Fabio Ravasio travolto e ucciso in bici per volere della compagna, gli amici: “È disumano”
"Non ci sono parole per descrivere come ci sentiamo, Fabio era una persona talmente buona da restare accanto anche a chi non si comportava con lui in maniera limpida" dice a Fanpage.it Gianni Gioia, amico storico di Fabio Ravasio, 52enne ciclista travolto e ucciso a Parabiago mentre era in sella alla sua amata mountain bike.
A sconvolgere familiari e amici è stata prima la morte dell'uomo, nella prima serata di venerdì 9 agosto, poi la verità su come essa è realmente avvenuta. Non un tragico incidente sulla strada, ma un ancora più drammatico omicidio premeditato.
La compagna studiava da mesi il piano omicidiario
Opera di un pirata della strada, si era subito pensato, che non aveva prestato soccorso a Ravasio, sbalzato dalla sua mountain bike fin dentro un campo che affianca via Vela. Dinamica che però non aveva convinto da subito gli inquirenti, i quali avevano scoperto che lo stesso tipo di autovettura che aveva investito il 52enne – una Opel Corsa nera con targa contraffatta -, filmata dalle videocamere di sorveglianza, era appartenuta in passato proprio alla compagna della vittima, Adilma Pereira Carneiro, 49 anni, brasiliana. Con lei Fabio aveva due figli piccoli.
Le indagini dei carabinieri della Compagnia di Legnano, dopo due settimane di intercettazioni, hanno portato a galla una verità inquietante: a ordire il piano omicidiario sarebbe stata proprio Adilma Pereira Carneiro, intenzionata ad appropriarsi dell'eredità di Ravasio. Per metterlo in pratica la donna si era avvalsa della collaborazione di altre cinque persone: il fidanzato 32enne di una figlia di Carneiro, avuta da una precedente relazione, un 45enne, che nell'operazione avrebbero fatto da palo, un altro figlio della donna, 26enne nato in Brasile, un amico 51enne di quest'ultimo e un barista 47enne, regista della banda. A tutti loro era stato promessa in compenso parte dell'eredità di Fabio Ravasio.
Un piano studiato da mesi, che si è concluso nella giornata di ieri, venerdì 23 agosto, con l'arresto dei sei componenti della banda, ora chiamati a rispondere dell'accusa di omicidio aggravato dalla premeditazione.
Il ricordo degli amici
"Fabio – racconta l'amico Gianni Gioia a Fanapge.it – era una persona incapace di stare ferma. Amava lo sport, di qualsiasi tipo. Oltre alla bicicletta, il tennis, ambito nel quale aveva conosciuto Gianni. Nato a Milano, si era poi trasferito a Parabiago, dove aveva stretto relazioni amicali e affettive. L'ultima, anni fa, con Adilma Pereira Carneiro.
"Me l'aveva presentata anni fa – riferisce Gioia -, ma non eravamo entrati in confidenza né mi ero fatto un'impressione particolare su di lei. D'altronde Fabio, sul piano personale, era un tipo riservato, parlava poco della sua intimità domestica. Certo è – continua – che una cosa del genere non era minimamente immaginabile: Fabio era una delle persone più buone che conoscessi, avevamo tanti amici in comune e nessuno mai ha avuto a che dire con lui".
"Negli ultimi tempi, soprattutto dopo il Covid – prosegue l'amico – ci vedevamo meno, ma Fabio era uno di quegli amici con cui la confidenza non si affievoliva mai: bastavano cinque minuti di chiacchiere e due dritti in campo per recuperare mesi e anni senza vedersi".
Lo sconcerto, insieme al dolore e alla rabbia, sono sentimenti che uniscono la grande cerchia di amici intorno a Fabio Ravasio: "Siamo costernati – conclude Gianni -, non solo per la scomparsa del nostro amico, ma anche per la dinamica della stessa. È qualcosa di impensabile e crudele, che Fabio non meritava. Ciò che è successo è davvero fuori da ogni logica e prima ancora fuori da ogni senso di umanità".