Fumagalli candidato M5S in Lombardia: “La sciura Letizia si ispira a Margareth Thatcher”
"Trenord, insieme al sistema sanitario regionale, sono l’emblema del fallimento delle politiche del centrodestra a guida Fontana-Moratti": a dirlo a Fanpage.it è Marco Fumagalli candidato per il Movimento 5 Stelle, che sostiene il candidato alla presidenza Pier Francesco Majorino, nella provincia di Monza e Brianza.
Per il consigliere uscente non stupisce che la candidata di Azione/Italia Viva Letizia Moratti, che lui definisce "la signora del capitalismo", voglia "privatizzare il servizio". Così come per il governatore uscente Attilio Fontana, candidato per il centro destra, Trenord "è solo un posto dove collocare suoi fedeli".
Majorino ha affermato che Trenord vada “ribaltata”, Moratti sostiene che vada fatto un bando sulla gestione del trasporto ferroviario regionale. Qual è la vostra proposta?
Trenord, insieme al sistema sanitario regionale, sono l’emblema del fallimento delle politiche del centrodestra a guida Fontana-Moratti. Non stupisce che Letizia Moratti, la signora del capitalismo italiano, voglia fare una gara e quindi privatizzare il servizio, per fare profitto sul modello inglese.
Del resto, la sciura Letizia si ispira alla dottrina economica di Margareth Thatcher e di Mario Draghi. Mi chiedo, invece, quale sia il privato che intenda assumersi la gestione di Trenord senza voler fare profitto. Nella mia esperienza il privato prende un servizio pubblico per fare profitto e se non dovesse riuscirci piange miseria fino a ottenere ristori e finanziamenti a fondo perso.
Basti citare le Rsa che sono al 90 per cento private e chiedono contributi regionali per arrivare a fine mese. Diverso è il discorso per Attilio Fontana che, a differenza di Moratti, non è liberista fino al midollo, ma devo solo mantenere il carrozzone leghista. Aler e Trenord sono una immensa scocciatura per Fontana, tutti si lamentano per i servizi scadenti, quindi meglio concentrarsi sulle autostrade come Pedemontana, l’appalto assicura sempre un ritorno.
Per Fontana Trenord è solo un posto dove collocare suoi fedeli senza credere veramente nel servizio, porta pochi benefici elettorali. Noi crediamo che mandando a casa Fontana si debba cambiare tutto il sistema di potere che mette davanti alle esigenze degli utenti le poltrone per gli amici.
Occorre mantenere il controllo di Trenord, garantendo adeguati investimenti, un ulteriore sviluppo della attività e cambiando i vertici con soggetti professionalmente idonei e non politicamente condizionati.
Diversi giorni fa avete organizzato un flash mob contro il precariato. A questa condizione lavorativa, si aggiungono il caro-affitti e il costo della vita in generale. Come pensate di aiutare e sostenere i giovani?
Il precariato giovanile è solo una parte di un problema più ampio che riguarda l’aumento delle disuguaglianze sociali. L’inflazione, che è un effetto previsto della espansione monetaria di quando Draghi era presidente alla Bce, sta facendo scivolare ampi spazi del ceto medio verso la povertà.
Il lavoro è talmente povero che non si arriva a metà mese, con certi salari e stipendi. Se poi devi pagare una visita nella sanità privata si deve chiedere un prestito. Tutto questo per ridurre il costo del lavoro, per garantire adeguati profitti ed esportare i nostri prodotti in concorrenza con la Cina, per questo abbiamo al Governo Giorgia Meloni, per garantire un costo del lavoro uguale a quello cinese.
In tutto questo i più penalizzati sono i giovani che sono la vera riserva di lavoratori senza diritti per fare concorrenza interna al ceto medio che scivola sempre più verso il basso. Per noi è urgente la legge sul salario minimo e contro il precariato, così da poter alzare tutti gli stipendi.
Il contratto di lavoro deve essere sempre a tempo indeterminato salvo eccezioni specifiche. Il lavoro è un diritto e non una merce. Per Meloni va bene un’alta inflazione che impoverisce e offre lavoratori a basso prezzo e con pochi diritti. A partire dai giovani che sono l’emblema di questa drammatica situazione economico sociale.
Tra le sue ultime proposte c’è quella della settimana lavorativa a 4 giorni, crede che – dopo la pandemia e le situazioni di crisi in cui versano alcune aziende – sia opportuna in questo momento?
La tecnologia e il progressivo invecchiamento della popolazione richiede una modifica del nostro sistema produttivo. Con il Covid abbiamo imparato lo smart working. Occorre proseguire su questa strada e progressivamente arrivare alla settimana lavorativa di quattro giorni. Partendo per primi con le categorie più svantaggiate.
A partire dai disabili fino ad arrivare a coloro che hanno uno stato di malattia che spesso implica un licenziamento o una riduzione di orario o le dimissioni. Ma penso anche alla maternità. Quante neo mamme optano per il part time perché altrimenti non riescono a curare i loro bimbi?
E non parlo di persone che utilizzerebbero quel giorno in più per andare a sciare, ad esempio per i cargiver familiari. Quindi di lavoratori, spesso malpagati, che hanno bisogno di un giorno in più alla settimana per curare sé stessi o i propri cari. Altrimenti quello che viene considerato un costo aziendale diventa comunque un costo sociale.
Per queste categorie di lavoratori la settimana corta è un’esigenza da istituire immediatamente insieme alla legge sul salario minimo.