“Gettava elettrodomestici dal balcone, una volta mi prese a pugni”: i vicini sull’assassino di Marta Di Nardo
Domenico Livrieri ha confermato la confessione durante l'interrogatorio davanti ai magistrati: "Ho ucciso io Marta Di Nardo, volevo il suo bancomat". Il vicino di casa le avrebbe inferto alcune coltellate alla gola uccidendola, poi ha fatto il corpo a pezzi e lo ha nascosto nel controsoffitto del suo appartamento di via Pietro da Cortona a Milano. A trovarle il corpo sono stati quindici giorni dopo carabinieri della compagnia Monforte quando in caserma è arrivata la denuncia di scomparsa da parte del figlio della donna. Dopo l'interrogatorio l'assassino ha quindi confermato il movente economico.
Quali sono le prove che hanno incastrato l'assassino
A incastrare il vicino di casa sarebbero state le testimonianze degli altri inquilini del palazzo che ai militari hanno più volte ripetuto di aver visto Livrieri entrare e uscire dalla casa di Marta Di Nardo anche dopo la sua scomparsa. L'uomo però aveva un copione pronto che ripeteva tutte le volte: raccontava che era stata la donna a dargli le chiavi di casa e che lei sarebbe tornata presto. Da quindici giorni invece il suo corpo era nascosto e avvolto in una coperta nel suo appartamento.
L'uomo dopo l'omicidio avrebbe preferito mangiare e dormire in casa della 60enne per l'odore emanato dal cadavere. Nel suo appartamento aveva provato a camuffare l'odore con del profumo per ambiente, ma i militari non si sono di certo lasciati in ingannare. Domenico Livrieri era stato incastrato anche da altre prove: nella casa di Marta gli investigatori hanno trovato gli avanzi di un pasto, una impegnativa intestata all'uomo e dei suoi referti medici. Le date risalivano ai giorni successivi la scomparsa di Marta: l'omicidio risale al 4 o al 5 ottobre.
La testimonianza di un inquilino del palazzo
I rapporto tra Domenico Livrieri e gli altri inquilini non era facile. Uno dei vicini a Storie Italiane ha precisato: "Lo conoscevo. Mi accusava che gli avevo rubato telefono o tablet. Cosa non vera". Poi ha spiegato di aver subito la sua violenza: "Mi ha anche colpito. Mi ha tirato pugno sul petto. Ho chiamato il fratello e i carabinieri per dirglielo". Da qui la conferma: "Era conosciuto come una persona violenta. Lanciava dal balcone, dal quarto piano, gli elettrodomestici e una cassa della musica. Se beccava qualcuno lo ammazzava. E ancora: metteva la musica a tutto volume anche la notte".
La famiglia era a conoscenza delle difficoltà dell'uomo, che soffriva di tossicodipendenza, tanto che "suo fratello si stava battendo per metterlo in una struttura privata. Un ragazzo così non può vivere da solo, è pericoloso per se stesso e per gli altri", conclude l'inquilino.