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“Gettava elettrodomestici dal balcone, una volta mi prese a pugni”: i vicini sull’assassino di Marta Di Nardo

Un inquilino dello stesso palazzo di Domenico Livrieri, l’assassino di Marta Di Nardo, ha raccontato che “era conosciuto come una persona violenta. Lanciava dal balcone, dal quarto piano, gli elettrodomestici”.
A cura di Giorgia Venturini
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Domenico Livrieri ha confermato la confessione durante l'interrogatorio davanti ai magistrati: "Ho ucciso io Marta Di Nardo, volevo il suo bancomat". Il vicino di casa le avrebbe inferto alcune coltellate alla gola uccidendola, poi ha fatto il corpo a pezzi e lo ha nascosto nel controsoffitto del suo appartamento di via Pietro da Cortona a Milano. A trovarle il corpo sono stati quindici giorni dopo carabinieri della compagnia Monforte quando in caserma è arrivata la denuncia di scomparsa da parte del figlio della donna. Dopo l'interrogatorio l'assassino ha quindi confermato il movente economico.

Quali sono le prove che hanno incastrato l'assassino

A incastrare il vicino di casa sarebbero state le testimonianze degli altri inquilini del palazzo che ai militari hanno più volte ripetuto di aver visto Livrieri entrare e uscire dalla casa di Marta Di Nardo anche dopo la sua scomparsa. L'uomo però aveva un copione pronto che ripeteva tutte le volte: raccontava che era stata la donna a dargli le chiavi di casa e che lei sarebbe tornata presto. Da quindici giorni invece il suo corpo era nascosto e avvolto in una coperta nel suo appartamento.

L'uomo dopo l'omicidio avrebbe preferito mangiare e dormire in casa della 60enne per l'odore emanato dal cadavere. Nel suo appartamento aveva provato a camuffare l'odore con del profumo per ambiente, ma i militari non si sono di certo lasciati in ingannare. Domenico Livrieri era stato incastrato anche da altre prove: nella casa di Marta gli investigatori hanno trovato gli avanzi di un pasto, una impegnativa intestata all'uomo e dei suoi referti medici. Le date risalivano ai giorni successivi la scomparsa di Marta: l'omicidio risale al 4 o al 5 ottobre.

La testimonianza di un inquilino del palazzo

I rapporto tra Domenico Livrieri e gli altri inquilini non era facile. Uno dei vicini a Storie Italiane ha precisato: "Lo conoscevo. Mi accusava che gli avevo rubato telefono o tablet. Cosa non vera". Poi ha spiegato di aver subito la sua violenza: "Mi ha anche colpito. Mi ha tirato pugno sul petto. Ho chiamato il fratello e i carabinieri per dirglielo". Da qui la conferma: "Era conosciuto come una persona violenta. Lanciava dal balcone, dal quarto piano, gli elettrodomestici e una cassa della musica. Se beccava qualcuno lo ammazzava. E ancora: metteva la musica a tutto volume anche la notte".

La famiglia era a conoscenza delle difficoltà dell'uomo, che soffriva di tossicodipendenza, tanto che "suo fratello si stava battendo per metterlo in una struttura privata. Un ragazzo così non può vivere da solo, è pericoloso per se stesso e per gli altri", conclude l'inquilino.

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