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Emilio Fede dopo il ricovero: “Ho rischiato di morire, ora aiuto chi è malato”

“Tante volte ho rischiato la vita, ma questa volta una cosa l’ho capita: la solidarietà è un bene che va coltivato. Ho deciso che dedicherò una parte dei miei averi alla creazione di una fondazione che assista le persone malate, per non dimenticare chi soffre e non ha i mezzi per curarsi”. Così Emilio Fede in un’intervista al Corriere dopo la caduta che lo ha condotto al reparto di terapia intensiva dell’ospedale San Raffaele di Milano.
A cura di Filippo M. Capra
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Torna a parlare dopo il grave incidente che l'ha riguardato Emilio Fede. L'ex direttore del Tg4, ora 89enne, è rimasto vittima di una caduta che l'ha portato alla terapia intensiva del San Raffaele. In molti, causa la sua delicata situazione sanitaria, hanno temuto potesse non farcela. Lo stesso giornalista ex Mediaset ha confidato in un'intervista al Corriere della sera di aver pensato la stessa cosa.

L'incidente di Emilio Fede

"La notte, contavo i minuti e poi le ore finchè arrivasse l'alba. E di giorno pregavo che la sera sarei riuscito ad addormentarmi e a sognare mia moglie. Mi è mancata tanto", ha spiegato Fede prima di rivivere i momenti subito antecedenti al ricovero: "Stavo tornando a casa, c'era un tratto di strada non asfaltata, ho perso l'equilibrio", ha dichiarato. Sulle cause della caduta, l'ex direttore del Tg1 e del Tg4 ha detto: "Ho avuto il Covid, certamente ero indebolito, non ero presente a me stesso". Da lì, i ricordi sono parziali: "Il buio, e poi i colori che si confondevano. Faccio fatica a ricordare le facce, ogni tanto mi vengono in mente i nomi".

L'ammissione: Ho temuto di morire

Poi, dopo essere stato anche qualche giorno in terapia intensiva, finalmente le dimissioni: "Ai medici e agli infermieri tutto il mio apprezzamento. Sono eroi, sempre presenti", sottolinea ancora Emilio Fede al Corriere che per la sua nuova vita ha in mente un progetto: "Sono stato in oltre 40 Paesi in Africa per raccontare la fame, ho denunciato il razzismo e sono stato imprigionato, sono salito sul Monte Bianco con Bonatti. Tante volte ho rischiato la vita, ma questa volta una cosa l'ho capita: la solidarietà è un bene che va coltivato. Ho deciso che dedicherò una parte dei miei averi alla creazione di una fondazione che assista le persone malate, per non dimenticare chi soffre e non ha i mezzi per curarsi".

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