Furgone con bombole d’ossigeno esplode a Milano: chi sono i primi indagati
Il giorno dopo lo scoppio del furgone pieno di bombole d'ossigeno in zona Porta Romana a Milano la Procura potrebbe scrivere nel registro degli indagati i primi nomi. Il procuratore aggiunto Tiziana Siciliano ieri giovedì 11 maggio ha aperto un fascicolo per disastro colposo. Le indiscrezioni rivelano che i primi indagati – come riporta l'Ansa – potrebbero essere il rappresentante legale e altri responsabili dell'azienda di autotrasporti Zanaria, ossia quella del furgone.
Questi potrebbero essere costretti a rispondere di cooperazione colposa nei reati di disastro colposo e lesioni colpose ai danni dello stesso autista del van. Sarebbero anche responsabile – sempre in modo colposo – di quanto accaduto alla suora della scuola vicina al luogo dell'esplosione: durante le operazioni di evacuazione è rimasta ferita cadendo.
Durante le indagini, coordinate dall'aggiunto Tiziana Siciliano e dal pm Luca Gaglio, i carabinieri hanno effettuato due sopralluoghi nell'azienda Zanaria: qui hanno acquisito documenti. Si cerca di capire se tra le dotazioni di sicurezza per ogni autista del furgone ci fossero gli estintori.
La dinamica dell'esplosione
Stando alla ricostruzione di quanto accaduto, in zona Porta Romana ha preso fuoco il motore di un furgone che trasportava 20 bombe di ossigeno destinate per la farmacia ormai a pochi passi di distanza. Qualche minuto dopo il mezzo è esploso più volte. L'unico ferito è stato l'autista che è riuscito comunque ad allontanarsi: è rimasto ustionato alla mano. Tanti i danni alle auto parcheggiate e agli appartamenti vicini, sei sono stati resi inagibili.
Le parole dei residenti
Tutti i residenti sono sotto shock. È Steve Walters, il 36enne scozzese proprietario e chef del Salt Food Atelier di via Pier Lombardo ad impugnare un estintore non è appena ha sentito lo scoppio. "Ho preso tutti quelli che avevo nel mio locale – racconta – ho provato a spegnere il fuoco, ne ho fatti fuori quattro".
"Abbiamo visto le fiamme fuori dalle finestre del nido, temevamo che si trattasse di un attentato – spiega la coordinatrice Marina Garibaldi – abbiamo fatto molte prove di evacuazione e i bambini erano preparati".