Ergastolo per Alessandro Maja dopo la strage di Samarate: “Ha atteso il sonno dei familiari per ucciderli”
Nessun raptus, nessun disturbo psichico. Per i giudici della Corte d’Assise d’Appello di Milano Alessandro Maja, il padre omicida che nel maggio del 2022 sterminò moglie e figlia 16enne (riducendo in fin di vita il primogenito Nicolò) mentre dormivano nella villetta di famiglia a Samarate nel Varesotto, era "pienamente capace di comprendere il disvalore di ciò che si accingeva a compiere". E anzi, avrebbe potuto "desistervi come ha saputo fare a favore di sé medesimo" nel maldestro tentativo di togliersi la vita dopo la strage.
Parole della Corte d’Assise d’Appello nelle motivazioni della sentenza con cui il 14 febbraio aveva confermato l’ergastolo per Alessandro Maja. Che quella notte di inizio maggio non ha agito "in un impeto" ma ha "atteso il sonno" della moglie e dei figli per colpire. La sopravvivenza di Nicolò? "Soltanto una fortunata coincidenza".
Alessandro Maja, insomma, avrebbe sterminato la sua famiglia per motivi "sfuggenti": i contrasti e il rapporto "logoro" con la moglie possono "giustificare una separazione consensuale", sì, ma non certo una "spinta omicidiaria" come quella che l'interior designer di Samarate ha messo in atto nottetempo. Una furia omicida non seguita in fondo da nessun reale pentimento, legato più che altro al "percorso rieducativo" in carcere e a eventuali "benefici" sulla pena che a una sincera presa di coscienza dei fatti.