di vivere in un contesto familiare sereno e di un compagno presente, un punto di riferimento per lei e la bambina. Una donna lucida e attenta. Il problema è che la donna sta raccontando bugie ed è lei stessa ad ammetterlo durante i colloqui con Pirfo: “Litigavamo spesso (lei e il suo compagno), mi diceva che puzzavo e che dovevo portare via la mia roba. Diceva che la bambina non poteva stare lì”. Tutto questo gli psicologi non lo sapevano e, di conseguenza, non potevano aiutarla.
La sorella Viviana: cosa sapeva e cosa no
La sorella di Alessia Pifferi, costituitasi, insieme alla madre, parte civile nel processo ai danni dell’imputata, sostiene di non sapere niente dei colloqui con gli psicologi: “Non ci ha mai detto niente, sempre e solo le solite bugie”. Sapeva invece del compagno di Alessia e della loro situazione infelice: “Il compagno a volte non la voleva, tant’è che io le dicevo di andarsene. Le donne sanno vivere anche da sole con una bambina, anche perché se non è il padre non vedo l’obbligo. Era lei che doveva prendersi cura di sua figlia, difenderla e costruirgli una vita serena, anche da sola, ma non l’ha mai fatto”.
Viviana sapeva anche che i servizi sociali avrebbero dovuto fare qualcosa per la piccola Diana. Era stata lei stessa a contattarli, ma aveva ricevuto una risposta negativa: “Ho segnalato una situazione in cui c’era bisogno di aiuto e loro mi hanno risposto che dovevo andare io ad aiutarla. Se questi sono i servizi degli assistenti sociali e come si prendono cura delle persone…”.
La reazione della sorella alle dichiarazioni dell’insegnate di Alessia
Viviana Pifferi ha rilasciato dichiarazioni, sempre a La vita in diretta, sull’insegnante di sostegno di Alessia Pifferi. La donna aveva seguito l’imputata per circa 6 mesi durante il primo anno di scuola superiore. In seguito, Pifferi era stata bocciata e aveva lasciato gli studi. Secondo la professoressa, Pifferi non era mai stata seguita adeguatamente dalla famiglia e la bambina veniva spesso sfruttata nelle pulizie di casa.
“Parlano dopo 35 anni, se c’era tutto questo allarme perché non abbiamo mai visto né sentito nessuno?”, risponde Viviana Pifferi, visibilmente alterata, “Non vedo dove siano i presupposti in quella figura (l’insegnante di sostegno) per giustificare un’assassina, perché è quello che lei ha fatto, ha tolto la vita a sua figlia. Non capisco cosa centra il comportamento della scuola”. Emanuele De Mitri, avvocato della famiglia, afferma che la testimonianza dell’insegnante di sostegno non ha alcun valore a livello probatorio perché non è stata resa davanti alla Corte D’Assise.
La difesa di Alessia Pifferi, guidata dall’avvocata Pontenani, la depositerà lo stesso, insieme alle cartelle mediche dell’imputata e della piccola Diana. Ancora l’avvocato De Mitri: “La documentazione medica dimostra che tutte le volte in cui la famiglia è stata coinvolta da Alessia Pifferi ha risposto in modo presente ai bisogni della bambina. Quando Alessia Pifferi ha nascosto tutto della famiglia, la famiglia non poteva essere presente”. Vedremo cosa succederà nella prossima udienza, prevista per domani, venerdì 12 aprile, durante la quale la stessa Alessia Pifferi dovrebbe rilasciare dichiarazioni spontanee.