Epatite acuta nei bimbi, il pediatra Banderali a Fanpage.it: “Niente allarmismi”
Un bambino di quattro anni è stato ricoverato nei giorni scorsi all'ospedale San Paolo di Milano. Aveva un colorito giallognolo e dai primi esami erano emersi alcuni valori del fegato alterati. Sono stati avviati subito degli accertamenti, per capire se si tratta o meno di un caso di epatite acuta pediatrica. Sarebbe il quinto caso confermato in Italia di cui non si conosce la causa. A distanza di pochi giorni, le condizioni del piccolo paziente sono migliorate ed è già sulla via della guarigione. Tuttavia, dopo l'allerta lanciata a inizio aprile dai medici della Gran Bretagna, in tutta Italia si è attivata e rafforzata la rete di sorveglianza. La Lombardia, ad esempio, nella riunione di martedì 26 aprile ha invitato i direttori degli ospedali della regione e delle Agenzie di tutela della salute a mantenere alta l'attenzione, a raccogliere campioni biologici e a ricontrollare le cartelle dei pazienti arrivati negli ultimi mesi. Il direttore del reparto Pediatria e patologia neonatale all'ospedale San Paolo di Milano, professor Giuseppe Banderali ha spiegato a Fanpage.it cosa sappiamo ad oggi di questa epatite e quali sono i prossimi passi da compiere per capirla meglio.
Professor Banderali, cos'ha di diverso questa epatite da quelle che conosciamo già?
Di diverso ha che non ne conosciamo ancora l'origine. Le epatiti possono essere provocate da agenti diversi e non sappiamo quale causa questo tipo qua. Anche se non sembra ne sia comparso uno nuovo. I sintomi, invece, sono gli stessi delle forme di epatite già note. Quindi è una tipologia che possiamo scoprire solo dopo aver effettuato esami approfonditi.
Da dove è partita la prima segnalazione?
L'alert è arrivato dalla Gran Bretagna. Erano i primi giorni di aprile e da quel momento la sorveglianza è attiva ovunque. Secondo i dati che pubblica l'Organizzazione mondiale della sanità, in tutto il mondo sono confermati 169 casi di epatite acuta nei bambini. Di questi, 74 solo in Gran Bretagna.
E in Italia?
Da noi ad oggi sono quattro i casi confermati dall'Oms. Da quando è partita la segnalazione, si è potenziata la sorveglianza in tutta Italia. Non che prima non ci fosse, anzi. Per questo tipo di virus da anni è prevista una procedura precisa di azione. Però diciamo che adesso, se qualcuno ha un dubbio, fa un controllo in più. Direi che non ci sono chiari segnali di allarmismo. Ci sono sempre stati decine di casi di epatiti, al momento non stiamo assistendo a un incremento particolare. Siamo però ancora in fase di raccolta di dati, quindi è presto per trarre conclusioni. Dopo quanto abbiamo vissuto con il Covid, nessuno vuole essere superficiale nei controlli.
Possiamo dire che l'esperienza del Covid ci ha insegnato qualcosa.
Possiamo dire che sì, se ci ha lasciato qualcosa di buono è che adesso non dobbiamo più aspettare giorni prima di incontrarci tra colleghi e fare il punto su determinate situazioni. La riunione con il Welfare lombardo l'abbiamo organizzata in pochi giorni: tutti a distanza, eravamo centinaia. Fino a due anni fa era una cosa che si doveva fare di persona. Ora, per fortuna, i tempi sono molto più rapidi.
Avete ricevuto altre segnalazioni al San Paolo?
L'ultimo è stato il bambino di quattro anni che ora sta molto meglio, devo dire. Certo, un po' di preoccupazione c'è e non è per forza un male. I casi sospetti non devono sfuggire, specie in questo momento di raccolta dati. Dobbiamo essere veloci e scrupolosi nei controlli.
Dobbiamo preoccuparci?
Direi che siamo ancora lontani dal giorno in cui ci dovremo preoccupare. Stiamo assistendo alla riscoperta di virus che ormai non erano più così comuni. C'è chi dice che il ritorno alla normalità dopo due anni di Covid possa aver accelerato la diffusione di malattie che non siamo più abituati a fronteggiare. Può essere. Ricordo che a novembre, per esempio, c'è stato un incremento improvviso di casi di Rsv, il virus respiratorio sinciziale (che causa bronchiti e polmoniti infantili, ndr). A gennaio era già tutto finito.
Sembra che questi virus ci stiano colpendo a intervalli regolari.
Guardiamola da un altro punto di vista. Se vogliamo che la sanità sia trasparente, questo è un rischio che dobbiamo correre. Dobbiamo mettere in conto che ogni tanto ci possiamo spaventare. Bisogna, però, tenere sempre a mente che i casi si devono valutare con metodo scientifico. Ci si deve basare sempre e solo sui dati, sulle evidenze scientifiche che raccogliamo, senza fare allarmismi.