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Gli attivisti per l’Idro contro gli agricoltori: “Non riduciamo il lago a un serbatoio di acqua”

A Fanpage.it parla Gianluca Bordiga, presidente della Federazione di associazioni a tutela del lago d’Idro. Per gli attivisti, le richieste degli agricoltori sono sintomo di un sistema vecchio e che da anni sfrutta quelle acque. Abbassare ancora il livello, potrebbe portare a malattie e danni alla fauna ittica.
A cura di Enrico Spaccini
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Gianluca Bordiga, consigliere comunale di Idro e il lago d'Idro (foto da Facebook)
Gianluca Bordiga, consigliere comunale di Idro e il lago d'Idro (foto da Facebook)

Coldiretti, Confagricoltura e Copagri sono stati chiari: dal 30 giugno non ci sarà più abbastanza acqua per irrigare i campi della Bassa Bresciana. Un'area dove vengono coltivati più di 30 mila ettari di terreno.

I loro rappresentanti lo hanno ribadito difronte al prefetto di Brescia Maria Rosa Laganà chiedendo, come contromisura, che il livello del lago d'Idro che rifornisce il Chiese (dal quale gli agricoltori prendono l'acqua) venga abbassato di un altro metro.

Una richiesta che affonda le sue radici in anni e anni di battaglie, di proteste e di conquiste da parte degli attivisti della zona del Chiese che erano riusciti a contenere l'abbassamento stagionale del lago al metro e 30.

In questo modo, il paesaggio naturale stava riacquisendo la sua attrattività dopo anni di sfruttamento nel quale sta rischiando di ricadere.

A Fanpage.it Gianluca Bordiga, consigliere comunale di Idro e presidente della Federazione di associazioni nata quattro anni fa per difendere la zona del Chiese, spiega i pericoli e i problemi a cui si potrebbe presto andare incontro: "Stanno cercando di ridurre il lago a un serbatoio. Non si può continuare a soddisfare le attività speculative che distruggono risorse naturali".

Come nasce la sua battaglia per il lago d'Idro e il fiume Chiese?

Ho 59 anni. Sono nato nel Comune di Bagolino, uno dei quattro bagnati dal lago d'Idro. Lo faccio soprattutto per un senso di responsabilità verso il paese nel quale ho abitato fino al 2007.

Mi ricordo quando d'estate dovevo scendere di un passo in più al giorno per toccare l'acqua. Non capivo perché. I miei compaesani più anziani mi spiegarono che quell'acqua la usavano gli agricoltori. Delle risposte rassegnate, come assuefatti da quella situazione di sfruttamento costante.

Ettore Pradini, presidente nazionale di Coldiretti, ha più volte affermato che l'Idro è nato per portare acqua agli agricoltori.

Ecco, questo è falso. L'Idro ha origine glaciale, non artificiale. A lui si attaccano il torrente Caffaro e il Chiese che ne esce come emissario per poi entrare nel più grande Oglio. E l'Oglio, poi, riversa nel Po. Quindi prendersi cura del Chiese significa anche tutelare il fiume più importante del Paese.

Quando è iniziato lo sfruttamento di quell'acqua?

Lo sfruttamento del Chiese e del lago è iniziata nel 1917, con un decreto regio che ha permesso di costruire una centrale idroelettrica.

Poi nel 1925 è stata permessa la costruzione di una specie di galleria che toglie acqua dal Chiese per poter irrigare i campi. Poi in realtà quel decreto regio era scaduto nel 1987, settant'anni dopo, ma nessuno lo sapeva. Nemmeno il sindaco.

Quando avete iniziato a far sentire la vostra voce?

Le proteste più organizzate sono state negli anni '90. La Società lago d'Idro (Sli), che non rappresenta il lago ma gli agricoltori che gli girano intorno, aveva chiesto il rinnovo delle condizioni di quel decreto.

Ricordiamolo che in totale comportava un calo di 7 metri verticali. Non venne rinnovato, ma si iniziò una fase sperimentale con l'utilizzo di 3,25 metri. Si è visto che funzionava, che l'acqua bastava. Perciò si è andati avanti così fino ai primi anni 2000.

E poi?

Poi tra il 2001 e il 2002 la Regione Lombardia viene indicata come uno dei tre dominus del lago. L'esperimento diventa quindi una regola per la gestione dei bacini a monte: 3,25 metri verticali, non di più.

Infine, nel 2007, riuscimmo a ottenere un accordo prefettizio: 1,30 metri utilizzabili per irrigare i campi. In questo modo il lago e il Chiese hanno iniziato a rigenerare il proprio ecosistema.

In che modo vengono danneggiati con lo sversamento nei campi?

Il fiume Chiese ha un deflusso che non arriva ai 3 metri al secondo da Ponte San Marco in giù (a metà del corso, ndr). In certi tratti scompare proprio creando delle zone paludose, melmose. È una caratteristica della zona.

Nel 2018, ad esempio, ci sono stati centinaia di casi di infezione da legionella che hanno portato a 12 morti certe nei comuni del Chiese. La stessa Ats disse che per evitare che accada di nuovo, il fiume deve avere un minimo d'acqua.

È se la togliamo dal lago d'Idro, considerando che è di formazione glaciale e quest'anno è nevicato pochissimo, i rischi sono altissimi.

Cosa si sta sbagliando, secondo lei, nella gestione della zona?

Innanzitutto bisogna dire che i campi in questa zona della Lombardia vengono irrigati come si faceva già prima del 1800. È l'irrigazione a scorrimento, una tecnica che spreca una grande quantità di acqua. Poi per cosa? Per coltivare mais da trinciatura.

Che non è quello che si mangia a casa, attenzione: è quello che viene, appunto, trinciato e dato in pasto a vacche e maiali. In percentuale viene anche usato per produrre biomassa, che viene poi bruciata per produrre energia. Serve un ammodernamento sostanziale, passare a tuti i costi a un sistema quantomeno a goccia.

Ci sono studi e tecniche che permetterebbero di risparmiare un sacco di acqua.

Però il problema è adesso. Rinnovare gli impianti richiede tempo.

Questo lo sappiamo bene. Noi siamo contrari di principio all'uso dell'acqua dell'Idro così smodato. Ma sappiamo bene che il momento è particolare.

Per questo siamo disposti ad accettare l'abbassamento anche di 30 centimetri, purché le aziende sottoscrivano un impegno a rinnovare gli impianti nel più breve tempo possibile.

Solo in questo modo il prossimo anno non ci troveremo in una situazione simile, se non peggiore.

Crede si possa arrivare a questo tipo di soluzione?

Io sono una persona ottimista di natura. A un certo punto le autorità capiranno che così non si può andare avanti, e qualcosa cambierà.

Sono abituato alla cultura del dialogo, del confronto. E come Federazione, che oggi conta più di 1.500 attivisti, stiamo facendo un lavoro enorme. L'economia lascerà il passo all'etica, ne sono certo.

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