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Gli danno un calmante, va in coma e muore dopo 6 mesi a 24 anni: medici a processo per omicidio colposo

Un 24enne è morto il 13 febbraio 2020 dopo sei mesi di coma. Al ragazzo era stato somministrato un farmaco calmante che gli avrebbe provocato un arresto cardiocircolatorio. Due medici sono stati rinviati a giudizio per omicidio colposo.
A cura di Enrico Spaccini
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Jason Mensah Brown, ragazzo di 24 anni residente a Vercurago, in provincia di Lecco, era stato soccorso in strada ad Alzano Lombardo (Bergamo) da alcuni agenti della polizia locale il 24 luglio del 2019. Aveva fumato cannabis ed era in "condizione di agitazione psicomotoria". Trasportato all'ospedale Presenti Fenaroli, Mensah era stato immobilizzato a terra dai carabinieri e i medici gli hanno somministrato per via endovenosa il Midazolam, 5 milligrammi di un farmaco usato per sedare e anestetizzare. Poco dopo, il 24enne è andato in arresto cardiaco ed entrato in un coma da cui non si è più svegliato. Il 13 febbraio 2020, il 24 è deceduto. Per la sua morte, due medici sono stati rinviati a giudizio con l'accusa di omicidio colposo.

La somministrazione del farmaco

All'inizio i professionisti indagati erano quattro: una psichiatra, un medico, un cardiologo e un anestesista. Al termine delle indagini, la pm Carmen Santoro aveva chiesto per tutti l'archiviazione. La gip del Tribunale di Bergamo, Alessia Solombrino, ha accolto la richiesta solo per gli ultimi due, in quanto sarebbero intervenuti quando Mensah era ormai entrato in crisi respiratoria. Per i primi due, una 40enne e un 46enne, ha invece ordinato l'imputazione coatta per omicidio colposo.

Secondo la giudice, infatti, ci sarebbero ancora dubbi sul fatto che i danni cerebrali irreversibili e la "grave sofferenza miocardica acuta" accusata da Mensah possano essere "direttamente riconducibili alla gravità dell’arresto cardio-circolatorio determinato dalla somministrazione del Midazolam". Come riportato dal Corriere della Sera, i protocolli di somministrazione del Midazolam prevedono la valutazione del paziente in base alla condizione psicotica. La giudice ha rilevato che questo nel caso di Mansah non è avvenuto e, anzi, non sarebbe stato nemmeno accertato se avesse assunto sostanze incompatibili con le benzodiazepine. Infine, il 24enne prima di quel momento non aveva manifestato uno stato di agitazione elevato e, perciò, la somministrazione di quel farmaco era "una scelta oggettivamente evitabile".

La morte di Jason Mensah

Jason Mensah Brown era nato in Italia da genitori ghanesi. Aveva 24 anni, viveva a Vercurago insieme alla fidanzata e aveva già un figlio di 6 anni avuto da una precedente relazione. Lavorava come barbiere e quando era stato soccorso dalla polizia locale aveva appena fumato cannabis, cosa che gli aveva provocato uno stato di "agitazione psicomotoria".  I sei mesi di coma, conclusi il 13 febbraio del 2020 con il suo decesso, avevano portato Mensah a pesare appena 30 chili.

La prima udienza che si è svolta davanti alla giudice Laura Garufi è servita per calendarizzare le prossime. Il 6 febbraio 2025 saranno ascoltati in aula 17 testimoni, poi a marzo toccherà ai consulenti di parte rispondere alle domande degli avvocati e della pubblica accusa.

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