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La fuga di Giacomo Bozzoli

Giacomo Bozzoli, chi è la testimone austriaca che lo scagionerebbe dall’accusa di omicidio dello zio Mario

Lo scorso 1 luglio, Giacomo Bozzoli è stato condannato in via definitiva all’ergastolo per l’omicidio dello zio Mario. Il 39enne, arrestato dopo 11 giorni di latitanza, ha detto al procuratore che “un testimone austriaco” sarebbe pronto a scagionarlo.
A cura di Enrico Spaccini
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Giacomo Bozzoli
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Sarebbe una rappresentante di un'azienda austriaca la testimone che, stando a quanto dichiarato da Giacomo Bozzoli, lo scagionerebbe dall'accusa di omicidio. Il 39enne bresciano è stato arrestato l'11 luglio nella sua villa di Soiano dopo 11 giorni di latitanza. Lo scorso 1 luglio, infatti, la Corte di Cassazione ha reso definitiva la sua condanna all'ergastolo ritenendolo responsabile della morte di suo zio Mario, scomparso l'8 ottobre 2015, e della distruzione del suo cadavere in un forno della fonderia di famiglia di Marcheno. Bozzoli continua a ribadire la propria innocenza e al procuratore Francesco Prete ha parlato di un "testimone" che sarebbe pronto a scagionarlo e cui posizione non sarebbe stata approfondita a sufficienza.

Il denaro austriaco di Ghirardini

Giuseppe Ghirardini
Giuseppe Ghirardini

Come riportato dal Corriere della Sera, questa persona di cui parla il 39enne sarebbe infatti già presente tra le carte del processo, in particolare nei punti in cui si parla di Giuseppe Ghirardini. Questo era un operaio della fonderia Bozzoli ed era addetto al forno grande. Pochi giorni dopo la scomparsa di Mario, venne ritrovato morto suicida. Durante le indagini, nella sua abitazione erano stati trovati 4.400 euro in contanti in banconote da 500 e 50 euro, emesse dalla Banca centrale austriaca.

Quel denaro non riportava alcuna impronta digitale, ma per gli inquirenti a consegnargliele sarebbe stato Giacomo Bozzoli: un compenso per il lavoro svolto da Ghirardini che, secondo i giudici, avrebbe "quantomeno" concorso nella distruzione del cadavere di Mario.

I contatti tra Mario Bozzoli e la ditta austriaca

Dall'analisi del traffico telefonico di Giacomo, infatti, era emerso che il 39enne avesse "contattato tre utenze austriache, due fisse e un cellulare" tra il 27 maggio e l’8 giugno 2015. Si tratterebbe di numeri associati "a un’azienda che lavorava nel settore dei metalli, la Montanwerke Brixlegg". In tutto si sarebbero verificati quattro scampi, due dei quali con l'utenza telefonica austriaca localizzata in provincia di Brescia.

I giudici di secondo grado sostengono che le banconote trovate in possesso di Ghirardini provenissero da Bozzoli, "in ragione del rapporto commerciale che, sulla scorta di quei contatti, può aver intrattenuto con l’impresa austriaca". Un indizio che si è aggiunto al fatto che, si legge nella sentenza, nessun altro avrebbe avuto interesse a consegnare tutti quei soldi a Ghirardini prima che Mario Bozzoli sparisse.

Fino al 2019, Bozzoli negava ogni rapporto con l'Austria, parlando solo di un contatto con "una rappresentante che lavora per la Montanwerke". Poi, però, ha ammesso i contatti al punto che i suoi avvocati hanno chiesto l'annullamento della sentenza di secondo grado proprio perché, secondo loro, non era stato esaminato il telefono intestato a quella società austriaca. Ora, ha affermato Bozzoli davanti al procuratore, quella rappresentante sarebbe pronta a giurare di non avergli mai dato dei soldi.

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