Emettono fatture per lavori mai iniziati per avere il bonus facciate: 23 indagati per una truffa da 7 milioni di euro
La Procura di Busto Arsizio ha chiuso le indagini a carico di 23 persone per un presunto giro di false fatturazioni che avrebbe sfruttato gli incentivi del bonus facciate per mettere in piedi una truffa ai danni dello Stato dal valore di almeno 7 milioni di euro. Gli accertamenti erano scattati due anni fa al termine di un'altra inchiesta che aveva portato a sequestri da 15 milioni di euro a carico di un imprenditore edile di Saronno. L'uomo, infatti, aveva ideato un sistema che gli consentiva di emettere fatture per lavori di ristrutturazione che, in realtà, non erano mai partiti.
Le fatture per opere di restauro mai iniziate
Stando a quanto ricostruito dagli investigatori della Squadra mobile di Varese, le società che facevano capo all'imprenditore, di origini campane, e ai suoi prestanome "attestavano come eseguite e terminate le lavorazioni appaltate dai committenti quando, in realtà, non era spesso neanche stato predisposto il relativo cantiere né richiesta la Scia". Così facendo, sfruttando l'opzione del cosiddetto "sconto in fattura" riuscivano a "conseguire un indebito credito di imposta da poter monetizzare anticipatamente attraverso la cessione ad istituti bancari in buona fede".
Le false opere di restauro, alla fine, ottenevano una formale attestazione di chiusura dei lavori quando, nella maggior parte dei casi, i lavori non erano nemmeno iniziati. Secondo gli investigatori, poi, spesso i costi registrati erano "gonfiati" e, a volte, il lavoro di ristrutturazione riportava un costo che superava il valore stesso del palazzo.
L'imprenditore di Saronno e il debito da 17 milioni di euro
A gennaio del 2022, il questore di Varese aveva richiesto la confisca di proprietà immobili e beni mobili a carico di un imprenditore di Saronno, di origine campana, attivo nel settore edile e immobiliare. Questo, infatti, era risultato avere un debito nei confronti dell’erario di circa 17 milioni di euro dato che, per sottrarre il suo patrimonio a possibili azioni penali, aveva intestato beni e attività a prestanomi.
L'imprenditore, poi, aveva creato un’identità fittizia tramite la quale dichiarava redditi che lo ponevano su una soglia di indigenza. L'uomo sosteneva di vivere in un locale interrato, ma in realtà la sua casa era una villa con tanto di piscina riscaldata.