Fino a 16 ore di attesa nei pronto soccorso in Lombardia: lunedì è il giorno peggiore della settimana
Carenza di personale negli ospedali ma anche di medici di base, poche ambulanze, letti bloccati da chi anche se può essere dimesso non sa dove poter trascorrere la convalescenza, incremento dei casi da codice rosso. Tutti questi elementi, sommati uno all'altro, stanno portando a una dilatazione sempre maggiore dei tempi d'attesa nei pronto soccorso degli ospedali lombardi. Emergenza che si percepisce in particolare nei lunedì, quando in media vengono accolti tra l'11 e il 15 per cento di pazienti in più rispetto al resto della settimana e quando i cittadini in codice bianco e verde attendono anche 16 ore prima di una visita.
Questi dati sono stati raccolti da Euol (Emergenze urgenze online), il sistema informativo di gestione delle emergenze implementato da Regione Lombardia per avere un quadro più chiaro della situazione sanitaria del territorio in modo da poter bilanciare il flusso dei cittadini indirizzati dalla centrale del 118 ai vari pronto soccorso. Tuttavia, non si tratta di un problema che riguarda solo i casi meno gravi, perché è stato rilevato che nel 2022 anche gli altri hanno dovuto attendere in media 11 ore per ottenere un posto letto. Numero in netto aumento rispetto al 2017, quando l media era di 6,8 ore.
In un anno, più di 3 milioni di pazienti
Analizzando per intero i dati della sanità lombarda, si osserva innanzitutto come ci sono circa 100 pronto soccorso dove nell'anno scorso sono arrivati 3 milioni e 303mila pazienti. All'incirca, quindi, un cittadino su tre ha chiesto assistenza (la Lombardia conta in totale poco meno di 10 milioni di residenti). Di questi, l'80 per cento ha raggiunto il presidio ospedaliero in modo autonomo, mentre il restante 20 per cento è stati trasportato dal 118.
A coordinare le operazioni, sono le centrali come quella di Milano. Questa, ad esempio, deve farsi carico oltre che dei residenti, anche dei pendolari e dei visitatori in occasione di grandi eventi. Ascoltata la richiesta di intervento, arriva un altro problema: le ambulanze. Oltre a essere poche, quelle attualmente in servizio a volte non riescono nemmeno a stare al passo con le chiamate. Infatti, capita non di rado che i mezzi rimangano parcheggiati per ore perché non c'è nessuna barella libera.
L'intasamento dei pronto soccorso
Quando il paziente riesce, in qualche modo, a raggiungere il pronto soccorso, deve fronteggiare un altro ostacolo ancora: il triage. Secondo quanto raccolto da Euol, il 76 per cento dei casi vengono categorizzati sotto i colori bianco e verde, i meno gravi. Ma non si può parlare di poca responsabilità da parte dei cittadini, o almeno non si tratta solo di quello.
Tornando allo scorso novembre e dicembre, per esempio, i pronto soccorso furono presi d'assalto da genitori abbandonati a loro stessi. L'influenza aveva iniziato a diffondersi rapidamente e precocemente, colpendo soprattutto la fascia d'età 0-4 anni. Tante mamme e papà, non sapendo come gestire al meglio la malattia del proprio figlio, si rivolsero ai medici pediatri che ben presto divennero irraggiungibili. Perciò, l'unico modo per ottenere assistenza medica era diventato andare al pronto soccorso.
I pazienti più gravi e i bed blocker
Come se non bastasse, sempre secondo i dati raccolti dal sistema Euol, negli ultimi anni i codici rossi sono progressivamente aumentati. Si è passato dall'1,5 per cento di casi (quindi 49.800) al 2,3 per cento del 2022 (75mila). Tuttavia, anche per questi casi più gravi reperire un letto libero non è facile.
Nicola Montano, che è il primario del Policlinico di Milano, ha dichiarato che "circa il 20 per cento dei letti di Medicina interna è occupato da bed blocker", ovvero persone che potrebbero lasciare l'ospedale ma che non hanno un posto dove trascorrere la convalescenza. In questo modo, i pazienti rimangono in attesa chissà per quanto tempo sulla barella che si liberi un posto.
La carenza di personale negli ospedali
Infine, rimane una costante il problema della carenza di personale. Secondo Simeu (Società italiana di medicina di emergenza urgenza), in Italia si sono dimessi 600 medici solo nei primi sei mesi del 2022. Nonostante le varie proposte, non c'è ancora un'indicazione univoca sul numero di operatori sanitari che devono lavorare in un pronto soccorso.
Perciò, ogni struttura sanitaria si organizza come meglio crede e quando si presenta una mancanza, si rivolge sempre più spesso a cooperative e ai medici cosiddetti "a gettone", facendo aumentare sensibilmente le spese. Secondo il personale medico, per iniziare a scalfire questo muro di difficoltà sanitarie si dovrebbe pensare a un modo per liberare i posti letto, auspicando una reazione a catena che porti a ridurre i tempi di attesa per tutti i pazienti, gravi e non.