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Enrico, veterinario minacciato di morte e picchiato: “Mi hanno anche sparato e quasi bruciato la casa”

In uno scenario in cui le aggressioni e le intimidazioni rivolte ai veterinari sono in costante aumentano, Enrico racconta a Fanpage.it la sua storia di veterinario ufficiale.
A cura di Giulia Ghirardi
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La nostra redazione riceve lettere e testimonianze su diverse storie che riguardano aggressioni nei confronti di medici. Decidiamo di pubblicarle per spingere a una riflessione sulle condizioni in cui versano molti operatori sanitari. Invitiamo i nostri lettori a scriverci le loro storie cliccando qui.

"Sono stato minacciato di morte, mi hanno sparato dietro, sono stato picchiato e mi hanno quasi bruciato la casa". Sono queste le prime parole di Enrico (nome di fantasia), veterinario ufficiale che ha deciso di raccontare a Fanpage.it la sua esperienza in merito alle aggressioni che i veterinari subiscono sui luoghi di lavoro.

Come emerge dall'Osservatorio Nazionale sulla sicurezza degli operatori e sull'attività di Medicina Veterinaria pubblica, il problema della sicurezza delle condizioni di lavoro dei medici veterinari che operano nei Dipartimenti di Prevenzione delle Asl non è un tema da sottovalutare. Sempre di più, negli ultimi anni, sono infatti aumentate le intimidazioni e le aggressioni a questa particolare categoria di professionisti sanitari.

Per dare dei numeri. In Italia sono presenti meno di 5000 Medici veterinari di sanità Pubblica. Sono centinaia le denunce fatte negli ultimi anni per aggressioni e minacce, più di cento quelle depositate dai veterinari associati di SIVeMP (Sindacato Italiano Veterinari Medicina Pubblica). Tra i luoghi più a rischio, quello dei macelli della Brianza.

"Il nostro è un lavoro a domicilio, sulle montagne, nelle aziende, negli stabilimenti, lontano da tutto e da tutti. Abbiamo delle problematiche diverse da quelle che hanno i normali operatori sanitari" , ha raccontato Enrico a Fanpage.it. "A differenza dei medici che lavorano in un contesto dove ci sono forze dell'ordine o corpi di vigilanza a supervisionare, a noi veterinari capita spesso di trovarci in luoghi dove questa tutela manca totalmente e dove addirittura, in alcuni casi, manca anche la copertura wifi per chiedere aiuto". 

La minaccia di morte: "Venne e mimò il segno della pistola alla testa"

In questo scenario, isolato e con poche tutele, Enrico ha raccontato di aver spesso subito aggressioni e di aver ricevuto svariate intimidazioni. La più grave è una minaccia di morte. "Nel 2014 ho ricevuto una minaccia di morte mentre mi trovavo nell'ufficio dell'unità operativa veterinaria nella quale operavo al tempo", ha detto ancora Enrico.

"A minacciarmi è stato un allevatore al quale avevo fatto un controllo ufficiale al quale erano seguite delle sanzioni sanitarie per la notifica di un focolaio di tubercolosi nell'allevamento. L'allevatore venne e mi mimò il segno della pistola alla testa. Mentre faceva il gesto ha detto: vengo e ti sparo in testa". In seguito alla minaccia Enrico ha sporto querela, "purtroppo – ha continuato – né l’ASL né la Regione si sono costituite parte civile, sono rimasti solo".

Le altre minacce: l'incendio e le botte

La minaccia di morte è, però, soltanto una tra le tante minacce e aggressioni ricevute da Enrico nel corso della carriera. Tra queste, anche un atto intimidatorio subito direttamente in casa propria. "Dopo aver effettuato un controllo in un’azienda, dopo circa una ventina di giorni sono entrati nella casa che ho in campagna, hanno acceso delle candele sotto le sedie e hanno lasciato una bombola semiaperta in salotto che ha fatto bruciare il salone della casa".

"Un'altra volta ancora, sono stato preso a pugni in un’azienda mentre effettuavo un controllo ufficiale. E come questa ne sono successe tante altre", ha spiegato ancora Enrico a Fanpage.it – "Purtroppo ci sono tante storie come la mia. Una collega, per esempio, ha subito delle violenze sessuali durante delle visite in un macello".

Gli interessi economici e il perché delle minacce

Secondo quanto emerso dal dossier presentato da SIVeMP sull'"Analisi del contesto delle aggressioni ai medici veterinari di sanità pubblica", nel campo della medicina veterinaria le aggressioni si manifesterebbero soprattutto per motivazioni attinenti per lo più alle funzioni ispettive di vigilanza e controllo – svolte in qualità di pubblici ufficiali, di incaricati di pubblico servizio e a seconda dei casi anche di ufficiali di polizia giudiziaria – nelle branche della sanità pubblica di prevenzione e tutela della salute umana e repressione delle frodi sanitarie, del benessere degli animali e di tutta la filiera alimentare dei prodotti di origine animale.

Ma questo perché accade? "Le motivazioni risiedono nel fatto che le azioni intraprese dai veterinari ufficiali spesso entrano in conflitto con gli interessi economici degli allevatori o dei macelli. Perché le sanzioni nelle quali possono incorrere dopo un controllo ufficiale hanno un impatto diretto sugli allevatori", ha spiegato ancora Enrico a Fanpage.it.

"Mi è capitato, per esempio, di dover svolgere un controllo per un ipotetico focolaio di tubercolosi in un allevamento di bovini. Un controllo che si effettua in loco attraverso la intradermoreazione della tubercolina negli animali e un ricontrollo della cute a 72 ore di distanza. In quel caso, l'animale è risultato essere positivo alla tubercolosi. Quando un animale è infetto, per legge, deve essere mandato al macello. Ma in tutti i casi in cui vengono trovati degli animali infetti, viene anche ritirata la qualifica in tutta l'azienda. Questo si tramuta in un immenso danno economico perché, oltre a perdere gli animali, viene, per esempio, deprezzato il latte che l'allevamento produce".

I vari provvedimenti, oltre a quello di abbattimento dell'animale, possono riguardare anche i limiti alla movimentazione e alla commercializzazione degli animali, il mancato riconoscimento di indennizzi, la sospensione o la chiusura di attività produttive o la riduzione della capacità lavorativa di un’azienda, la distruzione di derrate alimentari, l'irrogazione di sanzioni, denunce all’autorità giudiziaria. Dunque, come emerge dalle parole di Enrico, a un controllo ufficiale del veterinario possono conseguire provvedimenti che toccano da vicino le tasche degli allevatori. "Per questo, consapevoli delle conseguenze, nella maggior parte dei casi le reazioni sono due: o provano a corromperti o ti minacciano. In ogni caso, in quel momento, sei il nemico numero uno".

In questi contesti, il medico veterinario si pone dunque con un ruolo di collegamento tra le istituzioni regionali, nazionali e comunitarie e il mondo agro-zootecnico alimentare, diventando – di fatto – il catalizzatore del malcontento e attirando su di sé ogni forma di protesta, ma anche azioni di rilevanza penale quali intimidazioni, attentati e aggressioni.

Proposte di misure preventive e correttive per la tutela dei veterinari

"Serve intervenire per garantire sicurezza a noi veterinari. E questo serve farlo soprattutto in alcuni territori a rischio dove la situazione è particolarmente grave come i macelli della Brianza o gli allevamenti del Casertano", ha spiegato Enrico a Fanpage.it. "Prima di tutto si potrebbe disporre che i controlli siano fatti almeno in due persone, non da soli".

"Già l’anticorruzione nel 2012 aveva delineato delle linee guida in cui si chiedeva alle ASL di affidare i controlli e le ispezioni ad almeno due funzionari in equipe per ridurre il rischio di corruzione. Questo potrebbe essere anche un primo passo per ridurre, oltre alla corruzione, anche le aggressioni durante i controlli e le visite", ha concluso Enrico.

"Si potrebbe anche pensare di dotare i telefoni con un’applicazione in grado di tracciare e monitorare gli operatori. La verità è che le misure da adottare potrebbero essere tante ma non interessano a nessuno. Eppure noi non assicuriamo “soltanto” la salute degli animali ma anche la qualità dei prodotti che poi arrivano sulla tavola di tutti. Perché è già successo che colleghe a cui hanno minacciato i figli non hanno poi avuto il coraggio di denunciare. In questo scenario, manca lo stato, mancano le istituzioni, manca gente che voglia ascoltare. E questo fa paura".

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