Francesca, vittima di violenza psicologica ed economica: “Le spese concentrate su di lui, diceva che ero orribile”

Per oltre vent’anni Francesca (nome di fantasia) ha subito violenza psicologica ed economica da parte dell’ex marito. Ha raccontato la sua storia a Fanpage.it per ricordare alle donne che sono all’interno di una relazione violenta il “sacrosanto diritto a essere persone serene”.
A cura di Beatrice Barra
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Francesca (nome di fantasia), vittima di violenza economica e psicologica da parte dell'ex marito.
Francesca (nome di fantasia), vittima di violenza economica e psicologica da parte dell'ex marito.

Occhi profondi, come il mare e il dolore che ha provato. Con voce bassa scandisce le frasi che pronuncia, come succede quando si conosce il peso specifico che ha avuto, ha e avrà ognuna di quelle parole nella propria vita.

Francesca, nome di fantasia scelto per proteggerne l'identità, è stata vittima per oltre venti anni di violenza psicologica ed economica da parte dell'ex marito. Ha deciso di raccontare la sua storia a Fanpage.it "per spiegare a chi sta vivendo una situazione simile alla mia, che rivendicare il nostro sacrosanto diritto di essere persone serene è possibile – spiega – ed è una responsabilità che abbiamo nei nostri confronti".

La storia di Francesca

"La vicenda di Francesca è particolarmente esemplificativa di tutta una serie di dinamiche che connotano un rapporto di tipo violento, sia pre che post separazione dall'ex marito", spiega Paola D'Alleva, psicologa di Spazio Donna We World.

Un aspetto che, mentre  Francesca racconta la sua storia, emerge immediatamente. Alla domanda"Chi è Francesca?" fa fatica a rispondere, come se parti di lei non fossero più sue, tanto da non conoscerle o saperle descrivere. Si sente principalmente una mamma, perché negli ultimi anni della sua vita è stata impegnata a difendere la crescita serena dei suoi figli. La sua identità di donna l'ha "persa un po' per strada", spiega, a causa della situazione che vissuta con il suo ex marito. "Ero sempre e solo ‘la mamma di', la gente non si ricordava nemmeno il mio nome e ogni volta era come uno schiaffo in faccia", dice con la voce tremante.

Si definisce forte, sentimentale e complessa. La mente va sempre a ciò che ha perso – anzi, specifica, che le è stato "sottratto per pura cattiveria" – lungo il suo percorso: energie, sorriso, forza di reinventarsi. "Ero una donna piena di risorse, oggi sono terribilmente stanca e logorata" dalla sofferenza e dal superlavoro di chi ha sempre dovuto fare per due, accontentandosi di meno della metà. Per il futuro? Vuole rivendicare il suo "diritto sacrosanto" ad essere una persona serena.

"Quando mi sono sposata pensavo che fosse veramente per sempre", quindi è stato un  grande dolore essere stata bollata come "una nemica da distruggere" attraverso una svalutazione costante della sua persona, come racconta. Lui non le ha mai messo una mano addosso, non l'ha mai picchiata, "ma ha cominciato un lavoro di distruzione psicologica terribile" che l'ha fatta sentire dentro una trappola. La violenza psicologica, spiega, "è una goccia che scava la pietra". 

Francesca è stata vittima anche di violenza economica. Si occupava di tutto: della casa, del cibo, dei conti. Guadagnava un ottimo stipendio, ma ha dovuto mettere da parte tutte le sue ambizioni, le spese erano concentrate su di lui: hobby, abbigliamento costoso, gite, racconta. "Io ero sempre un po' sciatta e non mi concedevo veramente niente, ero concentrata sulla famiglia". Una disparità nel tenore di vita evidente che "sembra assurda all'interno di una famiglia, ma lui la faceva sembrare normale". Quando glielo faceva notare diventava immediatamente molto aggressivo: "Mi veniva vicino gridandomi in faccia. Mi diceva che ero una str***a, una manipolatrice, che mi inventavo le cose, che ero una persona terribile. Io provavo a farlo ragionare, ma era impossibile". 

La situazione è peggiorata ulteriormente quando l'azienda in cui lavorava Francesca ha chiuso e lei ha trovato lavoro nel campo del suo ex marito. Sin da subito ha avuto successo, ma lui "anziché essere contento e supportarmi, è entrato in competizione con me, facendomi proprio un lavoro di sabotaggio, sminuendo la mia persona, le mie capacità". Spesso, mentre lavorava a un progetto e lui passava, le buttava via il lavoro – "lo gettava letteralmente a terra" – e le diceva frasi come "ma lascia perdere, non sei capace".

Come spesso accade in storie come queste, c'è stato un evento che ha segnato un prima e un dopo"Un giorno mi ha sputato addosso e mi ha detto qualcosa tipo "sei una pu***na” e se n'è andato. Quello sputo per me è stato centomila volte peggio di un pugno in faccia". È stato quello il momento in cui Francesca ha detto "basta" e ha cercato realtà che prevedono la presa in carico della donna vittima di violenza, sia dal punto di vista psicologico, che legale.

Il percorso di Francesca

Dopo una separazione lunga e conflittuale gli episodi di violenza non sono finiti. Dopo il divorzio lui le ha detto che quelli del giudice "erano solo suggerimenti". Da un lato non pagava gli alimenti, quindi non faceva la sua parte – costringendo Francesca a fare due o tre lavori contemporaneamente per sostenere le spese di casa –, dall'altro non permetteva a lei di fare la sua: "Quando sapevo che avrebbe dovuto tenere lui i figli  programmavo di occuparmi di un lavoro, ma lui non si presentava. Ho perso diversi lavori per questo".

Il rimpianto di Francesca è aver capito tante cose solo dopoHa deciso di raccontare la sua storia a Fanpage.it anche per invitare le donne che stanno vivendo una situazione simile alla sua a non ignorare i campanelli di allarme. "Se si vedono comportamenti lesivi dei propri diritti, non bisogna aspettare nella speranza che le cose cambino o nella paura di rovinare la bella famiglia che si era immaginata". È importante chiedere aiuto prima che sia troppo tardi perché "le strutture, ahimè, sono poco pubblicizzate, ma le possibilità di chiedere aiuto ci sono". 

Alla fine del suo racconto la domanda che sorge spontanea è se emotivamente sia possibile lasciare andare una vicenda di questo tipo. Con gli occhi gonfi di lacrime, ma la voce decisa, dice che "si può e si deve lasciare andare. Un carico del genere non lo lasci andare in un giorno– lei ci sta lavorando tutt'oggi –, ma nonostante tutto sono qui e ho incontrato persone bellissime che mi aiutano tutti i giorni". 

Una goccia che scava la pietra

Come spiega Paola D'Alleva, psicologa dello "Spazio Donna" di WeWorld – realtà che accoglie e accompagna le donne vittime di violenza di genere sia dal punto di vista psicologico, che di riqualificazione professionale – i maltrattamenti di tipo psicologico ed economico "spesso sono intrecciati e contraddistinguono una relazione in cui la distribuzione delle risorse e del potere è di tipo asimmetrico". Una relazione, quindi, nella quale una delle due parti usa questa disparità per mantenere l'altra in uno "stato di soggezione".

Paola D'Alleva, psicologa Spazio Donna WeWorld
Paola D'Alleva, psicologa Spazio Donna WeWorld

Questa condizione, stando ai dati raccolti nel report "Ciò che è tuo è mio. Fare i conti con la violenza economica" – realizzato nel 2023 da WeWorld e Ipsos – interessa il 49% di un campione di donne rappresentativo per età e area geografica della popolazione italiana (percentuale che sale al 67% per le donne separate o divorziate). Nonostante ciò, solo il 59% dei cittadini considera i maltrattamenti di tipo economico molto gravi.

Questo succede anche perché, come spiega Paola D'Alleva, a differenza della violenza fisica che spesso è "immediatamente visibile, quella psicologica ed economica sono meno evidenti". Francesca la definisce come "una goccia che scava la pietra": logora lentamente chi ne è vittima attraverso svalutazioni continue, minacce, insulti, manipolazioni, fino ad arrivare al completo isolamento.

La porta per uscire dalla violenza è sempre aperta

"Riconoscere che si è persone degne di valore e di rispetto è un elemento che fa fare il salto alla donna per chiedere aiuto e sviluppare maggiore consapevolezza", spiega Paola D'Alleva. Nel caso di Francesca questa consapevolezza è arrivata dopo molti anni e la difficoltà maggiore che ha incontrato è stata confrontarsi con un "problema che sanguina per le lungaggini burocratiche" e perché, spesso, i servizi di aiuto che esistono non sono così visibili o pubblicizzati come dovrebbero. Lei ha visto un volantino dello Spazio Donna mentre era in fila in un Caf (Centro di Assistenza Fiscale), per puro caso.

Un caso che ha spalancato la porta per uscire dai maltrattamenti e dalla sofferenza. Il suo percorso psicologico e di riqualificazione anche dal punto di vista lavorativo le sta permettendo di immaginare "una vita più luminosa". 

Quanto più si riescono a riconoscere i campanelli d'allarme quanto più è possibile rivolgersi a livello preventivo alle strutture che accompagnano la donna a svincolarsi. Il primo passo è riconoscere che ci sono alcuni comportamenti che non possono essere accettati, dare loro un nome e riconoscere il proprio diritto a essere persone serene. Prima di salutarci Francesca in una frase racchiude il senso di tutta la sua storia: "Anche io esisto. E voglio esistere".

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