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Enrico Bertolino a Fanpage: “Ferragni, Bakayoko e il caro vecchio Silvio: ne ho per tutti”

Intervista ad Enrico Bertolino, in scena a Milano lunedì 25 luglio al Castello Sforzesco.
A cura di Filippo M. Capra
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Enrico Bertolino torna ad esibirsi a Milano con uno show di Instant Theatre dal titolo "Unica certezza: l’incertezza!". Da Mario Draghi a Chiara Ferragni, dal Covid ai virologi che "ora devono tornare a lavorare", fino al fermo di Bakayoko ("Da interista sono d'accordo, da cittadino un po' meno"): Bertolino ne ha per tutti, compresa la sua amata Milano. L'appuntamento è per lunedì 25 luglio nella suggestiva cornice del Castello Sforzesco. Fanpage.it lo ha intervistato per parlare dello show, dell'evoluzione della città e dell'essere comici oggi.

Cosa significa da milanese fare uno show al Castello Sforzesco?

È simbolico, c'è una certa emozione perché è la mia città. È anche una mossa un po' suicida in termini di adesione del pubblico per una serie di motivi, è come l'ultimo film che ho fatto con Alberto Sordi. Sapevo non sarebbe andato bene, ma non potevo non farlo.

Lunedì sarà una serata di Instant Theatre: cos'è? 

Sostanzialmente uno spettacolo comico scritto con Luca Bottura incentrato sui temi di attualità. Questo magari penalizza chi viene per vedere il mio repertorio ma tra l'avanzare dell'età, la poca voglia e la poca memoria, non mi va di fare ancora repliche del già visto. Quelle cose mi piacciono solo quando faccio Zelig.

In quale luogo di Milano è stato più bello fare uno spettacolo? 

Mi sono trovato molto bene ai Bagni Misteriosi che ospitano il Franco Parenti. Ho grande nostalgia dei Festival dell'Unità dove era difficile lavorare ma era la cosa più normale e umana possibile. E poi io sono molto legato al Teatro Nuovo di San Babila perché è lì che ho fatto l'esordio serio. Mi mancano anche lo Smeraldo e il Ciak: nel primo ho visto Antonio Albanese che è molto più bravo di me.

Uno spaccato della città che non c'è più. Perché ridi?

Perché questo innanzitutto mi dice quanti anni ho, però mi dice anche che certe emozioni si possono ricreare. Ad esempio alla Triennale di Milano c'è il teatro del giardino interno che potrebbe essere usato per i giovani autori. Ormai non basta più la tv che ha drogato il meccanismo comico: serve ancora il teatro, che è un altro mondo.

È più o meno la stessa cosa che ci ha detto Raul Cremona, vi siete messi d'accordo?

Ma no, anzi! E poi Raul è uno di famiglia, lo conosco da una vita ed è una persona di cultura. Ricordo quando eravamo a fare il raddoppio per Zelig ad un Capodanno. Eravamo io, lui, Ale&Franz, il Mago Forest e Gioele Dix: insomma, una scuola di cabaret che non esiste più perché non ci sono più gli spazi. Noi non abbiamo avuto nessun aiuto e questo ci ha portati ad essere i comici che siamo.

Quali temi di attualità toccherai al Castello?

Tutti i più importanti di questo periodo. Si parte dalla "fase di residenza", quando si doveva stare a casa, per passare dalla "fase della resilienza", la nuova parola che va di moda senza sapere che non c'entra nulla con gli umani perché resilienti sono i materiali, non le persone. E oggi siamo nella "fase della renitenza" dove il milanese ha deciso che il Covid non esiste più, per decreto proprio, popolare. "Esco lo stesso tanto prima o poi lo faremo tutti": questo concetto porta a dire che dietro ci sono i complottisti. Gli stessi che ora sono diventati strateghi e commentano la guerra in Ucraina.

Cos'altro? 

Beh, c'è il ritorno del virologo che è dovuto tornare a lavorare dopo il red carpet di Venezia e questa cosa l'ha reso isterico. Vedremo poi cosa succederà al Governo, se resta "non parlate al conducente", Mario Draghi, o se c'è una svolta a sinistra o a destra prima dei tornanti come il gas russo e tutte le varie sfide. Milano diventa l'emblema di questo perché prima del Covid era la città che doveva diventare regina d'Europa. Se ne parlava solo bene, ora deve riallinearsi per ovvi motivi. E poi il cambiamento climatico, nel 2026 rischiamo di avere le Olimpiadi invernali senza neve. Abbiamo sempre criticato il sud e stiamo diventando il meridiano di Tripoli. Ma ci rendiamo conto che ci sono 40/50enni che fanno jogging alle 14? Che Dio li strafulmini, è una sfida alla vita. Ti appare la Madonna, non sei uno sportivo, stai a casa.

Qualcosa sul fermo di Bakayoko?

Beh, da interista ho approvato che l'abbiano fermato ma come cittadino un po' meno. Non ne siamo usciti migliori, come si diceva, ed è evidente nei comportamenti.

Il problema sicurezza avvertito da Chiara Ferragni?

Lei che vive in una reggia iper protetta! Qualche graffiatina la diamo, ma prima dobbiamo capire che tipo di pubblico abbiamo davanti. Con i musicisti con me sul palco facciamo l'anzianometro per capirlo. Ne approfitteremo anche per alternare musica a prosa facendo un medley dei pezzi di Enzo Jannacci e Giorgio Gaber che hanno contribuito a fare la storia di Milano e non dobbiamo dimenticarcelo.

Da chi stanno venendo dimenticati? Dai giovani? 

Le nuove generazioni vanno alimentate, come sono stato alimentato io quando ero più giovane. Non dobbiamo dimenticarci che questa è la città del premio nobel Dario Fo. Recentemente c'è stato un disamoramento.

Cosa ti ha fatto felice della storia recente di Milano?

Il recupero del Teatro Lirico, dove tra l'altro si esibì per ultimo, prima della chiusura, il più grande comico del 1900: Benito Mussolini. Riaprire il Lirico è un'opera meritoria perché dà un'alternativa alle nuove generazioni. Si consiglia sempre di andare a teatro: ok, ma dove vai se non ce ne sono?

In tv, pare. È un percorso corretto? 

La tv dev'essere un boost, ma ti devi formare altrove. E per formarti altrove ti serve una spalla all'altezza. Il migliore in questo è Claudio Bisio che è spalla e sa fare battute che esaltino il monologo del comico sul palco. Gli dà valore. Se trovi un conduttore non preparato che ti ammazza il tempo comico sei fottuto. Lui e Vanessa Incontrada hanno tenuto in piedi Zelig. Lei è stata meravigliosa nel sapersi prendere in giro. Io voglio vedere comici che dicono quello che pensano e se ne vanno. Se piacciono o no lo vediamo dopo.

Si può ancora scherzare su tutto?

Si deve scherzare su tutto. Ognuno lo fa nel suo stile. Io sono dell'idea che la volgarità non è nella parolaccia ma nel come lo dici. Se dici "cazzo" 40 volte di seguito hai poco testo. E poi abbiamo visto cose molto volgari dove si parlava bene. L'unica cosa che non mi fa ridere è la battuta su chi non ha contradditorio, come i morti. Craxi l'abbiamo lasciato stare dopo che è deceduto, Berlusconi invece resiste, quindi…

Anche se non è più il Silvio bersaglio degli anni d'oro.

No, è vero. Ora ti viene voglia di adottarlo. Dici: ma è ancora lì? Ancora le solite battute, le solite barzellette. Poi però ti dici anche: va beh, lo ascolto, metti che domani non c'è più… E comunque Berlusconi è una persona intelligente, ha saputo sfruttare la satira su di lui a suo favore. I vari Mai Dire, Zelig eccetera andavano in onda sulle sue televisioni, non sulla Rai. È il Mike Bongiorno pensiero: non esiste pubblicità buona e pubblicità cattiva. Esiste la pubblicità.

Cosa non ti piace? 

Quando i titolisti estrapolano frasi da un contesto per fare un titolo che acchiappa e magari non c'entra una minchia col resto. Ne hanno fatto uno di recente su Luca Bizzarri che gestisce Palazzo Ducale a Genova da due anni. A parte che si sono accorti ora che lo gestisce, ma poi non c'entrava nulla con quello che aveva detto. I titoli devono essere accattivanti ma non totalmente fuorvianti. I giornali non hanno ancora perso il vizio.

Come la titoliamo allora questa intervista?

No no tranquillo, ho piena fiducia! Ho fatto questo esempio perché succede anche in tv. Se vogliono, ti prendono un monologo te lo smontano ed esci che sei un idiota.

Cosa ti piacerebbe portare in televisione che non è ancora stato fatto?

La copertina al talk politico travestito da Batman. Ti immagini Batman che arriva e parla come i politici: "Noi a Gotham City la questione criminalità la risolviamo in modo diverso. E comunque non mi interrompa perché io non l'ho interrotta". Pensa ad avere davanti Gasparri che ti guarda ed esclama: "Ma non si vergogna di questa pagliacciata?", "Mi devo vergognare io?" sarebbe la risposta.

Il politicamente corretto uccide l'arte comica di chi fa il vostro mestiere e ne è influenzato?

Io cerco di essere critico su di me, però sì. Se snaturi la tua linea comica poi fai fatica. Se pensi a Raul Cremona, lui ha rischiato di essere per sempre il mago Oronzo. Ma ne è uscito alla grande perché ha una creatività incredibile. Il mio invito ai colleghi è di mantenere quello che gli piace fare. Ci sono epoche diverse: c'è stata quella dei monologhi, quella della standup comedy più agguerrita, quella di Lol.

Di riflesso non osare più nella battuta limita anche lo spirito critico nel pubblico?

Certamente, però il pubblico cambia e non si può pensare di educarlo. È impossibile, non è praticabile. Prima si andava a teatro per goderselo, ora si è spinti dalla curiosità di vedere qualcuno dal vivo piuttosto che su Netflix. Daniele Luttazzi era uno che andava oltre ma a furia di andare oltre, poi, non piaci più. E a teatro non cambi canale.

Ci si può sempre alzare…

A me una volta è capitato che in prima fila una signora facesse la maglia. Sarà stata trascinata lì anche per via dell'abbonamento siglato a inizio stagione. Bisogna andare oltre e vedere come il pubblico reagisce. Io ho un pezzo sui vaccini, i complottisti che parlano di Bilderberg ma per loro è lo Jägermeister, altroché. E sicuramente tra il pubblico ci sarà qualcuno che non si è fatto il vaccino, ma io devo dire quello che penso. Se piace bene, se no bene uguale.

In tv Checco Zalone è andato oltre, specie a Sanremo, ma non è piaciuto a tutti.

Zalone lo portammo a fare uno spettacolo in Sicilia. Stette sul palco per venti minuti e mi accorsi allora della cultura della persona dietro al personaggio. Luca ha una doppia laurea, è uno che sa fingersi ignorante e non lo è per niente. Lui va oltre, sa dove porta il pubblico e sa quando piantarla lì. Come lo sa Maurizio Crozza. Queste cose non si improvvisano, sono talenti.

Come recuperare i luoghi da dare ai giovani comici? 

Di quartiere in quartiere. La Cei, le organizzazioni, le associazioni, dovrebbero mettere a disposizione i loro spazi. Ridare al quartiere i luoghi di aggregazione. Poi magari a fine serata le persone che vedi ti stanno più sui coglioni di prima, ma almeno le vedi, ci parli. Non possiamo vivere in un'incubatrice.

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