Focolaio in palestra a Milano, Galli: “Con i vaccini siamo meno indifesi contro la variante Delta”
Sono saliti a cinque i casi di variante Delta accertati in una palestra a Milano, dove si è sviluppato un focolaio di Coronavirus che ha portato finora a 14 contagi. Fanpage.it ha chiesto al professor Massimo Galli, primario di Malattie infettive dall'ospedale Sacco di Milano quanto la diffusione di questa variante in Lombardia (81 i casi accertati da dicembre 2020 allo scorso 14 giugno, con un picco a maggio) debba farci preoccupare.
Professore, i casi di variante Delta accertati nella palestra di Milano sono aumentati. C'è da preoccuparsi?
Tocca prendere atto che il problema di questa variante esiste. Tocca ricordare che la variante indiana o Delta ha sostituito rapidissimamente in India la variante Alpha o inglese che era predominante e avendola sostituita ha creato un problema che ha portato in un poco più di un mese i casi in India da 12mila e 400mila al giorno. Poi adesso fortunatamente la situazione ha visto un declino o una riduzione della problematica. Comunque questo è quello che ha fatto la variante Delta in India e anche, in termini di isolamenti attuati, in Gran Bretagna, dove si è andata rapidamente a sostituire alle varianti circolanti.
In Lombardia ci si deve attendere un incremento simile a quello visto in Gran Bretagna?
Senta, sia in Gran Bretagna sia qua da noi la variabile a nostro favore, rispetto alla variante, è il fatto che ci ritroviamo tantissima gente vaccinata. Cosa che aiuta a limitare la circolazione ma aiuta soprattutto ad evitare che siano colpiti in modo grave coloro che sono più a rischio. Questo tutto sommato è l'elemento fortemente rassicurante e rasserenante: questa variante arriva da noi in un momento in cui siamo non voglio dire completamente difesi, ma meno indifesi.
Cosa si può fare per limitarne la circolazione?
Mi auguro che si possano contenere i fenomeni e che si possa agire in maniera molto valida con il tracciamento a partire dai focolai osservati, in modo che aiuti a limitare l'ulteriore circolazione dell'infezione. Dopodiché la variante c'è, e pensare che non ci darà filo da torcere è purtroppo impossibile.
Professore il fatto che il focolaio si sia sviluppato in una palestra può significare che le riaperture siano state un po' troppo avventate? Si è scommesso forse troppo sull'efficacia della vaccinazione, rispetto ai rischi legati alle riaperture?
Guardi, d'altro canto non è che ci sia molto da dire in alternativa: purtroppo siamo in una situazione in cui il problema non è finito. Che però con il numero di vaccinazioni ci si possa avviare a conviverci di più è un dato di fatto. Ovviamente ci mancano le vaccinazioni dei più giovani e di parecchi anziani, e quindi non dobbiamo farci mancare le opportune cautele. Io sono talmente stanco e disgustato del tiro alla fune di determinati politici che mi piacerebbe più che altro ricordare alla gente, che invece è bravissima nel cogliere i messaggi, che tocca stare attenti e muoversi di conseguenza.
Il tiro alla fune della politica è adesso molto concentrato sulle mascherine. Il governo pensa di eliminare l'obbligo di indossarla, almeno all'aperto, a metà luglio. Lei che ne pensa?
Le mascherine sono uno strumento, non un feticcio e come tale vanno utilizzate con la testa. Ci hanno aiutato tantissimo, hanno perfino cancellato assieme alle misure di contenimento e ai vari lockdown una stagione influenzale per intero, perché quest'anno le sindromi influenzali sono state pochissime. Però il mio consiglio alle persone anziane, fragili, con problemi di salute di varia natura è: tenetevi la mascherina anche se siete vaccinati, utilizzandola nelle situazioni affollate all'aperto e al chiuso. Ai giovani che non sono ancora vaccinati dico: tenetela nelle stesse situazioni per evitare di infettarvi proprio adesso più o meno consapevolmente e di essere inconsapevolmente veicolo di infezioni per altri. Francamente è inutile fare storie sul metterla o non metterla, è inutile darle un significato simbolico che non ha: è uno strumento, bisogna usarlo con la testa per chi ha motivo di usarlo, e alla fine ci siamo dentro un po' tutti ancora.
Ritornando al focolaio Covid in palestra a Milano: la persona che per prima è risultata positiva alla variante Delta aveva completato il ciclo vaccinale.
Noi stiamo vaccinando contro l'ingresso in ospedale, contro l'ingresso in rianimazione e contro il finire al cimitero. Può succedere, come abbiamo visto per la variante inglese, che il motivo dell'infezione di un vaccinato sia semplicemente che pur avendo risposto al vaccino la copertura offerta dal vaccino non sia stata completa, ma in questo caso comunque si sviluppa un'infezione mite. Può succedere però che ci siano persone, e una certa piccola percentuale non del tutto quantificata certamente c'è, che al vaccino non hanno proprio risposto: ed è dunque come se non fossero state vaccinate. E questo è un altro dei criteri per cui sarebbe necessario che noi medici si fosse più liberi e sostenuti nella possibilità di andare a fare la determinazione della risposta anticorpale, che non è un parametro esaustivo ma un elemento informativo importante.
Dopo quanto tempo andrebbe fatta quest'analisi?
A seconda delle circostanze, potrebbe essere interessante farlo già dopo la prima dose o in altri casi a una quindicina di giorni dalla seconda dose.
Potrebbe essere un test clinico da standardizzare, quindi.
La realtà è buffa, perché lo sta facendo il mondo, ma c'è ancora un rumoroso silenzio di chi dovrebbe occuparsene in maniera diretta nell'interesse generale.
Si riferisce a mancanze a livello di politica sanitaria nazionale?
Esatto, questo è uno di quei casi in cui bisogna prendere in mano le cose, in un Paese avanzato e ad alto reddito. Perché è chiaro che l'Oms queste cose non le andrà a dire pubblicamente, considerando le difficoltà praticamente insormontabili che ci sono per fare questi test nei Paesi a basso reddito.