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Eredità Gucci: “Patrizia Reggiani manipolata dall’ex compagna di cella e messa contro le figlie”

Per la Procura Loredana Canò “condizionò pianamente” Patrizia Reggiani, convincendola che fosse necessario “fare la guerra alle figlie” Alessandra e Allegra e trasferendosi addirittura nella sua villa milanese. L’ex Lady Gucci è stata condannata a 26 anni come mandante dell’omicidio del marito Maurizio.
A cura di Francesca Del Boca
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Svolta nell'inchiesta che vede protagonista Patrizia Reggiani, ex signora Gucci condannata a 26 anni di carcere come mandante dell'omicidio del marito Maurizio nel 1995, e la sua ingente eredità. Al centro l'ex amica conosciuta in cella ai tempi della detenzione a San Vittore, ora a processo con l'accusa di aver manipolato la 75enne: per la Procura Loredana Canò, infatti, "condizionò pianamente" la donna, vittima della "sempre più ingombrante presenza" della compagna di stanza, convincendola che fosse necessario "fare la guerra alle figlie" Alessandra e Allegra e trasferendosi addirittura nella villa di Patrizia Reggiani per rispondere al telefono o alle mail al posto della padrona di casa.

Un vero e proprio raggiro da parte di un gruppo (formato dalla compagna di cella e altre tre persone) che avrebbero approfittato del suo stato di "fragilità psichica" per poter mettere le mani sul suo patrimonio materno, tra cui un centinaio di appartamenti a Milano e circa 20 milioni di euro. Le accuse, a vario titolo, sono quelle di circonvenzione di incapace, peculato, furto di oggetti preziosi, induzione indebita.

Il processo si occuperà anche del furto imputato a Loredana Canó nel 2017 a casa Reggiani di due anelli, un braccialetto e una collana, fatti passare come rubati da qualche domestico. E dei 15mila euro in contanti chiesti a un canale tv per un’intervista rilasciata dalla stessa Reggiani.

Oltre a Loredana Canò, sono stati rinviati a processo Marco Chiesa (consulente finanziario della madre di Reggiani caldeggiato da Canò un altro avvocato all’epoca amministratore di sostegno, già uscito dal processo con un patteggiamento a 2 anni), e i commercialisti Mario Wiel Marin e Marco Moroni. Secondo l’accusa anche loro avrebbero sfruttato le precarie condizioni di salute di Silvana Barbieri, madre di Patrizia Reggiani, e delle difficoltà psicologiche della figlia per distrarre a loro favore l’ingente patrimonio derivante dall’eredità materna. Prosciolto invece il presidente di Coni Lombardia Marco Riva, amico e testimone di nozze dell'allora amministratore di sostegno, con l’assoluzione dell’avvocato Maurizio Enrico Carlo Giani.

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