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Gettano vernice sul ‘Dito’ di Cattelan in piazza Affari a Milano, prosciolti i tre attivisti di Ultima Generazione

I tre attivisti di Ultima Generazione finiti a processo per l’imbrattamento de ‘il Dito’ di Cattelan di piazza Affari a Milano sono stati prosciolti. Lo ha deciso la giudice Maria Teresa Guadagnino, dopo aver riqualificato il reato in deturpamento di beni mobili semplici.
A cura di Enrico Spaccini
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Sono stati prosciolti i tre attivisti di Ultima Generazione finiti a processo per aver lanciato vernice lavabile gialla contro ‘L.o.v.e.', l'opera di Maurizio Cattelan meglio conosciuta come ‘il Dito' installata in piazza Affari a Milano, nel gennaio del 2023. Lo ha deciso la giudice Maria Teresa Guadagnino, dopo aver riqualificato l'imputazione iniziale da imbrattamento di beni culturali o paesaggistici a deturpamento di beni mobili semplici: un reato procedibile solo per querela, che non è mai arrivata.

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Era il 15 gennaio del 2023 quando un gruppo di attivisti per l'ambiente di Ultima Generazione si è ritrovato in piazza Affari a Milano con secchi di vernice lavabile gialla e cartelloni contro i sussidi dello Stato all'industria del fossile. Per quell'azione, tre ambientalisti di 25, 26 e 40 anni sono finiti a processo con l'accusa di imbrattamento di beni culturali o paesaggistici, reato che è punito da 2 a 5 anni di reclusione e con multe fino a 15mila euro. Il Comune di Milano, che si era costituito parte civile, aveva chiesto il risarcimento dei 447 euro spesi per la pulizia dell'opera.

Al termine delle indagini, è stata la stessa pm Paola Biondolillo a chiedere l'assoluzione per i tre attivisti considerata la particolare tenuità del fatto. L'avvocato Gilberto Pagani, che difende i tre giovani, aveva chiesto durante la sua arriva la derubricazione del reato in deturpamento di beni mobili semplici, poiché l'azione di protesta si era concentrata solo sul basamento dell'opera di Cattelan.

Lo stesso Cattelan aveva fatto sapere di non essersi "sentito offeso né danneggiato" dai tre attivisti, ma che anzi era "certo che gli autori avessero agito senza intenti aggressivi nei confronti miei o della mia opera". Tommaso Montanari, rettore dell'Università per stranieri di Siena e sentito in aula come consulente della difesa, aveva spiegato che alla base dell'azione non c'era "alcun intento vandalico" e che, in fin dei conti, non vi fosse stato alcun danno.

La giudice della Terza sezione penale, Maria Teresa Guadagnino, ha deciso quindi di riqualificare il reato da imbrattamento di beni culturali a deturpamento di beni mobili. Poiché si tratta di un reato procedibile solo per querela, considerato che il Comune di Milano non ha mai presentato denuncia, i tre attivisti sono stati prosciolti dalle accuse.

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