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Gianni Rivera perde la causa contro il museo di San Siro: i suoi cimeli restano al Meazza

Finisce il lungo contenzioso tra il centrocampista simbolo del Milan e la società che gestisce le attività all’interno del Meazza: Rivera aveva fatto causa per l’utilizzo a scopo di lucro della sua immagine. I giudici: “Valore culturale per i più giovani”
A cura di Francesca Del Boca
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Niente da fare. Anche per la Cassazione i ricordi della carriera calcistica di Gianni Rivera, esposti nel museo di San Siro contro il volere del proprietario, devono restare proprio lì dove sono: l'esposizione al pubblico pagante di magliette, busti, scarpette e fotografie del campione è infatti perfettamente legittima, visto il loro importante "interesse culturale", e non certo "abusiva" come sosteneva lo stesso Rivera.

Finisce così un lungo contenzioso tra il centrocampista simbolo del Milan e la società  M-I Stadio srl, che gestisce le attività dello stadio e così anche il museo del Meazza. Una complessa battaglia legale nata dall'iniziativa dell'ex giocatore, contrario al fatto che la sua immagine fosse esposta tra le vetrine della galleria a San Siro "perché fatto senza il suo consenso e a scopo di lucro", dal momento che il biglietto d'ingresso costa 7 euro (esclusi maggiori di 65 anni e minori di 14).

La citazione in giudizio, inizialmente, aveva portato in primo grado alla vittoria dell'ex capitano rossonero: il Tribunale civile di Milano aveva condannato la società a risarcirlo con 200mila euro. Sentenza ribaltata però in appello, e definitivamente confermata in Cassazione.

Per i giudici supremi, infatti, l'esposizione dei cimeli legati alla storia sportiva del Pallone d'Oro 1969 Gianni Rivera serve in fondo a "far rivivere ai tifosi la gloria dei campioni del passato, posto che i più giovani non conoscono la maggior parte di quei campioni per diretta esperienza". E anzi, sempre secondo l'ultima sentenza, "se non fosse stato inserito nella storia del Milan, Rivera avrebbe semmai subito un pregiudizio".

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